Mandelbrot introducendo il concetto di frattale nel 1977, coniò anche il termine di dimensione frattale che sviluppò sulla base di una definizione che Felix Hausdorff elaborò nel 1919. L'idea di dimensione frattale di Mandelbrot è una semplificazione del concetto di Hausdorff e corrisponde a quella definita da A. N. Kolmogorov nel 1958 di "capienza" di una figura geometrica.
Si deve notare che non esiste una definizione univoca di dimensione frattale. Le diverse definizioni possono portare a differenti risultati per lo stesso oggetto e possono mostrare diverse proprietà. Delle diverse varietà di dimensione frattali in uso, quella di Hausdorff è la più nota ed importante. Essa ha il vantaggio di essere definibile per ogni insieme frattale. È matematicamente conveniente in quanto basata su misurazioni che sono relativamente facili da trattare. Presenta, però, lo svantaggio di non essere sempre di agevole determinazione con metodi computazionali.
In prima approssimazione la dimensione frattale è una misura che consente di descrivere in che modo l'oggetto riempie lo spazio in cui è contenuto. È una misura della prominenza delle irregolarità della figura frattale quando osservata ad una scala molto piccola. La dimensione contiene molte informazioni riguardo alle proprietà geometriche dell'oggetto. Generalmente si tende a pensare che ogni oggetto che ha una profondità sia di tre dimensioni. Questo non è necessariamente vero. Una linea disegnata in uno spazio tridimensionale rimane un oggetto ad una dimensione (solo la lunghezza). La sua dimensione sarà quindi uno.
Un piano ha dimensione due e un solido ha dimensione tre. Un oggetto puramente tridimensionale, come un cubo solido, non presenta soluzioni di continuità; l'oggetto, in altre parole non presenta spazzi vuoti nella sua struttura. Sfrutta, per così dire, tutto lo spazio che ha a disposizione nelle tre dimensioni. Si immagini, invece, la struttura di un oggetto spugnoso. Pur occupando uno spazio tridimensionale, non lo occupa interamente, perché la sua struttura presenta un'intricata serie di aree non occupate dal materiale di cui è composto. Di conseguenza si può immaginare che la sua dimensione sia strettamente maggiore di quella di un piano, ma strettamente inferiore di quella di un solido, dunque un valore tra due e tre: un valore frazionario.
La Box-counting dimension
Il metodo box-counting (letteralmente contare le scatole), per la sua relativa facilità di applicazione empirica, è il più noto e trova la sua origine nella terminologia di Kolmogorov di capacità o capienza di una figura geometrica. Si consideri la figura 2.2. Ciascun segmento dell'insieme E1 può essere coperto da quattro cerchi di diametro d come mostrato in figura 2.10 (si potrebbero anche usare dei quadrati di lato d come il nome del metodo rievoca). La stessa operazione sia eseguita sull'insieme E2, E3, ecc. Si verificherà che il numero n(d) di cerchi necessari di diametro d per coprire tutto il segmento cresce in modo esponenziale al diminuire del diametro dei cerchi (o al diminuire del fattore di scala) secondo la relazione:
(2.5)
che, usando i logaritmi, può essere trasformata nella seguente:
(2.6)
Da questa si può quindi derivare che, con riferimento alla curva di Kock, servono quattro cerchi di diametro 1/3; dunque log(4)/log(3) = 1,2618…. Con lo stesso procedimento si trovano la dimensione frattale dell'insieme di Cantor (log(2)/log(3)=0,6309…) e del triangolo di Sierpinski (log(3)/log(2)=1,5849…). Questo metodo di calcolo della dimensione frattale è utilizzabile solo per una limitata classe d'insiemi frattali strettamente autosomiglianti e simmetrici. Tuttavia esistono altre definizioni di dimensione che si prestano ad una più ampia applicazione. Una di queste è la dimensione di Hausdorff.
Figura 2.10 - Determinazione della dimensione frattale della curva di Kock.
La dimensione di Hausdorff
Secondo la definizione di Mandelbrot, un insieme F si dice frattale se la sua dimensione di Hausdorff, h(F), è strettamente maggiore della sua dimensione topologica.
La dimensione topologica DT è sempre rappresentata da un numero naturale intero non superiore a tre. È la dimensione comunemente intesa anche come euclidea. Per un punto DT = 0, per una linea DT = 1, per il piano DT = 2 e per lo spazio tridimensionale DT = 3. Questa dimensione, per gli oggetti frattali, non coincide con la dimensione euclidea DE. Si possono quindi avere tre classi di dimensione rilevanti nello studio dei frattali (Mandelbrot, 1983): dimensione euclidea DE, topologica DT e frattale DF. Sia F un sottoinsieme di uno spazio metrico e sia d > 0. La dimensione esterna d-dimensionale md(F) è definita come:
(2.7)
ove l'estremo inferiore è calcolato su tutti gli insiemi finiti Si che coprono F tali che diam Si≤ r, dato r > 0. Secondo la scelta del valore di d, md(F) Nel 1919 Hausdorff ha dimostrato che in corrispondenza di un ben definito valore di d, d*, md(F), passa a valori finiti al crescere di d. Ciò porta alla seguente definizione:
(2.8)
Intuitivamente h(F) misura la crescita del numero d'insiemi di raggio r necessari per coprire F al tendere di r a zero.
Sia n(r) il numero di cerchi di raggio r necessari per coprire la figura frattale F. Se n(r) cresce secondo la legge r-D per r che tende a zero, si dirà che D è la dimensione di Hausdorff di F. In molti casi la dimensione di Hausdorff e la Box-dimension giungono allo stesso risultato.
In base a questa definizione si può dire che l'insieme di Cantor (figura 2.1) è un frattale poiché la sua dimensione (DF = 0,6309…) è strettamente superiore alla sua dimensione topologica DT = 0. Infatti, si è detto che l'insieme di Cantor è composto da un numero infinito di punti disconnessi tra loro e la dimensione di un punto e nulla, però giace su una retta (che si potrebbe definire l'ambiente di partenza) la cui dimensione euclidea è DE = 1.
La dimensione topologica del triangolo di Sierpinski (figura 2.3) è pari a uno. Per comprendere questo risultato si pensi a ciò che rimane del triangolo di partenza quando il processo di eliminazione del triangolo interno a ciascun triangolo, è iterato all'infinito. Ciò che rimane è un intreccio di rette che formano il perimetro dei triangoli. La dimensione di una retta è, infatti, uno. Anche la dimensione topologica della Curva di Kock è unitaria (figura 2.2). Questa è continua (e non differenziabile) e di lunghezza infinita. Se si potesse stirare la curva si otterrebbe di nuovo una retta continua di dimensione uno.
Generalmente la dimensione frattale è un numero frazionario (irrazionale), ma può essere anche un numero intero. È il caso del tracciato nel piano lasciato dal moto browniano (figura 2.8) che ha una dimensione frattale intera. È un frattale perché la sua dimensione DF = 2 è strettamente superiore a quella topologica. Vale quanto detto per la curva di Kock.
Giancarlo Fabbro
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