Rubrica "Appunti & Disappunti" di Maurizio Michele Zuzzaro
L' Europa s'è rotta
Benetazzo Eugenio; Parenzo David
Rubrica "Appunti & Disappunti" di Maurizio Michele Zuzzaro
L' Europa s'è rotta
Benetazzo Eugenio; Parenzo David
Eugenio in questo ultimo lavoro si concentra su un tema molto attuale: la tenuta dell’ unione europea e il debito pubblico dei paesi. Ho grande stima di Eugenio sia per le capacità sia perché ha il coraggio di andare contro al coro. Non posso far altro che apprezzare l’ultimo lavoro con il giornalista Parenzo che seguo alla Zanzara su radio 24 la sera tornando a casa. Un’ottima accoppiata per un libro purtroppo dai contenuti importanti ma non allegri.
Un saggio del dialogo :
D: Scusi Benetazzo vuole farmi credere che la crisi è appena iniziata perché la soluzione che ci è stata proposta quasi 2 anni fa è risultata inefficace?
Quindi i piani di intervento messi in atto dall’Europa e dagli Stati Uniti sono inutili?
R: Quello che è accaduto più di 18 mesi fa non è stato altro che un tampone provvisorio nella falla di una grande nave che aveva iniziato ad imbarcare acqua. Grazie a questo tampone si è ritardato l’affondamento della nave, giusto per dare il tempo a qualcuno di salvarsi sfruttando le scialuppe di salvataggio. La preoccupazione maggiore è l’incapacità dell’Europa di pagare i proprio debiti. Di fatto il sistema economico dell’intero pianeta sta cambiando. Tale mutazione presuppone un trasferimento di capitale e di posti di lavoro. E quindi anche di ricchezza, che da occidente si sposta ad oriente. E’ evidente che i processi di delocalizzazione produttivi non hanno fatto altro che impoverire i paesi occidentali a favore di quelli orientali. I numeri della crisi Maxipiano di salvataggio: 750 miliardi di euro stanziati da Ecofin con il fondo monetario internazionale per evitare il rischio di fallimento degli stati. 9400 i fallimenti d’impresa nel 2009 +8,6% crescita dell’economia indiana nei primi 3 mesi del 2010 1.124 milioni di disoccupati( 10,5%) previsioni sulla disoccupazione in Italia a fine del 2010 Ormai l’euro rappresenta più che una moneta, è la divisa che ha fatto comodo ad un unico paese: la Germania . Di fatto l’euro dovrebbe essere chiamato “nuovo marco”, o addirittura “ marco travestito”! Questa è stata la sua funzione: fare in modo che la Germania avesse un rapporto di cambio fisso coi suoi partner principali in termini di esportazioni. Basta guardare i dati per rendersene conto: la Germania esporta il 70-80% del proprio output produttivo, cioè della propria produzione industriale, all’interno dell’Unione Europea, e quindi aveva bisogno di un rapporto di cambio fisso e costante, cosa che non c’era prima dell’euro. Viceversa in altri paesi, per esempio l’Italia, che esporta per il 70% al di fuori dei confini europei, ci sarebbe invece bisogno di una moneta che si possa svalutare per rendere competitive le proprie merci.
D: Mi scusi perché il fondo monetario internazionale avrebbe interesse a salvaguardare la Grecia, il Portogallo e gli altri BIGS?
R: La motivazione è che anche le banche americane hanno investito in titoli di stato europei, quindi non vogliono ritrovarsi nelle condizioni drammatiche di 2 anni fa!
D: cosa succede, in pratica quando un paese va in default? E’ come un assegno scoperto, giusto? R: in pratica sì. Il default più recente e drammatico a memoria di risparmiatore è quello dell’Argentina. Quel paese del Sudamerica si è trovato ad avere un’economia debole con una valuta troppo forte.
D: mi spiega perché deve sempre andare controcorrente? Per quale motivo, a suo modo di vedere, questa non è una crisi.
R: questa che stiamo attraversando non può essere definita crisi nel senso etimologico del termine. Il termine crisi deriva dal greco krisis, che letteralmente significa scelta. Ancora oggi noi usiamo questa parola per esprimere un momento in cui non riusciamo ad effettuare una determinata scelta. Oggi considerato il periodo che stiamo attraversando, non possiamo assolutamente parlare di crisi, perché innanzi a noi non vi è alcuna scelta. Purtroppo, non disponiamo di un ventaglio di possibilità diverse da adottare per il futuro. Direi che più che un periodo di crisi, questo è un periodo di emergenza. Siamo in un momento di trasformazione epocale che ci investe in prima persona. Il fatto che l’ oro continui a salire viene visto come un segnale di incertezza proprio sulla tenuta del sistema valutario, e non solo in occidente, ma in tutto il mondo.
D: Ma qual è il nesso tra la capacità produttiva e la situazione finanziaria europea? Perché con le imprese che producono dovremmo ipotizzare lo scenario economico in Europa?
R: Tutti dovremmo chiederci perché stiamo assistendo a questa debacle economica che risale a molto tempo fa, oltre 10 anni. All’epoca si scelsero politiche industriali volte ad internazionalizzare le aziende attraverso le famigerati delocalizzazioni produttive, e questo sembrò strategico anche per il nostro paese. In sostanza, avere consentito ad una grande azienda che dava lavoro a 500 dipendenti di chiudere lo stabilimento e spostarlo in oriente è stato un crimine contro la nostra popolazione.
Sfruttando i grandi ponti commerciali gettati da WTO, l’organizzazione mondiale del commercio le imprese sono migrate là dove il costo del lavoro era infinitamente più basso. Ma adesso questa strategia sta presentando il conto, con conseguenze devastanti dal punto di vista economico, finanziario e sociale. Un paese che comincia a perdere capacità produttiva a livello industriale sarà debole nel medio e nel lungo termine, poiché sarà obbligato a importare beni dai paesi cui si è preferito cedere tale capacità.
Non dimentichiamo che in Italia milioni di posti di lavoro caratterizzati da una durata a tempo determinato. Parlo dei lavoratori interinali, categoria che fino a 10 anni fa non esisteva e che oggi è rappresentata da persone che non possono programmare nulla a causa del ricorso continuo al debito per mantenere livelli di vita dignitosi! Sono i moderni servi della gleba, medioevo puro all’alba del 2011. Quando gran parte della popolazione non è più in grado di risparmiare, come invece hanno fatto i nostri nonni e i nostri padri, si creano i presupposti per la disintegrazione finanziaria ed economica del paese. I BRIC ormai non sono più paesi emergenti, ma veri e propri player planetari. Tra qualche anno Brasile, Russia, India e Cina scavalcheranno i paesi occidentali che adesso detengono il quinto e il quarto posto della classifica mondiale.
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