Nella letteratura di psicologia si può rintracciare un filone di studi, chiamato “approccio motivazionale al sé” (Deci e Ryan 1985; 1990), che è di particolare interesse per gli economisti. Infatti, oltre a studiare motivazioni simili a quelle viste sopra e sottolineare l’importanza dell’identità, questo approccio mostra con una grande quantità di evidenza empirica che l’inclinazione per le motivazioni rivolte alla acquisizione di beni non massimizza il benessere soggettivo. Secondo questo approccio il comportamento umano è spiegato da due tipi di motivazioni: quelle intrinseche e quelle estrinseche.
Le motivazione intrinseche hanno origine all’interno degli individui e attivano comportamenti portatori essi stessi di benessere, indipendentemente da un distinto pay-off esterno. Attingendo al pionieristico lavoro di psicologia clinica di Maslow (1943), Deci e Ryan sostengono che l’uomo nasce con bisogni psicologici specifici che spiegano la sua motivazione a sviluppare propri interessi e capacità. Questi bisogni sono sintetizzabili in due: il bisogno di auto-realizzazione, e quello di rapporto con gli altri. Il benessere deriva dalla soddisfazione di questi bisogni, dal sentire una coerenza interna fra il proprio comportamento ed il mondo esterno (cfr. anche Csikszentmihalyi 1997).
Il sé si sviluppa attraverso la dialettica tra le motivazioni interne e le circostanze esterne, in cui sono coinvolte sia la capacità affettiva sia quella razionale dell’individuo. Le motivazioni estrinseche provengono dall’esterno dell’individuo, in quanto sono in grado di offrire un distinto pay-off esterno. Esse spingono tipicamente alla ricerca di ricchezza e di successo personale e finanziario. Secondo Ryan e Deci (2000) le motivazioni estrinseche possono essere col tempo internalizzate dall’individuo, soprattutto durante la sua formazione educativa.
Le motivazioni intrinseche possono essere considerate simili a quelle affettive, mentre le motivazioni estrinseche appaiono simili a quelle razionali. Nelle prime il benessere dipende dalla capacità dell’individuo di rapportare sé stesso con il mondo esterno, umano e non umano; nelle seconde il benessere dipende dalla acquisizione di beni e di ricchezza. Il principale risultato di questo filone di studi, ottenuto con diverse metodologie e per diversi paesi, è il seguente: gli individui che manifestano una maggiore inclinazione per le motivazioni intrinseche dichiarano sistematicamente di conseguire un maggior benessere rispetto agli individui che manifestano una maggiore inclinazione per le motivazioni estrinseche (Kasser 2000; Chan e Joseph 2000; Ryan e Dziurawiec 2001).
Questo risultato appare per la teoria della scelta razionale come un paradosso, che può essere chiamato “paradosso della felicità”, in quanto mostra che perseguire il benessere materiale non garantisce la felicità (Bruni 2002; Diener e Biswas-Diener 2001). La razionalità non sembra essere in grado di massimizzare il benessere soggettivo; non solo, ma questo esito non sembra essere transitorio né poco rilevante, e soprattutto sembra competere con un’altra motivazione apparentemente più efficace. Le conclusioni del paragrafo 2 trovano così sostegno e qualificazione. Infatti, una volta indebolite le motivazioni affettive, quelle istintive e quelle razionali appaiono contrapporsi e si rinforzano a vicenda, con la conseguenza di alimentare la corsa alla acquisizione di beni e al miglior modo per ottenerli.
Quest’ultima considerazione trova una ulteriore conferma negli studi di problemi politico-sociali su un tipico fenomeno delle economie avanzate: il materialismo, vale a dire la corsa al consumo di beni materiali (Lane 2000). A questo fenomeno contribuiscono grandemente le imprese di produzione e commercio facendo leva sulle (apparenti) motivazioni istintive e rinforzandole. La pubblicità ha lo scopo di proporre un modello di comportamento in cui queste motivazioni sono manipolate per apparire come delle preferenze. In tal modo, la massimizzazione del consumatore e la sua sovranità apparirebbero ripristinate (Lane 1991; Hamilton 2004). Le persone maggiormente inclini alle motivazioni intrinseche, viceversa, mostrano più vitalità, meno ansia e depressione, sono più soddisfatte di sé stessi e più disponibili verso gli altri. Questo fatto fornisce un suggerimento importante: l’altruismo può essere spiegato come una esternalità di un comportamento comunque orientato al proprio benessere.
Le scelte sui beni non sono più solo motivate dalla logica di massimizzarne la acquisizione, ma possono essere motivate da una spinta a realizzare rapporti migliori con gli altri. In questo contesto, l’altruismo non è una anomalia, come invece appare evidente nella teoria classica della scelta razionale.
Prof. Maurizio Pugno
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