Nel dopoguerra gli economisti hanno trattato l'analisi tecnica con un certo scetticismo dovuto in larga parte all'accettazione dell'ipotesi di efficienza dei mercati e al linguaggio affatto estraneo a quello accademico.
Termini come doppio minimo, testa-e-spalle, supporto e resistenza hanno una loro origine nelle forme geometriche ricavabili dai grafici degli andamenti delle variabili finanziarie ma non entrano nel vocabolario degli studiosi dei mercati finanziari. Solo recentemente si è iniziato ad esaminare il ruolo dell'analisi tecnica; sovente si sente affermare che l'importanza di tal tipo di approccio risiede nella sua ampia diffusione ed utilizzo nella comunità dei traders. Se i traders interpretano i grafici approssimativamente allo stesso modo, gli andamenti delle variabili finanziarie dovrebbero risentirne.
E' anche vero, tuttavia, che quando nacque l'analisi tecnica il suo utilizzo non era diffuso e quindi l'andamento dei prezzi non poteva essere influenzato dal comportamento degli operatori del mercato. Non vi sono molti studi in merito: Frankel e Froot (1986), ad esempio, suggeriscono l'ipotesi che proprio l'analisi tecnica possa essere stata responsabile della sopravvalutazione del dollaro durante gli anni '80, nel periodo in cui i fondamentali suggerivano scenari opposti.
Altri economisti hanno ipotizzato che l'analisi tecnica possa essere stata un fattore importante nel crash del 1987 (Artis e Taylor, 1989). Un'analisi più approfondita è stata condotta da Allen e Taylor (1989) su un campione (peraltro limitato) di analisti tecnici: per il periodo da giugno 1988 a
marzo 1989 sono stati interrogati telefonicamente ogni giovedì un numero compreso tra i 10 e i 20 analisti relativamente al tipo di indicatori di analisi tecnica utilizzati e sulle loro aspettative relativamente ai cross rates sterlina/dollaro, dollaro/marco e dollaro/yen. Dall'indagine è risultato che:
. il 90% degli intervistati utilizza abitualmente metodi di analisi tecnica per trarre indicazioni relative all'operatività a breve termine (trading infrasettimanale);
. addirittura il 60% degli intervistati ritiene l'analisi tecnica importante tanto quanto quella fondamentale;
. per le indicazioni a medio-lungo termine (da un anno in avanti), la maggioranza degli operatori interpellati (85%) ha risposto che l'analisi fondamentale rappresenta lo strumento principale su cui basare le strategie operative.
In generale, quindi, per la quasi totalità degli intervistati analisi fondamentale e analisi tecnica sono metodologie non antitetiche ma complementari. Inoltre, l'indagine mostra proprio ciò che deve essere l'analisi tecnica, vale a dire uno strumento di analisi di breve periodo.
Interessante anche l'analisi ex-post condotta dagli stessi autori circa l'accuratezza delle previsioni degli analisti presi nel loro insieme:
. esiste una tendenza delle previsioni a sbagliare i punti di svolta; circa i rialzi o i ribassi del mercato, le aspettative degli analisti sottostimano la loro ampiezza;
. gli errori di previsione sono molto più elevati per un orizzonte di quattro settimane rispetto agli errori di previsione riferiti ad una settimana. Le singole previsioni individuali degli analisti non sono affette da errori sistematici se riferite alle quattro settimane, mentre ciò non si può dire per le previsioni riferite ad una sola settimana;
. nel loro insieme, gli analisti prevedono correttamente i cambiamenti nel tasso di cambio ad una settimana o a quattro settimane approssimativamente nel 50% dei casi. Questo è quanto ci si può aspettare quando le previsioni sono puramente casuali. Ciò ovviamente non esclude che un singolo analista possa avere performance rilevanti per lunghi periodi di tempo.
Utilizzando due indici di riferimento, Murphy (1986b) analizza le potenzialità dell'analisi tecnica con riferimento alle performance dei fondi mobiliari specializzati in operazioni futures. Egli fa riferimento alle seguenti due statistiche introdotte da Sharpe (1967) e da Jensen (1969):
. Sharpe, introducendo una variante allo schema teorizzato da Markowitz, ha mostrato che un indicatore utile col quale misurare le performance dei fondi comuni, poiché gli investitori sono generalmente avversi al rischio, potrebbe essere dato dal rapporto fra rendimento e unità di rischio;
. Jensen ha osservato come, idealmente, un'utile misura delle performance potrebbe prendere in considerazione l'utilità di un fondo all'interno di un portafoglio. Assumendo che gli investitori possano essere ben caratterizzati nella propensione al rischio, Jensen ha ipotizzato che un indicatore rilevante della redditività debba misurare quanto il fondo contribuisce al trade off rischio-rendimento di un portafoglio. Egli sviluppa il concetto di abnormal return, rappresentato dal rendimento aggiuntivo di un fondo rispetto a quello mediamente richiesto dagli investitori, determinato da una gestione professionale del rischio.
Analizzando la redditività di 11 fondi nel periodo maggio 1980-aprile 1985 e utilizzando i due indicatori visti, Murphy giunge alle seguenti conclusioni:
1. i fondi che utilizzano metodologie tecniche di trading ottengono extra-rendimenti statisticamente significativi e superano in termini di rendimento una strategia passiva di tipo buy & hold se non si computano i costi di transazione e di mediazione (brokerage);
2. la conclusione 1) è perfettamente coerente con 1'ipotesi che i mercati che operano in futures siano tecnicamente efficienti;
3. una strategia tecnica attiva garantisce una redditività al minimo pari a quella offerta dalla strategia buy & hold: è possibile guadagnare a sufficienza, utilizzando tecniche di trading, tanto da coprire i costi di management e di brokerage.
Sembra esserci, in buona sostanza, un interesse crescente sul ruolo dei traders nei mercati finanziari che non usano o mettono in secondo piano i fondamentali economici, ed è una risposta e un riutilizzo che abbraccia non solo il mercato finanziario dei titoli ma anche altre nicchie della realtà economica.
Quello dell'analisi tecnica sembra essere qualcosa di più di un semplice revival. Essa è ritenuta credibile e trova sempre maggiori adepti per la semplice ragione che l'analisi tecnica, opera direttamente sui movimenti di mercato e fornisce quindi una buona sensazione o intuizione della struttura economica sottostante. Essa guadagna in popolarità soprattutto tra i traders che non hanno una approfondita conoscenza teorica delle dinamiche di mercato. Volendo parafrasare, è quello che potrebbe provare un buon giocatore di biliardo che non ha conoscenze di fisica e di moto dei corpi.
[Sommario] [Successivo : I presupposti degli analisti tecnici ]