L’analisi tecnica ha radici relativamente lontane nel tempo, legate al sorgere dei primi mercati future. Già nel secolo XVII° infatti in Giappone sorsero i primi mercati a termine del riso, e correlativamente furono sviluppati i primi metodi di analisi, poi divulgati in occidente da vari analisti occidentali. Le origini della disciplina si fanno risalire invece per quanto riguarda l’occidente al lavoro di Charles Henry Dow, colui che assieme a mr. Jones ideò il primo numero indice del mercato statunitense, il ben noto Dow Jones Industrials Average.
Dow sviluppò alcuni principi base di analisi dei mercati finanziari procedendo dalla propria personale esperienza di trader, e li espose in alcuni editoriali usciti sulla stampa finanziaria della fine del secolo XIX. Il suo lavoro fu poi ripreso da W.D. Hamilton e R. Rhea negli anni ’30 e pubblicato in volumi e riviste specializzate. Con l’avvento dei computer la disciplina ha ricevuto una consistente ulteriore spinta, con lo sviluppo di indicatori dello stato del mercato basati su algoritmi e rappresentazioni grafiche che è possibile ora ottenere in tempi ridottissimi grazie a opportuni supporti informatici.
Cosa è l’analisi tecnica
Per analisi tecnica si intende comunemente l’attività di studio dei mercati finanziari dal punto di vista grafico al fine di individuare tendenze nelle serie dei prezzi delle attività quotate (azioni, obbligazioni, valute, commodities, fondi comuni), allo scopo di sfruttarle con profitto attraverso l’utilizzo degli strumenti finanziari disponibili (acquisti a fermo, opzioni, futures). In altre parole, si parla dell’arte, perché di arte e non affatto di scienza si tratta, di individuare in fase precoce le tendenze nei mercati finanziari e i loro punti di svolta, allo scopo di trarne profitto.
Questa impostazione contraddice in pieno le conclusioni della scienza economica sul tema, per le quali i mercati risultano efficienti, se non altro in forma debole, per cui risulta impossibile trarre profitto dalle informazioni note (e le quotazioni passate delle attività finanziarie, su cui si costruiscono i grafici, sono ampiamente note). Questo approccio è anche noto come teoria del random walk. In termini pittoreschi, chi sostiene la teoria del random walk non trova sostanziali differenze fra il grafico delle quotazioni di qualsivoglia attività finanziaria e il cammino, che si presuppone altamente casuale, percorso dal classico marinaio che ha alzato troppo il gomito all’uscita da un qualunque bar. Tale teoria è sostanzialmente confermata da una ampissima letteratura e da una notevolissima mole di lavori empirici.
Coloro che seguono l’approccio tecnico si pongono in una posizione completamente diversa e per vari aspetti contraria. Il postulato alla base di questo approccio è dato appunto dalla negazione del random walk: secondo questa impostazione, nei mercati esistono tendenze ben definite, che è possibile individuare e sfruttare con profitto, semplicemente guardando il grafico dei prezzi delle attività finanziarie, poiché in essi si presentano in maniera ricorrente formazioni grafiche caratteristiche che spesso (ma non sempre) ne indicano un certo andamento futuro.
L’impostazione sottostante è di tipo psicologico. Si sostiene che le prove empiriche che confermano la teoria del random walk sono basate su metodi statistici di stima di tipo lineare, non adatti a cogliere la complessità dei mercati. Tale complessità deriva appunto dall’approccio psicologico che i partecipanti al mercato, potenziali compratori e venditori, hanno nei confronti del mercato stesso, e che oscillano a seconda delle circostanze da stati d’animo di avidità, entusiasmo, euforia, a stati opposti di perplessità, pessimismo, depressione. Non altrimenti si spiegherebbe, dicono gli analisti tecnici, come mai i mercati abbiano tali e tante oscillazioni pur in presenza di notizie che tutti conoscono e di situazioni economiche, settoriali, aziendali, di mercato che non mutano nel giro di settimane o mesi, mentre le quotazioni possono, nel medesimo periodo di tempo, avere oscillazioni ragguardevoli.
Dalla lotta quotidiana che si scatena ogni giorno sui mercati fra opposte opinioni, e dalla lotta quotidiana che ogni operatore ingaggia dentro di sé fra le proprie speranze, timori e paure derivano decisioni di posizionamento in acquisto o vendita che non sempre hanno molto a che vedere coi dati economici fondamentali noti a tutti gli operatori. Così come per la teoria economica prevalente, anche per gli analisti tecnici i prezzi delle attività quotate in mercati efficienti e con un certo spessore negli scambi riflettono immediatamente tutte le informazioni rilevanti, note e non.
Infatti anche chi fosse eventualmente al corrente di informazioni riservate (insider) e operasse di conseguenza, intraprenderebbe iniziative di acquisto o vendita rilevabili, sui grafici dei prezzi e delle quantità, da un osservatore attento. Quindi pur non essendo al corrente del contenuto di queste informazioni, chi osservasse lo sviluppo delle operazioni poste in essere dagli insider potrebbe accodarsi e ottenere un profitto anche senza essere al corrente di alcuna informazione riservata.
Giulio Campanini
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