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Sviluppi dell'Intelligenza Artificiale

1 Introduzione

Questo capitolo è essenzialmente suddiviso in tre parti. La prima presenta due posizioni filosofiche antitetiche, ciascuna delle quali conduce ad una diversità di approccio, e quindi di risoluzione, ai problemi sollevati dall'Intelligenza Artificiale.

Da una parte, troviamo il funzionalista [1] Daniel C. Dennett, il quale, partendo da una particolare concezione dell'intenzionalità e della coscienza [2], giunge ad un'adesione e ad un'apologia dei programmi sostenuti dall'IA; dall'altra, si muove John R. Searle, con la teoria del "naturalismo biologico" [3] e la convinzione che gli stati mentali siano solo parzialmente riducibili a stati fisici.

La seconda parte del capitolo mostra invece l'evoluzione degli studi nel campo dell'IA, dedicando particolare attenzione ai più recenti sviluppi, agli scopi della ricerca ed alle aspettative per il futuro.

In quest'ottica, il capitolo si chiude con una disamina delle più recenti tendenze nell'ambito dello studio della mente, sottolineando come si stia rendendo necessario - per giungere davvero alla creazione di una 'macchina che pensa'- affiancare all'Intelligenza Artificiale una nuova disciplina: la Coscienza Artificiale.


[1] In filosofia, con il termine "funzionalismo" si intende la dottrina secondo cui gli eventi o stati mentali (credenza, desiderio, volizione, ecc.) sarebbero qualificati da funzioni, ossia da ruoli operazionali, anziché da una specifica costituzione materiale. In altre parole, "gli stati mentali sono individuati dalle loro relazioni funzionali con gli altri stati mentali, con gli input sensoriali e con gli output comportamentali" (cfr. M. Di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente", Carocci, Roma 2002, p.94). Il funzionalismo fa parte di una più ampia corrente, definita "materialismo", che cerca di spiegare i processi mentali deprivandoli della componente soggettiva ("qualia") e riducendoli a processi fisici. E' importante, in questa sede, accennare anche al "funzionalismo computazionale", che confluisce poi nell'IA. Tale teoria aggiunge al funzionalismo l'idea che la mente non è altro che un programma per calcolatore, e che il pensiero consiste solo nel manipolare simboli, inseriti in una rete funzionale che può essere spiegata in termini computazionali.

[2] In generale, con il termine di "intenzionalità" si intende il riferirsi di un atto o stato mentale ad un determinato oggetto intenzionale, ovvero la connessione che l'atto o lo stato ha con un certo oggetto, indipendentemente dal sussistere o meno di questo oggetto nella realtà esterna. In altre parole, l'"essere intenzionali" è una proprietà di alcuni stati mentali di essere diretti verso, o relativi a, individui o stati di cose. Questa caratteristica, la direzionalità, indica dunque che tali stati mentali hanno un contenuto, ciò verso cui si direzionano. Si possono quindi "definire intenzionali gli stati mentali con un contenuto" (cfr. S. Gozzano, Storia e teorie dell'intenzionalità, Laterza, Bari 1997, p. VIII). Per esempio, se si crede che domani pioverà, lo stato mentale di credenza è diretto verso il fatto che domani pioverà, e quest'ultimo è il contenuto (significato) dello stato intenzionale. Il concetto di coscienza, nel senso di consapevolezza di sé e degli oggetti ai quali essa si rivolge, è strettamente legato a quello di intenzionalità. A partire da Husserl e dalla fenomenologia, infatti, l'aspetto per cui la coscienza è sempre 'coscienza di qualcosa', ossia ha necessariamente un oggetto quale termine di riferimento, è definito come la sua 'intenzionalità'.

[3] E' la teoria, introdotta da Searle, secondo cui la coscienza, e i fenomeni ad essa legati (intenzionalità, soggettività, intelligenza, ecc.), è un fenomeno biologico come qualsiasi altro. Esso si basa su due assunti:

    - la coscienza, compresa la sua soggettività, è causata da processi nel cervello;

    - gli stati mentali coscienti (intenzionali e non) sono essi stessi caratteristiche di livello superiore del cervello.

Ecco perché Searle, come vedremo nei prossimi paragrafi, sostiene che 'la mente sia causata dal cervello'.

Pubblicazione del prof. Matteo Fini e della prof. Paola Milani

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