La sottoscrizione di fondi comuni di investimento comporta il sostenimento di oneri, direttamente o indirettamente a carico dell'investitore, finalizzati a remunerare l'attività di gestione del risparmio nonché a coprire i costi organizzativi della struttura e i servizi di collocamento e distribuzione (Assogestioni, 2003).
I principali costi direttamente a carico dell'investitore sono le commissioni di entrata e di uscita, a cui si aggiungono altri oneri quali i costi di switch, i diritti fissi, i costi per l'emissione dei certificati rappresentativi delle quote. I costi diretti sono non ricorrenti, in quanto si sostengono una sola volta, ed eventuali, in quanto non sempre vengono applicati dai gestori.
Tra gli oneri a carico del fondo, che quindi gravano indirettamente sull'investitore, il più importante è rappresentato dalla commissione di gestione [14], a cui si aggiungono l'eventuale commissione di incentivo [15], le commissioni corrisposte dalla banca depositaria e altri oneri quali le spese di pubblicazione sui quotidiani del valore delle quote. Le componenti di costo oggetto dell'analisi sono: - la commissione di sottoscrizione minima e massima; - la commissione di uscita minima e massima; - la commissione di gestione.
Nel caso in cui una specifica commissione abbia un unico valore sia per il minimo che per il massimo, nel database si è ripetuto lo stesso valore sia come minimo sia come massimo. Per i fondi socialmente responsabili i dati sono desunti dai prospetti informativi in vigore al 31 dicembre 2002; per i fondi non etici i valori provengono dalla relazione annuale di Assogestioni, che raccoglie informazioni sui costi a carico dei sottoscrittori al 31 dicembre 2002 per 1071 fondi italiani corrispondenti al 99,7% del totale patrimonio gestito.
L'analisi è stata realizzata confrontando, fino al massimo grado di dettaglio possibile, le commissioni sui fondi etici con le stesse applicate sui fondi non etici che presentano caratteristiche simili in termini di mercato di riferimento e stile di gestione. Non è stato possibile confrontare fondi aventi caratteristiche simili in termini di dimensione del patrimonio gestito in quanto la maggior parte dei fondi socialmente responsabili, anche perché di recente costituzione, gestisce un patrimonio di dimensioni contenute [16].
Si è proceduto in primo luogo all'analisi dei costi direttamente a carico dei sottoscrittori. Poiché le commissioni di entrata e di uscita sono oneri che non sempre vengono applicati dai gestori, si è analizzato in primis il peso percentuale dei fondi no load sul totale dei fondi esistenti per categoria [17]. Successivamente, evidentemente per i soli fondi load, si è analizzato il livello medio delle commissioni applicate agli investitori. Per le commissioni di gestione è stato possibile realizzare un confronto più dettagliato grazie alla maggiore articolazione dei dati pubblicati da Assogestioni; i fondi socialmente responsabili sono stati dunque classificati per sottocategorie di appartenenza e poi si è proceduto al confronto con i fondi non etici.
Nel grafico 1 è indicato il rapporto, espresso in termini percentuali, tra numero di fondi no load e totale fondi esistenti per categoria.
Grafico 1. Fondi no load (dicembre 2002, % sul totale)
Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. Nella tabella 8 sono riportati i valori minimi e massimi della commissione di sottoscrizione.
Tabella 8. Commissioni di sottoscrizione (dati dicembre 2002, in %) | ||||
Minima | Massima | |||
Fondi socialmente responsabili | Altri | Fondi socialmente responsabili | Altri | |
Azionari | 1,33 | 1,57 | 2,75 | 3,14 |
Bilanciati | 3 | 1,30 | 3 | 2,67 |
Flessibili | 1 | 1,74 | 3 | 3,02 |
Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. |
Nella tabella 9 sono riportate le commissioni di gestione applicate classificando i fondi per sottocategoria di appartenenza.
Tabella 9. Commissioni di gestione (dati dicembre 2002, per mille) | ||
Fondi socialmente responsabili | Altri | |
Azionari altre specializzazioni | 1,73 | 1,88 |
Azionari internazionali | 1,80 | 1,82 |
Azionari settoriali | 1,80 | 1,87 |
Bilanciati | 1,89 | 1,52 |
Bilanciati obbligazionari | 1,20 | 1,40 |
Obbligazionari misti | 0,97 | 1,14 |
Obbligazionari area euro breve termine | 0,6 | 0,79 |
Obbligazionari area euro m/l termine | 0,95 | 1,01 |
Obbligazionari altre specializzazioni | 1,25 | 1,22 |
Flessibili | 2,4 | 1,67 |
Fonte: prospetti informativi per fondi socialmente responsabili e Assogestioni per gli altri fondi. |
L'analisi delle commissioni evidenzia che la scelta di investire in fondi socialmente responsabili non è in media gravata da oneri maggiori rispetto ai fondi non etici, diversamente da quanto ci si poteva aspettare sulla base delle ipotesi teoriche precedentemente riportate relative alla presunta maggiore onerosità della gestione di questi fondi.
In particolare, per quanto riguarda gli oneri direttamente a carico del sottoscrittore, dal grafico 1 emerge che la percentuale di fondi no load è più elevata per i fondi socialmente responsabili. Anche quando i fondi socialmente responsabili applicano commissioni di sottoscrizione, in media il valore di queste commissioni è più contenuto rispetto a quello dei fondi non etici. Si noti inoltre che nessun fondo socialmente responsabile applica agli investitori le commissioni di uscita.
Per quanto riguarda poi la commissione di gestione, solo in tre casi - bilanciati, obbligazionari altre specializzazioni, flessibili - essa risulta superiore per i fondi socialmente responsabili. In particolare, focalizzando l'attenzione sul comparto azionario, oggetto dell'analisi sulla performance, i dati evidenziano per tutte le sottocategorie di specializzazione un maggior costo dei fondi non etici. La struttura delle commissioni dei soli fondi socialmente responsabili è stata ulteriormente analizzata per verificare l'esistenza o meno di relazioni con il grado di eticità e con la eventuale presenza della commissione di devoluzione a carico del fondo.
In particolare, l'analisi è stata focalizzata sulle commissioni di gestione, che appunto remunerano l'attività di gestione della Sgr, la cui onerosità può essere direttamente influenzata dalla applicazione dei criteri extrafinanziari di investimento, e sui fondi socialmente responsabili azionari, che sono in gran parte classificati solo in due sottocategorie e quindi sono tra loro confrontabili. Tale analisi porta a rilevare che non esiste una relazione evidente tra l'ammontare della commissione e il grado di eticità del fondo: i fondi che utilizzano un numero più elevato di filtri di selezione non applicano commissioni di gestione più onerose per gli investitori. Inoltre non esiste una relazione evidente tra l'ammontare della commissione e la presenza della commissione di devoluzione a carico della società di gestione.
Da ciò si può dedurre che le Sgr che devolvono una parte della commissione di gestione non "ribaltano" questo maggiore onere sull'investitore. Si può dunque affermare che la presenza di criteri etici di selezione degli investimenti non incrementa il livello delle commissioni a carico dell'investitore, anzi in molti casi lo riduce. Appare allora interessante avanzare alcune ipotesi che spieghino la ragione dell'assenza di relazioni evidenti tra oneri di gestione, che potrebbero evidentemente essere ritenuti più elevati per i fondi socialmente responsabili, e ammontare delle commissioni applicate dall'investitore, che dalle nostre analisi risultano non superiori a quelle che in media gravano sui fondi non etici.
Una prima ipotesi porta a ritenere che la leva del pricing sia utilizzata per favorire la diffusione di fondi socialmente responsabili in una fase di lancio del prodotto. Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che molti fondi socialmente responsabili sono no load, ovvero consentono l'accesso gratuito a questo comparto di prodotti di investimento, ed è coerente con la circostanza che i fondi sono charity e ci sono i comitati etici. Come si evidenziava nel paragrafo 3 queste caratteristiche sono peculiari dei prodotti italiani e verosimilmente riconducibili al limitato sviluppo della cultura della finanza etica che richiede soluzioni finalizzate a rendere più evidenti le caratteristiche di eticità dei prodotti al fine di agevolarne il collocamento sul mercato.
La seconda ipotesi, meno favorevole nelle prospettiva degli investitori etici, poggia sull'assunto che le commissioni non siano più elevate di quelle sui fondi non etici perché non lo sono i costi di gestione. In altri termini, i criteri etici di selezione, a volte anche molto articolati, vengono "dichiarati" sui prospetti informativi, ma poi applicati in modo blando, utilizzando esclusivamente fonti informative pubbliche. Come precedentemente evidenziato (cfr par. 3), il fatto che un quarto del portafoglio sia investito nel settore finanziario potrebbe essere un segnale in questa direzione. Evidentemente, le due ipotesi sopra evidenziate non si escludono: i gestori potrebbero adottare un pricing più basso da un lato per promuovere un prodotto relativamente nuovo sul mercato italiano e dall'altro perché applicano in modo poco rigoroso i criteri etici e dunque di fatto non sostengono oneri di gestione significativamente più elevati rispetto ai fondi non etici.
[14] La commissione di gestione è calcolata quotidianamente come percentuale del patrimonio netto del fondo e prelevata direttamente dalle sue disponibilità a intervalli più ampi. Essa è finalizzata a remunerare l'attività del gestore e viene applicata qualunque sia stato il risultato sulla gestione.
[15] La commissione di incentivo viene prelevata solo quando il rendimento del fondo in un certo periodo di tempo supera il rendimento di un investimento/parametro utilizzato per il confronto. Solitamente viene calcolata come percentuale da applicare alla differenza di rendimento tra fondo e benchmark (Assogestioni, 2002).
[16] Analisi empiriche evidenziano l'esistenza di una correlazione negativa tra ammontare del patrimonio gestito e livello delle commissioni (Lipper, 2002) che nell'analisi non potrà essere osservata.
[17] Con il termine no load si identificano i fondi che non prevedono costi di entrata o di uscita a carico degli investitori.
Pubblicazione della Prof Daniela Vandone
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