Se l'uso "buono" ma incauto della finanza può produrre disastri, cosa può accadere se si specula? Non è la speculazione in sé ad essere cattiva (speculare significa capire il futuro e la speculazione può svolgere una funzione calmieratrice anticipando accadimenti futuri), è cosa "cattiva" l'ossessione del profitto, la cupidigia del guadagno, la cieca convinzione di avere la formula per battere il mercato che dominano la mente di molti operatori.
Essi hanno un solo fine: far soldi. Nessuna ideologia o valore che non sia materiale può distoglierli dal loro obiettivo. L'immagine tipo di chi lavora nella finanza è quella dell'uomo freddo e calcolatore, insensibile alle sorti degli "altri" che gli sono o "nemici" o "estranei". Purtroppo la cupidigia e l'arroganza intellettuale di pochi costa alla collettività Le vittime, spesso, non sono esperti con l'ossessione del profitto, ma masse sprovvedute ed inconsapevoli indotte in errore da spregiudicati manipolatori.
Spesso la spogliazione di ingenui risparmiatori avviene in forme meno eclatanti, in modo strisciante senza proteste clamorose, nel rispetto apparente delle forme, quasi che il danno sia frutto del fato. Ho ricordato che il nostro mercato è stato invaso dai prodotti "dell'ingegneria finanziaria" ed in particolare, dagli " strutturati", un mix di derivati e d'attività tradizionali. Espressioni colorite e un poco misteriose quali step- down, reverse floater, reverse convertible, covered warrant sono entrate nel linguaggio comune.
Si tratta di assets complessi che spesso promettono cedole elevate ma che nascondono gravi pericoli: un mercato secondario illiquido, ampi spread di negoziazione, volatilità di prezzo elevatissime. La struttura articolata e complessa di tali prodotti spesso non è nota neppure a chi è addetto alla vendita, come può conoscerla l'investitore sprovveduto attratto dal luccichio di un apparente elevato ritorno?.
La complessità serve solo a chi crea e vende il prodotto, serve a nascondere i margini di profitto e a trasferire il rischio, ad agevolare chi fa al raccolta a danno di chi investe. Esistono norme a tutela del risparmiatore: l'intermediario deve valutare l'opportunità della proposta ed è responsabile dell'eventuale danno economico provocato.
Ma spesso queste norme sono applicate solo in apparenza e d'altronde l'abilità del venditore sta proprio nel convincere che la scelta è stata la migliore e che la perdita è frutto dell'imponderabile. Non sarebbe opportuno limitare la possibilità di accesso a questi prodotti alzando il limite di capitale minimo da investire oppure classificarli come titoli ad alto rischio (titoli atipici) ed estendere ad essi l'applicazione della ritenuta sugli interessi e i guadagni in conto capitale al 27%?
Prof. F.Caparrelli
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