I termini di risparmio familiare e di risparmio individuale (o personale), pur se usati spesso in modo indifferenziato, rivelano non solo una diversa connotazione etica, ma implicano anche una scelta metodologica diversa nell’analisi economica. Gli economisti aziendali considerano in primo luogo la famiglia come un istituto sociale, ma sottolineano il fatto che essa rappresenta nel contempo l’unità economica elementare. Autorevoli economisti hanno invece posto al centro della loro analisi l’individuo-risparmiatore, dischiudendo ai loro studi percorsi più agevoli sul piano metodologico e ricorrendo all’applicazione di modelli teorici relativamente semplici e dotati di eleganza formale e validità generale. Si pensi ad esempio al modello del ciclo vitale di Modigliani e Brumberg proposto nel 1954 (Modigliani 1988), che ancora oggi, a distanza di mezzo secolo dalla sua prima formulazione, rappresenta un costante punto di riferimento per chiunque intenda affrontare lo studio del risparmio.
Questo modello parte dall’ipotesi che la distribuzione intertemporale dei consumi da parte dell’individuo sia improntata alla stabilità e si confronti con un profilo a U rovesciata tipico con l’andamento dei redditi da lavoro. La ricerca empirica, fondata sullo studio del comportamento di campioni di persone anziane, non conforta tuttavia questa tesi. In genere le persone anziane, anche se dotate di una pensione o di una rendita e disponendo di un patrimonio, quando sono in grado di farlo, continuano a risparmiare anziché procedere al decumulo della loro ricchezza per mantenere i loro consumi al livello del reddito permanente come previsto dal citato modello. Il consumo e il risparmio sono attività riconducibili all’ambito domestico, dal momento che la famiglia costituisce la forma elementare di organizzazione economica diffusa in tutti i continenti.
La famiglia è stata definita in economia come “una comunità di persone, in genere legate da vincoli di parentela, cooperanti ad una solidale attività diretta all’appagamento di comuni bisogni a mezzo dell’amministrazione di determinati redditi” (Dell’Amore 1972). I legami di interdipendenza che tengono uniti i componenti di questa organizzazione socioeconomica prevalgono normalmente su ogni altro legame con l’esterno. Accogliendo questa interpretazione, le scelte relative alla destinazione dei redditi monetari, di lavoro e patrimoniali, che afferiscono alla famiglia hanno una matrice collettiva cui partecipano, seppur con peso ineguale, tutti o quasi tutti i membri, ivi compresi quelli che per motivi di età o di condizioni di salute non sono in grado di contribuire con il loro lavoro alla formazione del pool di risorse. In altre parole il risparmio, inteso nella sua dimensione di rinuncia o di contenimento dei consumi, dipende dal comportamento di ogni singolo membro della comunità domestica, anche di coloro che non percepiscono redditi monetari (le casalinghe) e persino di coloro che possono solo consumare (bambini e persone che per età o condizioni di salute non possono svolgere alcun lavoro domestico). Questa considerazione verrà ripresa quando si affronterà il tema della tassazione delle successioni ereditarie.
Obiettivi diversi, talora inconciliabili tra loro, e pulsioni egoistiche ed altruistiche si confrontano in sede di allocazione intertemporale e interpersonale delle risorse destinate al consumo e di scelte inerenti alla composizione del patrimonio della famiglia. Gli obiettivi, legati anche a considerazioni individuali riconducibili talora, ma comunque mai in via esclusiva, allo schema del ciclo vitale, vengono mediati e contemperati nell’ambito familiare. In questa complessa realtà il risparmio può assumere motivazioni che travalicano il differimento temporale dei consumi e la riserva precauzionale.
Per Alfred Marshall (1928) il risparmio è determinato da molteplici fattori razionali e irrazionali: accanto alla consuetudine e alla previsione del futuro troviamo “l’intensità dell’affetto familiare”. L’accrescimento del patrimonio familiare può avere l’obiettivo di consolidare i vincoli familiari, di assicurare alla famiglia stessa potere e prestigio e di garantire la sopravvivenza della medesima
di fronte al ricambio generazionale. In altre parole, la famiglia, non diversamente dall’impresa e più in generale da altri organismi biologici e sociali, tenderebbe a perpetuarsi.
Questo schema interpretativo del risparmio familiare è, a mio avviso, ancora valido nella maggior parte dei paesi, anche se si nota una tendenza al mutamento nelle aree maggiormente sviluppate. I vincoli familiari si allentano e la stessa istituzione familiare parrebbe attraversare una fase critica. L’esito non felice di questo processo potrebbe essere rappresentato da una società atomizzata, composta da famiglie unipersonali.
Anche in questa ipotesi tuttavia, a causa dell’incertezza sui possibili ed imprevedibili bisogni futuri creati da mutate condizioni ambientali, il movente precauzionale sarebbe sufficiente da solo ad impedire la scelta del decumulo totale di ricchezza sulla base del puro modello del ciclo vitale. Si è ancora lontani, tuttavia, da questo tipo di società. E’ interessante ricordare che negli Stati Uniti, il paese che ha rappresentato la base di riferimento nella formulazione della teoria del ciclo vitale, l’80% dei patrimoni risultava essere di origine ereditaria nella seconda parte del secolo scorso (Kotlikoff 1981). In Italia la solidarietà familiare è assai più diffusa rispetto alla maggioranza dei paesi industrializzati.
La comunità familiare, quando ne ha la possibilità, assume a proprio carico gli oneri degli studi dei giovani sino ai livelli universitari e postuniversitari. Soprattutto nel Mezzogiorno tale impegno continua anche al termine della fase di formazione sintantoché i figli non riescano ad inserirsi in modo “adeguato” nel mondo del lavoro. Si spiega in questo modo l’apparente contradditorietà di una situazione caratterizzata da elevata disoccupazione giovanile accompagnata da carenza dell’offerta in alcuni segmenti territoriali o settoriali del mercato del lavoro che viene colmata ricorrendo a manodopera di provenienza estera. Questa solidarietà familiare si presenta, tuttavia in modo asimmetrico in quanto gli anziani, in caso di sopravvenute necessità, non sempre possono pienamente contare sull’aiuto dei figli e dei nipoti da loro beneficiati.
Documento del Prof. Arnaldo Mauri
Successivo: Come si giustifica la tutela del risparmio familiare
Sommario: Indice