Home > Doc > Mercati efficienti e bolle speculative: cicli economici, finanza e psicologia > Il grande Bull-Market di fine millennio

Mercati efficienti e bolle speculative: cicli economici, finanza e psicologia

Il grande Bull-Market di fine millennio

Dopo la seconda guerra mondiale, l’economia ripartì lentamente, accompagnata da un boom demografico e da una seconda ondata di innovazione tecnologica. Come gli anni ’20 avevano cominciato a portare le automobili e la corrente elettrica e le radio nelle case, così gli anni ’50 riempirono queste ultime di televisori. Quello stesso capitalismo che era stato l’anima degli anni venti, profondamente ferito dalla grande depressione, tornò a reincarnarsi nel più salubre entusiasmo degli anni di Kennedy, in cui la bassa inflazione, la fiducia nel mercato, incoraggiata anche del ministro del tesoro George Humphrey, e nuove forme di benessere spalancavano le porte ad un era che si buttava alle spalle ogni fantasma di recessione.

Fino al 1966 si registrò difatti una crescita stabile, in cui il DJ sfiorò persino il livello dei mille punti allora ritenuto storico. Poi una serie di turbolenze afflissero il mercato, e con l’arrivo degli anni settanta, arrivò anche la pesante crisi petrolifera del 1974, che strattonò violentemente l’indice fino a riportarlo intorno ai 600 punti. Successivamente si ristabilizzò intorno agli 850, ma per tornare ai valori degli anni sessanta si dovette attendere il 1982[9]. In quell’anno cominciò infatti uno dei più grandi, se non il più grande mercato rialzista della storia.

Nel 1980 veniva eletto presidente degli Stati Uniti Ronald Regan, contestualmente ad una maggioranza di repubblicani al senato che non si verificava dal 1948. La politica economica di Regan (ribattezzata reganomics) cambiò totalmente l’assetto precedente, dando vita ad una totale liberalizzazione del mercato che avrebbe creato molta ricchezza e l’avrebbe finalmente ridistribuita in modo meritocratico. Venne pian piano snellito il peso burocratico dei sindacati di modo da rendere più flessibile il mercato del lavoro e di conseguenza stimolare l’iniziativa economica. Fu limitato il potere dell’antitrust e i mercati dell’energia, delle banche, delle telecomunicazioni e delle utilities vennero liberalizzati. La ‘deregulation’ portò il mercato ad essere l’unico giudice di sé stesso[10].

Figura 3. Il trend rialzista cominciato nel 1982. Fonte: Yardeni.com

La spinta così ottenuta fu esattamente ciò di cui l’economia aveva bisogno, come testimonia l’imponente andamento del grafico della Figura 3. Da quell’anno infatti si è messa in moto una macchina capitalistica che ha travolto ogni congettura contraria, ed ha riassorbito dei colpi che in qualunque altro periodo avrebbero potuto dettare un’inversione di tendenza. Il primo di questi fu lo storico crack della borsa di lunedì 19 ottobre 1987. In un unico giorno l’indice Dow Jones perse il 22,6%, ovvero quasi quanto fece nei 2 giorni di ottobre del 1929.

Come allora non c’erano motivazioni apparenti per giustificare un realizzo di quella portata, anche se la teoria prevalente è quella relativa agli schemi di assicurazione di portafoglio. Nel report della Commissione Brady del 1988, infatti, venne calcolato che nel periodo di ottobre 1987 un valore compreso tra i 60 e i 90 miliardi di dollari veniva gestito da assicuratori di portagfoglio, i quali nella settimana ribassista antecedente il crollo avrebbero accumulato una grossa quantità di importi da vendere[11]. Come dicono Brealey e Myers “La causa immediata del crollo dei prezzi del lunedì nero può essere stata una mandria di elefanti che tutta insieme cercava di uscire dalla stessa porta”.

Questo crollo ricordava molto quello del 1929, al punto che la mattina stessa del 19 ottobre era stato pubblicato un articolo del Wall Street Journal che affiancava al grafico del Dow Jones di quel periodo, il grafico dello stesso indice nel periodo del crollo del 29, proponendo una possibile somiglianza[12]. Eppure nel giro di un anno il listino americano ha corretto la caduta ed ha ripreso la corsa verso l’alto. Nel 1990-91 fu la volta della guerra del Golfo, nel corso della quale lo spettro della recessione ha turbato gli Stati Uniti per la prima volta dopo 10 anni. Nel 1994-95 ci fu la crisi messicana, nel ‘97-98 le “Tigri asiatiche” scossero i listini e nel 1998 la crisi russa fece fallire un famoso ‘hedge fund’ gestito da due premi Nobel[13]. Ma il bull-market, nel quale frattanto si è innestato con ottimo tempismo il boom di Internet, non ne ha voluto sapere di invertire la rotta, digerendo, ancora nel 1999, le sventure economiche del Brasile.


9 Si veda Shiller, Irrational Exuberance, 2000.

10 Si veda Schiavetti, V. La Borsa fa Boom e Crack. Supplemento de ”Il sole 24 ore”. 2001

11 Report of the Presidential Task Force on Market Mechanisms (Brady Commission Report) Washington, D.C., 1988. citato in Jonh C. Hull, 1998.

12 Repeating the 1920s? Some Parallels but Some Contrasts, Wall Street Journal, 19 ottobre, 1987.

13 Schiavetti, V. La Borsa fa Boom e Crack. Supplemento de ”Il sole 24 ore”. 2001

Marco Primavera

Successivo: Il caso NASDAQ

Sommario: Index