Da un esame del documento di rendicontazione finanziaria per l’esercizio 2006, la Corte dei Conti ha notato che il Comune di Milano aveva concluso una complessa operazione finanziaria diretta a ristrutturare una parte del debito dell’amministrazione comunale tramite l’estinzione anticipata di mutui preesistenti, utilizzando i proventi di un contestuale prestito obbligazionario, effettuato nell’ambito di un’operazione contrattuale nella quale sono stati stipulati quattro strumenti derivati, che disciplinavano anche uno swap di ammortamento ed uno swap di tasso di interesse con quattro intermediari finanziari: UBS, JP Morgan, DEPFA e Deutsche Bank. Durante l’esecuzione dell’operazione, l’organo normativo ha notato che il Comune aveva proceduto ad operare ulteriori modifiche ed integrazioni, rinegoziando e sostituendo alcune clausole dei contratti precedentemente conclusi.
L’operazione di estinzione anticipata dei mutui avrebbe permesso all’ente territoriale di estinguere prima della scadenza originariamente prevista il mutuo, rimborsando all’istituto finanziario il capitale residuo, generalmente maggiorato di una somma a titolo d’indennizzo. Questa scelta potrebbe essere giustificata sia dalla presenza di consistenti entrate patrimoniali che permettono di saldare il debito con risparmio sui futuri interessi, che dalla possibilità di rinegoziare la passività in presenza di mutate condizioni di mercato quali, in particolare, la modifica dei tassi in senso decrescente rispetto a quelli dei mutui originari.
Al fine di estinguere anticipatamente la passività o di rinegoziarla, sarebbe stato necessario procedere alla valutazione sulla convenienza dell’operazione, in relazione sia alla tipologia e al livello dei tassi di interesse che alle condizioni attuali e alle attese dell’evoluzione futura dei mercati, nonché ai costi dell’operazione.
La stipula del derivato finanziario consentiva invece al Comune di gestire rischi di diversa natura. L’amministrazione pubblica meneghina aveva deciso di sottoscrivere un Interest-rate Swap (IRS), al fine di proteggersi contro le oscillazioni dei tassi d’interesse. Tuttavia, la disciplina normativa ha stabilito appositi vincoli in merito alle operazioni consentite agli enti territoriali in relazione all’ammortamento del debito relativo ad un prestito obbligazionario: in via generale e residuale, le amministrazioni potrebbero effettuare le operazioni derivate finalizzate alla ristrutturazione del debito solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata alla sottostante passività. Il decreto ministeriale del 2003 stabilisce, inoltre, che queste operazioni possono essere concluse esclusivamente con intermediari finanziari in possesso di adeguato rating, almeno pari a BBB, BAA, BBB, secondo la successiva circolare ministeriale del 2004, attribuito da primarie agenzie di livello internazionale quali Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings.
Nell’ambito di queste previsioni, gli enti territoriali possono procedere all’ammortamento del debito relativo ad un prestito obbligazionario mediante la costituzione di un fondo contestuale alla sottoscrizione del prestito (sinking fund), ovvero mediante lo swap in base al quale l’intero capitale del prestito obbligazionario verrà accumulato progressivamente, mediante accantonamento di quote, entro il termine di scadenza del prestito al fine di poterlo restituire agli obbligazionisti (bullet). E’ indubbio che le due modalità sono profondamente diverse e comportano diverse strategie operative per gli enti, in quanto il sinking fund è un fondo di ammontare pari a quello del prestito che deve essere costituito nel momento stesso in cui l’amministrazione comunale riceve il prestito e lo accantona per un lungo periodo; questa modalità di rimborso richiede che, contestualmente all’emissione del prestito obbligazionario, il soggetto emittente disponga di un capitale pari a quello dello stesso prestito. Questo tipo di struttura, tuttavia, è difficilmente compatibile con le regole che presiedono all’attività degli enti territoriali. Diversa è invece la situazione che si presenta con l’operazione bullet, poiché l’ente accumula il capitale progressivamente, di anno in anno, in uno specifico fondo e non ha la necessità di disporre dell’intero capitale necessario per la restituzione del prestito obbligazionario sin dalla data della sua emissione, ma solo al momento del rimborso della quota capitale.
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