Nel precedente articolo di Cappellina e Sartore dedicato alla relazione tra analisi tecnica e previsione econometrica si è affermata l'utilità di un utilizzo congiunto della modellistica econometrica e dell'analisi tecnica. La prima per determinare le traiettorie previste delle serie finanziarie, la seconda come supporto agli operatori per definire il timing più opportuno delle strategie operative.
Si può compiere un passo ulteriore e chiedersi se la determinazione di segnali tecnici possa essere tradotta in una o più variabili con contenuto informativo utilizzabile da un modello econometrico allo scopo di migliorare la performance previsiva. La letteratura econometrica ha già affrontato questo problema e ha cominciato a fornire le sue risposte, basti citare il rilevante lavoro di Neftci (1991).
Partendo dall'ipotesi che la quotazione di chiusura di un'attività finanziaria abbia un contenuto informativo sullo stato del mercato, i segnali di analisi tecnica costruiti su tali quotazioni possono fornire una valida approssimazione dei suoi andamenti. I segnali possono quindi essere utilizzati all'interno dei modelli econometrici come ulteriori elementi di spiegazione dei rendimenti1 e della loro volatilità.
La loro efficacia dipende però anche dalla capacità dei modelli di farne un utilizzo appropriato e una condizione necessaria perché ciò avvenga è l'adeguatezza dei modelli econometrici nell'interpretare proprio i rendimenti e la loro varianza. Quest'ultima grandezza ha notevole rilevanza perché, come è noto, rappresenta uno dei modi di misurare la volatilità della serie finanziaria.
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