La varianza di una serie finanziaria è un parametro fondamentale nella determinazione del portafoglio ottimo dell'investitore: nella definizione di quest'ultimo occorre infatti trovare il giusto compromesso tra il rendimento medio atteso e la rischiosità, misurata proprio dalla varianza. Accettare l'ipotesi di varianza costante nel tempo (detta ipotesi di omoschedasticità) di fatto vuol dire introdurre nell'analisi della serie un elemento fortemente distorcente soprattutto per quanto riguarda la stima dei parametri dei modelli econometrici e i relativi test.
Le analisi empiriche mostrano, infatti, che grandissima parte delle serie finanziarie è caratterizzata da un comportamento non costante, ovvero eteroschedastico, della loro varianza. Generalmente la volatilità sembra assumere un comportamento particolare a seconda del rendimento: in fasi di mercato crescenti i rendimenti tendono ad essere caratterizzati da una volatilità inferiore rispetto ai rendimenti legati a fasi discendenti dei titoli, sintomo questo di una vischiosità dei corsi al rialzo (Schwert, 1989).
Un'altra caratteristica, empiricamente evidente per le serie finanziarie, è data dal fatto che le loro distribuzioni di probabilità sono leptocurtiche 2. Le distribuzioni leptocurtiche hanno la particolarità di assegnare una maggiore probabilità ad eventi molto lontani dal valor medio della distribuzione rispetto alle probabilità che verrebbero assegnate a tali eventi da una distribuzione normale (detta mesocurtica). Per questo motivo si parla di distribuzioni con code spesse. La presenza di leptocurtosi è compatibile con l'ipotesi di varianza dipendente dal tempo.
Eteroschedasticità e code spesse della distribuzione di probabilità sono i due connotati di fondo delle serie finanziarie, a cui si possono aggiungere altri elementi peculiari, primo fra tutti la persistenza di shock esogeni sui titoli e sulle loro quotazioni. A ciò si aggiunge il comportamento asimmetrico, evidenziato dalle quotazioni, in base al quale shock negativi sembrano incrementare la volatilità più di quanto non facciano shock positivi (leverage effect).
LeBaron (1992) ha messo in risalto come volatilità e correlazione dei rendimenti abbiano caratteristiche contrapposte, per cui a bassa volatilità corrisponde alta correlazione e viceversa: intuitivamente, piccole escursioni dei titoli, tipiche di fasi di stagnazione del mercato, sono legate da una forte correlazione lineare.
Queste semplici caratteristiche distributive appena elencate sono state calcolate sui rendimenti, indicati con RMax e RMin, legati alla quotazione massima e minima del MIB 30, facendo riferimento al periodo campionario dal 7/3/1995 al 24/7/1997, già indicato come primo sottoperiodo di consolidamento/evoluzione nel precedente articolo di Cappellina e Sartore. Esse sono indicate nella Tab. 1 dove appaiono: la media della distribuzione, la deviazione standard, l'indice di asimmetria, l'indice della curtosi in eccesso rispetto alla distribuzione normale mesocurtica (il cui valore è pari a 3), il
massimo e il minimo. La statistica Chi quadro, calcolato sulla base dell'asimmetria e della curtosi stimata, è utilizzata per verificare l'ipotesi di normalità della distribuzione.
Rmax | RMin | |
N | 599 | 599 |
Media | 0,000788 | 0,000792 |
Standard Deviation | 0,011309 | 0,011366 |
Asimmetria | 0,094588 | 0,121914 |
Eccesso Curtosi | 1,302768 | 0,547764 |
Minimo | -0,037132 | -0,034340 |
Massimo | 0,053857 | 0,042786 |
Chi Quadro | 33,566 [0,0000] | 8,325 [0,0155] |
Tab. 1 - Caratteristiche distributive
Dai risultati ottenuti si può concludere che entrambe le serie dei rendimenti sono leptocurtiche e presentano una leggera asimmetria positiva. Inoltre, per entrambe le statistiche del test Chi quadro assumono valori superiori a quelli critici, come risulta evidente dai valori di probabilità indicati tra parentesi quadra nella tabella, quindi si rifiuta l'ipotesi di normalità della distribuzione.
Ulteriori analisi condotte sulle serie dei rendimenti hanno evidenziato la presenza di un'altra caratteristica tipica delle serie finanziarie: il cosiddetto effetto clustering, ossia l'aggregarsi in gruppi degli errori a seconda del loro ordine di grandezza (grossi errori tendono ad essere seguiti da errori altrettanto grandi e piccoli errori da errori altrettanto piccoli), in altri termini, la volatilità dei rendimenti è autocorrelata.
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