Il presente articolo ha come obbiettivo principale quello di valutare l’abilità del modello stocastico univariato di Cox, Ingersoll e Ross di identificare titoli caratterizzati da mispricing, ovvero caratterizzati da una condizione di sopravvalutazione (prezzo di mercato superiore al prezzo equo, individuato dal modello) o di sottovalutazione (prezzo di mercato inferiore al prezzo equo), e di fornire, conseguentemente, informazioni utili per il trading.
Lo scopo, quindi, non è tanto quello di scoprire se il modello CIR è cross-sezionalmente, così come temporalmente compatibile con i dati osservati; piuttosto, mi propongo di scoprire se il modello, stimato giornalmente (con cross-section giornaliera e settimanale; le indicheremo con l’acronimo c.s.g. e c.s.s.), è in grado di fornire informazioni circa il futuro andamento dei prezzi dei titoli (nel nostro caso, i BTP) sulla base delle quali effettuare arbitraggi.
Il primo passo del lavoro consiste nello stimare giornalmente la struttura a termine dei tassi euro (a 1, 3, 6 e 12 mesi) e swap (a 2, 3, 4, 5, 7 e 10 anni), del mercato italiano, mediante il modello CIR e attraverso il metodo dei minimi quadrati nonlineari crosssezionali (CSNLLS); il periodo campionario scelto va dal 29/10/92 al 01/04/94. In questo modo ottengo la stima giornaliera della term structure, ovvero la stima giornaliera dei parametri del modello CIR (kθ, k+λ, σ2 e r).
Il secondo passo del lavoro vede la costruzione dei prezzi equi dei BTP (con maturity che vanno da 3 a 10 anni, per un totale di 8 diverse scadenze) mediante la somma dei valori attuali delle riscossioni (cedole e valore nominale) che mancano alla scadenza; l’attualizzazione viene eseguita moltiplicando la riscossione per il prezzo-CIR di un titolo a cedola nulla unitario, con maturity pari a quella della riscossione stessa (vedi equazione (1.2.3a)), calcolato grazie ai parametri stimati al primo passo.
Una volta costruiti i prezzi equi dei BTP, si passa alla fase finale dell’analisi: si va a verificare il contenuto informativo delle deviazioni tra prezzo osservato (corso tel quel) e prezzo equo (stimato) e si testa se si possono realizzare rendimenti positivi acquistando (vendendo allo scoperto) titoli che in un dato giorno sono stati classificati come sottovalutati (sopravvalutati) in base ai segnali forniti dalle deviazioni medesime.
Per effettuare la prima verifica è stato seguito il seguente approccio: si è regredito l’”abnormal holding period return” (extrarendimento per periodo di detenzione, dato dalla differenza tra il rendimento osservato e quello equo) di un titolo sul residuo passato (i.e., prezzo di mercato meno prezzo equo relativi ad un istante temporale precedente) che caratterizza il titolo stesso.
Questo test di regressione evidenzia un’utilità economica dei residui del modello, ovvero dall’analisi delle deviazioni (residui del modello) si possono ottenere informazioni utili sul mispricing dei titoli; tuttavia, questi risultati (riguardanti l’intero periodo campionario) si sono dimostrati non eccezionali, soprattutto se confrontati con quelli ottenuti, in un’applicazione analoga al mercato obbligazionario belga, da Sercu e Wu (1997). Ora, la considerazione del fatto che il periodo campionario scelto fosse caratterizzato da alta volatilità (nell’autunno del ’92: forte svalutazione della lira e uscita dallo S.M.E.; tra marzo e giugno del ’93 la lira patisce una forte debolezza con il marco tedesco che porta il cambio a superare le 1000 lire) mi ha portato a considerare ed indicare in quest’ultima la causa dei non buoni risultati: le elevate “turbolenze” del mercato portano il modello univariato a produrre performances di fitting non ottimali, e queste causano un alterazione delle informazioni sul mispricing dei titoli (l’analisi dei residui viene offuscata da distorsioni econometriche indotte da alta volatilità).
La conferma dell’esattezza di tale ragionamento deriva dall’applicazione del test di regressione a 3 sottoperiodi campionari (29/10/92-08/01/93, per un totale di 71 giorni; 20/10/93- 13/12/93, per un totale di 55 giorni; 31/01/94-29/03/94, per un totale di 57 giorni) : qui le stime dei prezzi sono caratterizzate da residui decisamente inferiori e qui i risultati del test migliorano notevolmente (sia come stima del parametro economicamente rilevante, sia come bontà della regressione: l’R2 aggiustato passa da valori sempre inferiori all’8% a valori mediamente compresi tra il 15% e il 35%; Sercu e Wu hanno ottenuto un R2 aggiustato pari al 7% o inferiore).
Questo risultato, estremamente importante, mi permette di evidenziare come il modello CIR sia in grado di individuare il mispricing che caratterizza i titoli e di fornire informazioni utili per il trading; tuttavia, tale proprietà dipende in maniera importante dalla capacità di fitting del modello (ovvero, dalla volatilità presente sul mercato): quanto migliori sono le stime, tanto migliori e più precise saranno le informazioni raccolte per impostare un arbitraggio su titoli profittevole. La seconda verifica empirica che caratterizza l’articolo va ad osservare se effettivamente, grazie ai segnali forniti dai residui (ovvero, i segnali forniti dal modello) si possono realizzare arbitraggi profittevoli; tali segnali vengono lanciati secondo la seguente regola: quando il residuo percentuale è superiore all’errore (residuo) assoluto medio (M.A.E.) abbiamo un segnale di vendita allo scoperto di titolo sopravvalutato mentre, quando il residuo percentuale è inferiore al M.A.E., preso con valore negativo abbiamo un segnale di acquisto di titolo sottovalutato.
E’ evidente, quindi, che i segnali si producono nel momento in cui i “pricing error” percentuali (forniti dal modello) escono dalle bande per il trading date dal M.A.E. preso con valore positivo (banda superiore), per i titoli sopravvalutati, e con valore negativo (banda inferiore), per i titoli sottovalutati. Questa verifica empirica è stata condotta sia con logica expost che con logica ex-ante, in modo tale da avere un’impressione più realistica delle capacità del modello: nel primo caso, le bande saranno date dal M.A.E. (con valore positivo e negativo) del periodo considerato, ovvero saranno delle bande costanti; nel secondo caso, invece, il trading esordisce con un M.A.E. costruito su osservazioni precedenti il periodo, e prosegue aggiornandone il livello di giorno in giorno in base ai nuovi residui che si creano: la bande avranno, quindi, un andamento irregolare che risente dell’andamento dei residui. Queste argomentazioni mi hanno portato a introdurre la seguente terminologia: i segnali per il trading verranno indicati come Segnali Impliciti per il Trading (nel modello CIR), mentre le bande verranno indicate come Bande Implicite (nel modello CIR) per il Trading (nel modello CIR).
L’evidenza empirica di cui in parola (in ottica ex-post ed exante) ha evidenziato chiaramente che un’eventuale attività di trading su titoli, in base ai segnali lungo i tre sottoperiodi, avrebbe portato a dei rendimenti cumulati (somma dei tassi di rendimento delle operazioni compiute nel periodo; il rendimento di ciascuna operazione è dato dal rapporto tra il guadagno netto dell’operazione e l’ammontare complessivo della posizione lunga) mediamente compresi tra il 4% e il 5% (con punte del 6,5%).
A conferma del ruolo cruciale giocato dalle stime dei prezzi equi, questa prova d’arbitraggio è stata ripetuta, lungo gli stessi sottoperiodi, utilizzando le bande implicite costruite con i residui dell’intero periodo campionario (i.e., utilizzando informazioni per il trading soggette a gravi distorsioni econometriche, indotte dalla volatilità): i risultati mostrano la realizzazione di un trading meno efficace, con rendimenti minori di 2, 4 punti percentuali, fino a 5 punti percentuali in meno quando il segnale indicava addirittura di non entrare nel mercato.
L’ultima verifica empirica dell’articolo, avvalendosi della tecnica di trading con i Segnali Impliciti, va a testare come le stime con la cross-section settimanale siano “migliori” di quelle con la cross-section giornaliera quando si tratta di affrontare, con il modello CIR (modello univariato), la previsione su titoli a media e lunga scadenza in periodo di alta volatilità: è la c.s.s. che, per costruzione, è in grado di raccogliere l’informazione connessa con l’elevata variabilità dei dati provocata dalla volatilità (vedi sezione 1.3.6).
Sia nel test di regressione che nel test con regola di trading è stato introdotto un ritardo (Lag = 1; nella sez. 1.3.6 si parlerà di “lagged” trading) tra il momento in cui si individua il mispricing e il momento in cui si esegue l’operazione, in modo tale da osservare la rapidità o meno del mercato nell’individuare ed eliminare margini di arbitraggio.
Fulvio Pegoraro
Successivo: Lo schema analitico di riferimento: il modello CIR
Sommario: Indice