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Mercati efficienti e bolle speculative: cicli economici, finanza e psicologia

Dai Tulipani ad Internet

Sono pochi i campi dell’attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza. J.K. Galbraith

Quella delle bolle speculative è la semplice teoria fondata sull’osservazione di quanto accaduto nei secoli passati fino ad oggi, secondo cui ad intervalli più o meno regolari nel corso della storia, il mercato, o più in generale l’economia di un paese o di più paesi, concentra la propria attenzione intorno ad un bene, o un’ attività, rendendoli richiesti in modo apparentemente irrazionale, come accade nelle mode, con un conseguente vertiginoso incremento dei prezzi ed una motivazione ben più forte di quella legata al semplice possesso del bene.

Le bolle speculative costituiscono infatti il ricorrente tuffo nel mondo dei sogni da parte degli operatori economici, che scorgono all’orizzonte il miraggio dell’arricchimento, l’opportunità di realizzarsi cavalcando un’onda apparentemente inesauribile di innovazione e fecondità economica. Regolarmente spuntano fuori dei “talenti”, delle macchine da soldi che sembrano aver capito il segreto del successo negli affari, ma che in realtà abusano di un espediente assai antico, che è quello di sfruttare la forte domanda di un bene per lucrare su un rapido aumento dei prezzi, che a sua volta si alimenta con l’imitazione di questo comportamento speculativo da parte di altri.

Tutto sta a far sì che il ciclo si inneschi, dopo di che, come è naturale, ci sarà una lunga fila di “astuti” individui che, intuito il loro pallino per gli affari, deciderà di tuffarsi, impegnando tutto ciò di cui dispone per moltiplicare la propria fortuna. Non mancano in ciascuno di questi episodi, forme di “leva finanziaria” in grado di moltiplicare l’effetto ed indurre anche i meno abbienti a rischiare ciò che hanno (e ciò che non hanno!). Altrettanto comune è l’espansione monetaria attuata da parte dello stato, il quale al termine delle vicende dovrà nondimeno fungere da prestatore di ultima risorsa. Visto che i prezzi non possono crescere all’infinito, come è logico, prima o poi qualcuno comincia a nutrire dubbi sulla fondatezza di valori tanto alti e comincia ad uscire dal gioco, mettendo dapprincipio la pulce nell’orecchio agli altri investitori, ed innescando in seguito una corsa a vendere che non trova acquirenti e che in una spirale di panico conduce allo sfacelo.

A quel punto comincia la ricerca dei responsabili che conduce puntualmente alle motivazioni più disparate legate a fattori esterni, alla politica economica, a dati negativi e a tutto il resto, tranne che al vero motivo: la speculazione selvaggia ed irrazionale. Così, per un paio di decenni al massimo (il tempo necessario a dimenticare le perdite o cambiare generazione) la depressione imperversa e l’economia attraversa un tunnel di convalescenza. Successivamente una nuova scoperta, un nuovo bisogno diffuso, l’intuizione di un nuovo business o la fine di un conflitto militare, accompagnati da una nuova ondata di ottimismo circa il futuro costituiscono i presupposti per un’altra speculazione. Una descrizione così confidente di questi fenomeni è possibile proprio perché la storia ne ha fornito una vasta casistica, ed in questo capitolo si intende appunto ricordare brevemente alcuni dei più salienti fatti di speculazione del passato e del presente.

L’Olanda dei tulipani

Quello che accadde per i tulipani in Olanda nel 1600 fu talmente incredibile, che ancora oggi questo fiore è conosciuto come “il fiore che ha fatto impazzire gli uomini”. Tanto per rendere l’idea della magnitudine di questa speculazione si pensi che un falegname olandese negli anni ’30 del diciassettesimo secolo metteva insieme 250 fiorini l’anno; nel 1642 Rembrandt vendette “La milizia civica del capitano Frans Banning Cocq”, famoso dipinto noto col nome di “Ronda di Notte”, per 1650 fiorini; per un bulbo di “Semper Augustus”, nel 1637 furono sborsati 5200 fiorini[1].

Come racconta Galbraith (1990), i tulipani arrivarono in Olanda nel 1562, con un carico giunto da Costantinopoli, dopodichè l’interesse per questo fiore dalle diverse colorazioni (ne esistono circa 160 specie) divenne una vera e propria caccia agli esemplari più rari. Alcuni di questi esemplari erano effettivamente difficili da riprodurre in senso “Mendeliano”, e più recentemente si è infatti scoperto che le colorazioni più strane erano dovute ad una malattia dei bulbi. Dunque pian piano l’idea che tali fiori fossero pregiati e rari cominciò a suggerirne l’acquisto nell’ottica dell’investimento, dal momento che anche il prezzo aumentava col tempo (un po’ come avviene per i metalli preziosi o gli oggetti d’arte). Pian piano il prezzo stesso divenne l’oggetto dell’attenzione comune e sempre più persone cominciarono ad acquistare bulbi per poterli rivendere a prezzi più alti poco dopo.

Secondo quanto riferisce Bernstein (1998) oltre ai bulbi sembra che gran parte della speculazione fosse dovuta a delle vere e proprie opzioni sui tulipani: i commercianti compravano i diritti di aumentare le loro giacienze ad un prezzo prefissato (come le call attuali) ed i coltivatori, per proteggersi da cadute dei prezzi, pagavano per assicurarsi di poter vendere alla controparte ad un certo prezzo (come le put attuali)[2]. La narrazione di Charles Mackay (1932) sebbene sia stata successivamente superata per certi aspetti da altre ricerche, è molto avvincente e fornisce un quadro realistico dei fatti dell’epoca. Egli racconta che nel 1936 il mercato dei tulipani, aveva aperto empori anche nelle borse di diverse città e l’entusiasmo era quello che di solito caratterizza i giochi d’azzardo, con moltissime persone che effettuavano scommesse sul’aumento o la diminuzione delle scorte di bulbi, un po’ come avviene per i contratti futures oggi.

La gente era convinta che quella passione generale per i tulipani sarebbe durata in eterno e che anche da tutto il mondo sarebbero fioccati ordini, per conto di persone ricche per le quali nessun prezzo sarebbe stato troppo alto, ed infatti il denaro arrivava sul serio da tutti i paesi. Così anche “lavandaie e spazzacamini” impegnavano quel poco che avevano per entrare nell’affare, intere proprietà venivano liquidate per comprare bulbi e di fatto questi costituirono la leva finanziaria per contrarre sostanziosi mutui. Anche nelle città più piccole, in cui non era presente una borsa, venivano allestiti empori ed organizzati “sontuosi ricevimenti” a cui gente d’ogni estrazione sociale partecipava per negoziare questa preziosa merce.

Tremila fiorini costituivano un prezzo comune per un bulbo raro: oggi questa cifra è stimabile intorno ai 40.000 euro. Tutta l’economia dell’Olanda fu trasportata da questo fenomeno, ed anche i prezzi degli altri beni, come quelli di prima necessità, aumentarono gradualmente. “Le operazioni commerciali divennero così vaste e intricate che si rese necessario redigere un codice di leggi per regolare l’attività degli operatori…[3]”. I prezzi arrivarono a valori improponibili già intorno a settembre del 1636, ed è curioso il fatto che in quel mese non c’erano bulbi esposti, visto che di regola venivano piantati in estate per fiorire la primavera successiva[4].

Praticamente nei mesi di novembre, dicembre e gennaio si raggiunsero i prezzi più alti, finchè il crollo arrivò nel febbraio del 1637. Come accadrà anche negli altri casi non è evidente il motivo per cui si invertì la tendenza (ed è per questo che verrà dedicata tutta la parte successiva del lavoro all’indagine sulle componenti psicologiche e sociali del mercato), fatto sta che qualcuno cominciò a sbarazzarsi dei bulbi di tulipano, scuotendo le certezze degli altri operatori, i quali di lì a poco furono preda della nevrosi e del panico, trascinando i prezzi in un baratro.

Vano fu sia il tentativo di identificare dei responsabili, in quanto la follia di massa sembra essere in questi casi l’unica indiziata, sia la speranza di portare davanti ad un tribunale i contrattatori inadempienti, visto che la legge dell’epoca, a buona ragione considerava tali contratti alla stregua del gioco d’azzardo. Lo stato avrebbe potuto prefigurarsi come “lender of last resort”, ma essendo impossibile riportare i prezzi dei tulipani al livello antecedente il crollo, fu tutto inutile.


1 Si veda Dash, M. La Febbre dei Tulipani. Storia di un Fiore e degli Uomini a Cui Fece Perdere la Ragione. Rizzoli, 1999.

2 Si veda Bernstein, Peter L. Against the Gods: the remarkable story of risk. New York: Wiley & Sons, Inc. 1998.

3 Mackay, C. Extraordinary Popular Delusions and Madness of Crowds. Boston, 1932

4 Kindleberger, Charles P. Manias, Panics and Crashes: a history of financial crisis. New York: Wiley & Sons, Inc. 2000

Marco Primavera

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