Il comportamento delle banche italiane è notevolmente variegato, la maggior parte, sta rincorrendo la banca virtuale. Alcune inseriscono nel budget decine di miliardi per realizzarla nel più breve tempo possibile, altre danno più importanza alle alleanze tecnologiche, altre ancora si concentrano sul commercio elettronico. [30] Molti istituti hanno cominciato a utilizzare l'architettura della rete come uno strumento di lavoro. Tuttavia, per molte banche, Internet è un must, una moda di cui oggi non si può fare a meno e sono relativamente poche quelle che attribuiscono alla rete la giusta importanza strategica, sapendola valutare correttamente in tutti i suoi aspetti. Bisogna chiedersi però se le banche sono in grado di sostenere i costi della virtualità. Gli istituti di tutto il mondo destinano da anni una cospicua parte delle loro disponibilità per spese in information technology (IT).
La tecnologia costa moltissimo. Ogni grande banca internazionale investe annualmente in IT cifre nell'ordine delle centinaia di milioni di dollari. Le banche italiane, dal canto loro, vedono quote crescenti del proprio cash flow assorbite dalle spese in informatica, che presso molte aziende di credito sono ogni anno pari a quasi due terzi dell'utile netto generato. Ciò nonostante, le banche del nostro paese non sono all'avanguardia. Il giudizio sulle spese in IT delle banche italiane è negativo [31] . Per molti anni il settore finanziario ha generalmente sottostimato l'importanza dell' IT , ha trascurato sistemi davvero efficaci e ha sottoutilizzato gli strumenti disponibili. Gli investimenti in informatica sono stati in molti casi condotti senza pianificazione né una reale attenzione al rapporto costi/benefici, e al di fuori dai necessari schemi di monitoraggio. Secondo dati Assinform [32] riferiti al 1998, le banche italiane hanno speso in I.T. 5.750 miliardi di lire, il 11.7% in più dell'anno precedente. Si tratta di cifre esigue rispetto a quanto investono le banche francesi, inglesi, tedesche o americane; a parità di dimensione, una banca francese o inglese ha costi di gestione dell'informatica che sono due o tre volte superiori a quelli delle banche italiane.
La situazione di redditività e di onerosità della struttura delle banche italiane, non semplifica certo il panorama : le banche italiane, caratterizzate negli ultimi anni da esigui margini di redditività e da costi in crescita, incontrano difficoltà nell'investimento di somme ingenti in IT. L'indubbio sforzo economico sostenuto dalle banche italiane per l'espansione della struttura distributiva tradizionale, ha sicuramente compresso ulteriormente le disponibilità per spese in IT. Risulta difficile valutare la propensione e la soddisfazione attuale del cliente italiano riguardo i nuovi canali virtuali. Tuttavia, ricerche come quella di Yahoo! sui navigatori italiani, [33] dimostrano che l'Italia, pur rimanendo arretrata rispetto ad altri paesi Europei e non, sta adattandosi a questa nuova realtà. Esempio concreto è la crescita esplosiva di Directa, una sim che offre trading on line e che da gennaio 1999 ha una crescita mensile del 20%. Gran parte degli utenti non possiede né le conoscenze informatiche , né le competenze finanziarie o bancarie per gestire in autonomia la propria liquidità ed i propri investimenti e, quindi, si trova a dipendere dal servizio e dalla consulenza della banca.
La spesa per l' information tecnology non è di per sè un indicatore sufficiente a valutare il livello di effettiva innovazione delle banche, in quanto spesso gli alti costi non portano i vantaggi sperati in termini di efficacia e di efficienza. Il processo di informatizzazione, non ha condotto le banche italiane a conseguire sostanziali miglioramenti di produttività e di efficienza operativa, in quanto la logica prevalente è stata quella di un orientamento all'innovazione tecnologica come strumento di meccanizzazione e automazione dei flussi produttivi, finalizzato a recuperi di efficienza ed al conseguimento di economie di costi legate alla scala degli investimenti. Le banche sono state incapaci di sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia informatica e telematica, perché poco stimolate dalle pressioni del contesto competitivo e in assenza di politiche aggressive delle aziende produttrici di hardware e software, che non hanno favorito la maturazione di un approccio più sistemico all'utilizzo dell'IT.
La scarsa propensione ad un utilizzo innovativo delle opportunità tecnologiche offerte è attribuibile alla carente sensibilità delle direzioni ed alle competenze di coloro che operano nella funzione EDP delle banche o di centri esterni, qualora si ricorra all 'outsourcing . Il nostro sistema bancario ha investito in tecnologia essenzialmente per fini di qualità dei servizi. Uno dei motivi principali di questo fenomeno è la rigidità del mercato del lavoro. Il risultato è che oggi il settore si trova con investimenti in tecnologia che non hanno generato quei risparmi di costi e quegli aumenti di ricavi che avrebbero potuto generare e che hanno effettivamente generato in altri paesi. Nel nostro Paese, manca quasi del tutto la consuetudine all'acquisto a distanza, per corrispondenza o per telefono; il contatto diretto con l'interlocutore rappresenta, pertanto, il mezzo di rassicurazione più potente per l'utente italiano abituato ad un rapporto visivo e personale.
La principale funzione attribuita alla banca virtuale appare esser il controllo della situazione contabile da lontano: ricevere informazioni e controllare il conto da casa. Nonostante alcune esperienze estere ben funzionanti siano ben conosciute nel nostro Paese, molti aspetti restano oscuri e controversi. In Italia ci sono una serie di ostacoli che frenano lo sviluppo della banca virtuale. Un primo ostacolo è il fattore sicurezza (Fig4.10); si tratta di un fattore di grande incidenza nel nostro Paese anche a causa dello scarso utilizzo degli strumenti alternativi al contante che non hanno abituato il cliente alle modalità di interazione technology oriented e determinano, pertanto, una scarsa confidenza e dimestichezza nell'utilizzo dei nuovi mezzi. [34]
Fig: 4.10 Ostacoli all'utilizzo di Internet nella realtà italiana
Fonte: Rapporto IDC Italia 1998, "La banca su Internet"
In Italia è preferito l'impiego del contante e degli assegni per accessibilità e facilità d'uso, anche se considerati poco sicuri. Le carte di pagamento, al contrario, sono reputate uno strumento di uso occasionale in quanto il loro utilizzo è molto influenzato dalla sensazione di non riuscire a tenere sotto controllo la spesa. Il fattore sicurezza è ancora il punto nodale per l'utente italiano; a questo proposito la ricerca di Filotto del 1998, sintetizzata nella Fig:4.11 mostra che esiste una netta preferenza per la presenza di uno o più codici di accesso; vi è tuttavia un'ulteriore richiesta, quella di essere richiamati dalla banca per la conferma dell'operazione. Il cliente chiede, quindi, un riavvicinamento e la ricostruzione di un rapporto personalizzato. Questo conferma l'ipotesi che per l'utente italiano la relazione personale è sempre importante, e nell'immaginario collettivo, questa dimensione risulta assente nei canali virtuali.
Fig: 4.11 Quali delle seguenti iniziative potrebbero renderla più sicuro nel fare operazioni?
Fonte: Umberto Filotto , La banca del domani,1998, op.cit
Le banche dovranno modellare le loro strategie e politiche di marketing facendo molta attenzione a questo aspetto. Il Grafico 4.12 indica come ulteriore ostacolo la rigidità dell'organizzazione bancaria, fattore che incide pesantemente sulla scelta della banca di optare per canali alternativi. Abbiamo già considerato la riduzione del margine di interesse rispetto ai costi operativi delle banche italiane nel corso degli anni; in questo contesto le banche hanno bisogno di incrementare la propria redditività.
Ciò che emerge, inoltre, è che le banche non hanno voluto incidere sugli usi e sulle abitudini comportamentali dei clienti. A questo punto la questione che interessa capire è il motivo che spinge le banche a non promuovere lo sviluppo dei canali alternativi, o a farlo in modo modesto. Sembrerebbe che l'obiettivo delle banche italiane sia quello di conquistare i clienti per mezzo dei nuovi canali distributivi, ma una volta catturato il cliente, la fase successiva consiste nel condurlo all'interno dell'agenzia (dove la banca consegue maggiori guadagni). Un altro ostacolo alla realizzazione della banca virtuale è la scarsa abitudine degli italiani a comprare su catalogo. In Italia sono molto diffusi gli acquisti per televisione, ma gli affezionati non sentono il bisogno di miglioramenti di questo sistema: decidono l'acquisto, fanno l'ordine via telefono, prendono l'appuntamento per la consegna e pagano alla consegna. Un telecomando adatto e un lettore di carte a microprocessore potrebbe chiudere il cerchio del commercio via televisore. Le banche italiane hanno difficoltà nel definire il target della clientela che accede ai servizi telematici.
Pochi, degli istituti presenti in rete, hanno un sistema per valutare l'affluenza nel proprio sito [35] da parte dell'utenza Internet e quasi nessuno è in grado di individuare la tipologia dei visitatori. Un altro freno alla diffusione dei servizi virtuali, è la scarsa alfabetizzazione informatica degli italiani, che implica chiaramente come sia necessario effettuare un processo di educazione tra la clientela che sarà tanto più lungo e faticoso tanto più complesse saranno le interazioni e i relativi linguaggi. Uno dei motivi alla base dei risultati inferiori alle aspettative risiede nel fatto che i servizi di banca elettronica sono essenzialmente tecnology driven , anziché market driven, cioè non nascono da esigenze specifiche del mercato cui si rivolgono, ma dalle possibilità offerte dalla tecnologia. E. Dainesi, nella sua indagine [36] sul " net banking " dimostra che le banche si concentrano sulla varietà dei servizi offerti via Internet, senza preoccuparsi di come e su cosa si "aggregano" le esigenze della propria clientela on line .
Gli istituti cercano di offrire tutto, nella speranza che "qualcosa" tra la vasta offerta possa essere apprezzata dall'utente bancario telematico. Dalla stessa ricerca, risulta che il cliente non ha interesse a navigare in uno sterminato mare di pagine web, ma vuole poter operare con volontà ed efficienza, oltretutto su alcuni ma non tutti i servizi dispositivi offerti on line . Inoltre il cliente trova ancora poche opportunità di usare Internet come un vero e proprio tool per dare disposizioni alla propria banca e, nella maggior parte dei casi, non apprezza l'utilizzo di software proprietari che richiedono costi aggiuntivi senza trasmettere i relativi benefici. L'attività di marketing svolta sul web è ancora percepita come insufficiente, spesso il cliente non si sente seguito, né ritiene di avere la possibilità di interagire con la propria banca in tempo reale, trovando una scarsa attenzione a tutte le esigenze indotte che accompagnano la domanda di uno specifico servizio. [37]
Per utilizzare completamente tutte le funzioni innovative che la rete offre, bisogna innanzi tutto, coltivare la cultura di Internet e diffonderla il più possibile. Ad esempio, quando una banca iniziera' a "coniare" danaro virtuale spendibile in propri negozi? I buoni pasto, non potrebbero essere digitalizzati e spesi via web ? Certi benefit potrebbero sicuramente venire erogati in questo modo. I manager dovrebbero usare la rete giornalmente, mettersi nei panni dell'utente e capire i propri bisogni come utenti per poter poi trasformare queste esigenze in strategia e pagine web. Manca profondamente una conoscenza pratica tra le persone che dovrebbero operare con la clientela. [38] Quando un cliente ha a disposizione un modo innovativo di visualizzazione del conto, lo stesso modo deve essere disponibile anche in agenzia da parte di chi lo cura, ma cosa comporterebbe questo alle grosse banche? Nuove linee telefoniche, aggiornamenti software, education degli impiegati, controlli sull'uso "indiscriminato" di Internet, ecc. Alcune banche danno in outsourcing il loro sito, fatto che potrebbe dimostrare le scarse competenze della banca, o il fatto di non considerare nella giusta ottica strategica il canale virtuale.
Attualmente numerosi articoli e interventi trattano il problema della diversificazione dei servizi bancari, dalle assicurazioni al leasing, comprendendo la gestione di fondi e patrimoni. Bisogna però capire se Internet, o la realtà italiana, è già sufficientemente matura per entrare in questo contesto. Talvolta la volontà delle banche italiane sembra sia di proseguire sulla strada della distribuzione tradizionale, mostrando una valutazione non positiva, o diffidente nei confronti dei nuovi canali distributivi. Infatti, per il trading on line, probabilmente il servizio più "avanzato" dei canali virtuali, solo Banca Sella e alcune Sim, lo hanno inserito in un preciso progetto evolutivo; le altre banche che lo propongono devono le loro scelte a dirigenti che prima hanno sperimentato il servizio in proprio, e poi l'hanno proposto alle rispettive aziende. Solitamente, per decidere di quale banca servirsi, ci si affida ai pareri di amici e conoscenti. Per scegliere con cognizione di causa la banca nella quale aver fiducia, in America esistono dei siti che offrono una certa visibilità pluribanca.
Se ci serve un servizio [39] , si possono trovare su una sola pagina web le condizioni praticate dalle diverse banche per confrontarle e poi scegliere, in assoluta libertà, la "nostra" banca. Da noi la situazione è un po' diversa. Da più di cinque anni, per legge, abbiamo i fogli analitici delle condizioni in tutti gli sportelli ma solamente in due o tre siti bancari. Sicuramente le informazioni contenute sono molto generali, ma potrebbero essere rese più dettagliate per chi le legge. Basterebbe aggiungere alle varie condizioni, oltre al parametro minimo e massimo, la condizione che normalmente viene praticata. Con un servizio del genere, ognuno potrebbe avere un confronto obiettivo sul costo e sul ricavo dei servizi e dei prodotti bancari.
Da tutte queste premesse è difficile prevedere come potrà essere la banca virtuale in Italia. Dalle esperienze e dagli sbagli fatti si potrebbe pensare di definire la banca virtuale italiana come un dosato mix tra servizi multimediali (divisi tra web, telefono e Tv, fino al momento in cui sarà tutt'uno) ed una presenza quasi capillare sul territorio. [40] Per attuare quanto detto, ci si scontrerebbe con problemi di diverso genere: nel caso le banche vendessero contemporaneamente un numero rilevante di sportelli, probabilmente non ci sarebbero richieste di acquisto sufficienti; inoltre per il personale si porrebbe il problema degli esuberi e della sua riqualifica. Trasferire sempre più operazioni sui canali virtuali significa farne sempre meno su quelli tradizionali; quindi bisognerebbe ridefinire molte funzioni. L'innovazione porta per definizione ad una perdita di posti di lavoro, che però viene compensata da nuove professionalità, anche per il settore bancario. Un altro problema è la parificazione della posta elettronica ad un qualsiasi altro canale di posta in arrivo della banca, con una particolarità : deve sempre essere considerata urgente. In caso di ritardi non ci si può più appellare alla scarsa produttività delle Poste Italiane , ma solo ad una inefficienza organizzativa.
Da uno o più punti di ingresso, l'e-mail deve poter raggiungere rapidamente il destinatario, il quale deve possedere le conoscenze ed i mezzi per rispondere in modo esauriente e veloce. Risulta indispensabile, quindi, l'istruzione di massa del personale, l'eventuale adeguamento delle strutture tecnologiche ed informatiche, la revisione delle normative interne, il tutto supportato da una pianificazione strategica adeguata, emanata dai vertici di ogni istituto. Le varie aziende che hanno un sito Internet, lo propongono principalmente a nuova clientela. Le banche italiane sembra che lo facciano più per un'esigenza di mostrarlo ai propri clienti: da questa constatazione si può dedurre l'importanza che è data al "semplice" home-banking . L'evoluzione significa proporre servizi nuovi dedicati ai non clienti. Con l'avvento del mercato unico europeo, e nella più generale globalizzazione del mercato, oltre all'opportunità di trovare nuova clientela fuori dagli attuali confini, c'è sempre la possibilità di un contatto inverso, cioè che le banche estere, specialmente quelle più aggressive, contattino e si accaparrino la nostra clientela più interessante. [41] Il colosso francese Paribas, ha aperto da settembre 1999, E-Cortal [42] , una banca virtuale che effettua trading on line sulle borse di Milano, Francoforte, Parigi, Amsterdam, Madrid, Londra, New York, Zurigo e al Nasdaq.
Solo Fineco [43] , tra i pochi operatori on line italiani, offre la possibilità di operare sulle borse di Francoforte, Parigi e al Nasdaq. Con una penetrazione casalinga dei personal computer stimata dal 8 al 13% e con una popolazione su Internet (sempre stimata) di 2,5 milioni di utenti (5% della popolazione), la conclusione viene da sé: non è ancora conveniente investire in una banca virtuale perfetta. Tuttavia, quando ci saranno i numeri per sostenere che è conveniente farlo, sarà troppo tardi, altri avranno già monopolizzato il mercato. Gli strumenti utili per la soluzione del "caso Italia" sembrano essere:
? la realizzazione di servizi utili su Internet;
? la sensibilizzazione dei potenziali clienti sulle opportunità in rete;
? definire una offerta competitiva non basata necessariamente su modelli nord americani;
? attenzione a fattori che non è opportuno tralasciare e che vengono di seguito analizzati.
Prima di tutto, è necessario garantire la sicurezza delle transazioni economiche e la riservatezza così da assicurare la tranquillità dell'utente nell'affidare i suoi dati. Questo può essere garantito dal ricorso alla criptografia e dal completo e corretto superamento di diversi controlli. Un ulteriore punto debole è costituito dai costi troppo elevati che i clienti devono sostenere nel nostro paese per usufruire di questo canale. A tale proposito si evidenziano tre ordini di costi:
1. spese di impianto per l'acquisto delle apparecchiature necessarie alla connessione telematica, [44]
2. spese di trasmissione dovute all'utilizzo delle linee Telecom;
3. canoni mensili per l'accesso al servizio, soprattutto se basato su software proprietario.
Le banche potrebbero contribuire all'aumento della competitività dei costi consentendo al cliente la disponibilità delle apparecchiature necessarie per il collegamento a condizioni di favore temporaneo o attraverso la compressione dei dati per ridurre al massimo i tempi di trasmissione e quindi l'utilizzo della linea telefonica. [45]
[30] Miran Pecenik, La banca elettronica potrebbe diventare virtuale?, www. wmtools.com/nb/
[31] Ettore Pietrabissa, Gli scenari di evoluzione del rapporto tra banche e I.T., op. cit. pag.72
[32] Dati Assinform ripresi nell'articolo "Investire sul cliente" di Stefano Casini, Azienda Banca, settembre 1999
[33] Yahoo!, I surfer italiani, primo Internet tracking study sui navigatori italiani, op. cit
[33] Micaela quaresima, La banca virtuale, università di Macerata, anno accademico 1998-1999
[35] i cosi detti: Contatori
[36] Indagine net banking, in: Emanuele Dainesi, Internet il nuovo media commerciale, op.cit
[37] Emanuele Dainesi, Internet il nuovo media commerciale, Area Net Banking, Web Marketing Tools www.wmtools.com/nb/approfondimenti
[38] "Per capirci, ognuna delle ventiquattromila dipendenze bancarie italiane dovrebbe avere, oltre al centralinista, anche un responsabile web". Miran Pecenik, La banca elettronica potrebbe diventare virtuale? op.cit.
[39] mutuo o anche più semplicemente un conto corrente. Miran Pecenik, La banca elettronica potrebbe diventare virtuale? op.cit
[40] Miran Pcenik, La banca elettronica potrebbe diventare virtuale? op.cit
[41] Miran Pecenik, la banca elettronica potrebbe diventare virtuale?, op.cit
[42] Per ulteriori informazioni , si rimanda al capitolo 6.
[43] A settembre 1999
[44] ad esempio: personal computer, modem, stampanti.
[45] Simona Lavizzari, I servizi della banca telematica per professionisti e medie imprese, W.M.Tools, novembre 1998
Dott. Pietro Favè
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