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Psicologia dei mercati finanziari: distorsioni cognitive, percezione del rischio e comportamenti collettivi

Avversione al rischio

Secondo la teoria del prospetto di Kahneman e Tversky (1979) le persone mostrano avversione al rischio quando devono scegliere tra una vincita sicura ed una che è solo probabile, anche quando quest'ultima ha un'utilità attesa maggiore di quella della vincita sicura. Per esempio le persone preferiscono vincere con certezza la somma di 900€ piuttosto che accettare una scommessa che offre il 70% di probabilità di vincere 1500€ e il 30% di probabilità di non vincere nulla. Samuelson e Zackhauser (1988) hanno dimostrato che l'avversione al rischio induce le persone a cercare di non spostarsi dallo status quo.

Ad un primo gruppo di partecipanti era presentato un ipotetico compito decisionale descritto in termini "neutrali". A costoro veniva detto che avevano ereditato un'ingente somma e successivamente veniva chiesto di decidere come investirla. Ad un secondo gruppo veniva presentato lo stesso compito decisionale ma in questo caso veniva detto che la somma ereditata era già stata investita, quindi dovevano decidere se modificare o meno la modalità di investimento della somma ereditata.

I risultati mostrarono che i partecipanti del primo gruppo decidevano liberamente la modalità di investimento della somma ereditata, mentre la maggioranza del secondo gruppo preferiva mantenere lo status quo piuttosto che rischiare una strategia di investimento differente che non garantiva la certezza di essere migliore. Comportamenti coerenti con il concetto di avversione si verificano anche nei mercati finanziari. Un fenomeno che può essere spiegato tramite questo meccanismo è l'atteggiamento degli investitori a mantenere i titoli in perdita troppo a lungo ed a vendere quelli in fase di crescita troppo presto (questo fenomeno è stato chiamato disposition effect ed è stato inizialmente messo in evidenza da Shefrin e Statman, 1985).

Recentemente Odean (1998) ha dimostrato che questa tendenza si verifica costantemente sui mercati se si eccettua il mese di dicembre di ogni anno; in dicembre infatti gli investitori sono soliti vendere sia i titoli che stanno guadagnando sia quelli che sono in perdita. Ciò avviene perché le perdite realizzate alla fine dell'anno autorizzano gli investitori a chiedere degli sgravi fiscali. Il disposition effect è stato riscontrato anche nelle decisioni di vendita degli investitori professionali anche se in questo gruppo sembra meno marcato (Shapira e Venezia, 2000).

Se le persone sono avverse al rischio nel caso di possibili vincite, esse sono invece propense all'assunzione di rischi nel caso di possibili perdite. Ciò vuol dire che davanti ad una scelta tra una perdita sicura di 900€ ed una scommessa che offre la possibilità di perdere 1500€ con il 70% di probabilità e di non perdere nulla con il 30% di probabilità in media le persone accettano la scommessa. Le persone preferiscono assumersi dei rischi maggiori se devono recuperare una situazione negativa poiché rischiando si può cercare di ridurre o di evitare le perdite. Risulta più difficile accettare una perdita certa poiché in questo caso non si può posticipare il dolore provocato dalla perdita stessa e non si può nemmeno provare a modificare la situazione cosa che è invece possibile fare accettando una scommessa nonostante essa possa provocare una perdita maggiore.

Shapira e Venezia (2000) hanno mostrato che effettivamente gli investitori professionali si comportano diversamente a seconda di come hanno chiuso le contrattazioni nel giorno precedente. Gli investitori professionali operano un numero elevato di scambi se la perdita con cui hanno chiuso le contrattazioni nel giorno precedente è stata molto elevata. Allo stesso modo coloro che a poche ore dalla chiusura della seduta stanno registrando delle perdite tendono ad essere più attivi, sono cioè coinvolti in più transazioni rispetto a chi ha guadagnato o mantenuto lo status quo durante il resto della giornata.

Ottimismo ingiustificato e rendimento degli investimenti

Gli investitori a volte mostrano un'eccessiva fiducia nelle proprie abilità (optimistic bias); in molte attività le persone si giudicano più brave della media anche quando ciò non è vero. Ad esempio la maggioranza degli automobilisti ritiene di essere un guidatore migliore della media. Uno studio di Fenton O'Creevy, Nicholson, Soane e William (1998) mostra che nei mercati finanziari l'eccessiva fiducia nelle proprie capacità porta ad ottenere risultati più scarsi. Infatti chi ha un più elevato livello di fiducia in sé stesso ottiene profitti inferiori. Lo studio di questi ricercatori mostra anche che gli investitori più sicuri di sé tendono a modificare di frequente il loro portafoglio, forse spinti dalla loro impressione di essere più capaci degli altri.

Coerentemente con questi risultati anche Barber e Odean (2000) attribuiscono la tendenza degli investitori a modificare i loro portafogli all'eccessiva sicurezza in sé stessi. Inoltre chi modifica più spesso il proprio portafoglio tende ad avere dei ritorni inferiori dal momento che ogni transazione comporta anche dei costi. Questi investitori ottengono in media un ritorno lordo simile a quello di chi mantiene sostanzialmente inalterato il proprio portafoglio tuttavia il loro guadagno netto è significativamente inferiore avendo costi più elevati da scontare.

Olsen (2000) ritiene che l'eccessiva sicurezza nelle proprie capacità sia una strategia di ragionamento che si è sviluppata per ragioni evolutive e di adattamento alla vita quotidiana. In primo luogo secondo questo autore ci sarebbe un'asimmetria tra emozioni positive e negative per cui la sicurezza in sé associata alla soppressione di emozioni negative permetterebbe di affrontare anche situazioni ambientali molto critiche mantenendo un buon livello di motivazione. In secondo luogo le persone non sarebbero in grado di percepire le covariazioni tra diverse variabili; perciò l'accumularsi di differenti informazioni alternative tra loro viene giudicato come un serie di prove differenti tutte favorevoli ad un certo dato e non come una serie di evidenze interscambiabili.

Strategie confermative nella valutazione dell'andamento futuro degli investimenti

Le persone a volte agiscono cercando di confermare le loro ipotesi sull'andamento futuro delle borse. In realtà sarebbe molto meglio andare alla ricerca di informazioni che possono falsificare le ipotesi iniziali. Infatti solo in assenza di informazioni contrarie rispetto alle proprie opinioni si può ragionevolmente sostenere di avere ragione. Un esperimento condotto da Forsythe, Nelson, Neumann e Wright (1992) che ha utilizzato dei mercati sperimentali ha suggerito che gli investitori che utilizzano una strategia non confermativa ottengono i profitti migliori. Inoltre questi investitori hanno una minore tendenza al falso consenso, cioè a ritenere che la maggioranza delle persone abbia le loro stesse opinioni.

Va detto che le strategie di tipo confermativo potrebbero essere meno utilizzate dagli investitori professionali poiché la loro expertise potrebbe averli condotti a comprendere l'inadeguatezza di questo tipo di ragionamento.

Enrico Rubaltelli www.finanzacomportamentale.it

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