Assumiamo che i rendimenti della variabile finanziaria o macroeconomica che stiamo studiando si distribuisca nel modo seguente:
dove st è una catena di Markov non osservabile ad N stadi caratterizzata dalla seguente matrice di transizione P:
L’elemento pij rappresenta la probabilità di passare allo stato j, condizionatamente al fatto di trovarsi nello stato i al tempo precedente. La i-esima colonna contiene, pertanto, le probabilità di transizione dallo stato i ad uno qualsiasi degli N stati.
Nel presente lavoro i modelli switching regime saranno utilizzati per studiare l’andamento dei rendimenti giornalieri di un’attività finanziaria, al fine di sviluppare un modello per la valutazione di opzioni finanziarie sull’attività stessa. Nostro obiettivo sarà, quindi, quello di individuare un modello che riesca a spiegare nel miglior modo possibile l’andamento del prezzo dell’attività stessa, catturandone le caratteristiche principali, per il quale sia possibile, tuttavia, sviluppare un efficiente modello di valutazione dell’opzione collegata.
I modelli presi in considerazione, pertanto, saranno caratterizzati da due stati (N=2) nei quali i rendimenti si distribuiscono normalmente con media ( µ) e volatilità ( σ) costanti. Il primo modello (che indicheremo in seguito con la sigla Smv2) prevede che i rendimenti si distribuiscano nel modo seguente:
e P matrice di transizione:
dove gli elementi della diagonale indicano le probabilità di rimanere, al tempo successivo, nello stesso regime del tempo attuale. I parametri di interesse sono quindi 6:
Una semplificazione di tale modello è data dal modello Sv2:
e matrice di transizione uguale alla precedente. I parametri da stimare sono solamente 5:
La complicazione, ai fini della valutazione di opzioni finanziarie, introdotta da questi modelli risiede nel fatto che né la distribuzione dei rendimenti attuale né quella futura sono conosciute con certezza. Da questo punto di vista, i modelli di valutazione delle opzioni basati su tale comportamento dell’attività sottostante presentano problematiche simili ai modelli a volatilità stocastica. Nel caso dei modelli a cambiamento di regime, infatti, la varianza condizionale non è conosciuta con certezza, in quanto legata al processo non osservabile st .
La specificazione adottata, pur presentando il limite di ipotizzare che tutti i cambiamenti della varianza siano costituiti da “salti”, risulta più “intuitiva” di altri modelli in quanto si presume che gli operatori, nell’effettuare la previsione circa l’andamento futuro della volatilità, tendano a distinguere essenzialmente tra fasi di mercato normali e fasi caratterizzate da instabilità (e quindi da alta volatilità). I risultati ottenuti sono riepilogati nelle tabelle 1 e 2, ed evidenziano come la variabile di maggior importanza sia la varianza. Anche considerando medie diverse, il modello tende, infatti, a distinguere i due regimi prevalentemente sulla base dei valori assunti da tale parametro (distinguendo, quindi, tra periodi di volatilità bassa e alta).
M.Billio, M. Corazza, M. Gobbo
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