L'IA nasce negli anni Cinquanta, come risultato della comprensione delle possibilità di elaborazione inerenti al calcolatore digitale di A. Turing e J. von Neumann. Era abbastanza chiaro fin da subito, infatti, che l'elaboratore non era di per sé confinato all'elaborazione di dati numerici, ma poteva elaborare dati di qualsiasi tipo, opportunamente codificati.
L'espressione 'Artificial Intelligence' è stata utilizzata per la prima volta in ambito scientifico da John McCarthy durante il convegno tenutosi a Darmouth nel 1956 [46]. In tale conferenza, si è mostrato che le macchine possono eseguire compiti la cui soluzione è considerata segno di intelligenza, come giocare a scacchi o dimostrare teoremi; nello stesso anno, a Boston, si è tenuta un'altra conferenza in cui diversi studiosi di differenti discipline erano concordi nel proporre un modello della mente basato sulla postulazione di processi interni che elaborano simboli o informazioni: è questo il momento di nascita della 'psicologia cognitiva', o 'cognitivismo', che si colloca alla base dei moderni studi sull'intelligenza artificiale.
In particolare, la versione del cognitivismo incentrata sull'analogia mente-computer viene designata Human Information Processing (HIP). All'interno di tale paradigma, la mente è concepita come un'entità che filtra, seleziona, riorganizza e trasforma i dati che le provengono dall'esterno attraverso operazioni di tipo computazionale. I primi modelli di funzionamento mentale suggeriti in questo ambito negli anni Sessanta sono contraddistinti da un'elaborazione di tipo 'seriale' delle informazioni [47] e dalla collocazione finale, nel processo di elaborazione, delle fasi di selezione. Il limite di tali modelli è che possiedono una capacità limitata di elaborazione dell'informazione, ma hanno il merito di essere molto semplici.
Tuttavia, non essendosi sempre rivelati validi, negli anni Settanta iniziano a nascere i modelli in parallelo [48]: in questi ultimi, l'elaborazione delle informazioni avviene contemporaneamente lungo canali in comunicazione tra di loro e le operazioni di selezione si trovano nelle prime fasi del processo. Essi possiedono una capacità illimitata di elaborazione, la possibilità di interazione tra i vari livelli dell'elaborazione dell'informazione e la possibilità di fare uso di strategie alternative. Alcuni studiosi ritengono che l'architettura dei processi del cervello si basi essenzialmente sul parallelismo dei neuroni, tra cui è distribuita l'elaborazione dell'informazione.
La mente strutturerebbe 'blocchi' d'informazione a partire dai dati percettivi immediati, la cui configurazione globale risulta in modo distribuito dall'attività parallela delle sue unità di elaborazione; il cervello funziona ad una molteplicità di livelli che lavorano anche contemporaneamente, per questo diversi teorici hanno pensato che potesse essere riprodotto da un calcolatore con un'architettura in parallelo. Vi sono tre modelli di elaborazione parallela [49]: il modello vettoriale, il modello connessionista e il modello multiagente; le reti neurali costituiscono un esempio di tali modelli. Esse sono state utilizzate da un'altra area di ricerca fondamentale dell'Intelligenza Artificiale, il 'connessionismo'.
Esso sostiene che per ottenere un comportamento intelligente da parte di una macchina occorre riprodurre o, almeno, simulare il funzionamento del cervello a livello cellulare; per fare ciò il connessionismo fa ricorso appunto alle reti neurali. Vedremo più avanti in cosa consiste esattamente questo settore di ricerca, ora ritorniamo all'inizio e vediamo quali sono stati i primi programmi creati e studiati dall IA.
[46] Per la precisione, già nel 1952 M. Minsky aveva parlato di 'intelligenza artificiale' nella sua tesi presentata per il dottorato di Matematica presso l'Università di Princeton.
[47] Questo significa che l'informazione, prima di accedere ad uno stadio successivo, deve essere stata completamente elaborata nello stadio precedente. Per le loro caratteristiche, questi modelli sono definiti modelli "ad oleodotto".
[48] Essi sono definiti anche modelli "a cascata".
[49] Cfr. O. Bettelli, Modelli computazionali della mente, Carabba, Lanciano 2002, p. 41.
Pubblicazione del prof. Matteo Fini e della prof. Paola Milani
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