Il dibattito sulla efficienza dei mercati è supportato da molti studi e ricerche il cui scopo è determinare se i diversi mercati sono effettivamente efficienti e in quale misura. Molti studi si sono concentrati sull' analisi tecnica usata per illustrare l'evoluzione dei prezzi e dei volumi registrati sul mercato oggetto d'interesse. L'esistenza degli analisti tecnici sembra essere una sfida alle teorie dell'EMH. Infatti se fossero pienamente valide le teorie dei mercati efficienti, come visto, non avrebbe nessun senso prevedere le dinamiche future dei prezzi sulla base di quelle passate.
Vari risultati degli studi degli efficientisti sembrano non confermare l'efficacia delle strategie adottate dagli analisti tecnici. Tuttavia i ricercatori hanno documentato delle anomalie tecniche che offrono loro ancora delle speranze di validità, benché i costi di transazione possano ridurre o eliminare ogni vantaggio. Tali anomalie sembrano contraddire però l'EMH. Non mancano delle posizioni estreme contro l'analisi tecnica come quella espressa da Malkiel B.G. (1991) il quale afferma che: "la proposizione centrale della rappresentazione grafica è assolutamente falsa. Gli investitori che seguono i suoi precetti non fanno altro che accrescere i costi di mediazione a loro carico".
Oppure affermazioni come quella di Gross W.H. (1997) che asserisce: "gli analisti tecnici sono gli stregoni del mondo degli affari. Decifrando i movimenti dei prezzi e i cambiamenti nei volumi di contrattazione, questi maghi Merlino credono di prevedere il futuro". La ricerca di inefficienze nei mercati significa cercare delle opportunità da sfruttate per ottenere dei risultati migliori di quelli ottenibili con una strategia passiva di tipo buy-and-hold [4]. Teoricamente, una volta che un'anomalia è stata scoperta, il tentativo degli investitori di approfittarne, causerebbe la sua eliminazione. Infatti alcune anomalie documentate sono sistematicamente svanite o hanno dimostrato di non poter essere sfruttabili a causa dei costi di transazione.
Il paradosso dei mercati efficienti è che se ogni operatore credesse che il mercato fosse effettivamente efficiente, allora il mercato non sarebbe affatto efficiente poiché nessuno avrebbe motivo di misurare il valore delle attività negoziate. In effetti un mercato efficiente dipende dalla presenza di partecipanti che credono che il mercato sia inefficiente e compravendono nel tentativo di ottenere rendimenti migliori di quelli medi di mercato. In realtà si potrebbe dire che i mercati non sono né perfettamente efficienti né completamente inefficienti. Tutti i mercati presentano un certo grado di efficienza che cambia da mercato a mercato.
Nei mercati dove si manifesta una sostanziale diminuzione dell'efficienza, i soggetti con maggiori informazioni sono facilitati nell'ottenimento di risultati migliori rispetto a coloro che ignorano tali informazioni. I mercati dei titoli di Stato sono portati come esempio di mercati con maggiore efficienza. Molte ricerche considerano i mercati ad alta capitalizzazione più efficienti di quelli poco capitalizzati. I mercati immobiliari, e in generale quelli in cui non vi è un basso grado di fluidità nelle contrattazioni, sono considerati meno efficienti a causa del fatto che i diversi partecipanti dispongono di informazioni diverse quantitativamente e qualitativamente. La discussione sull'efficienza dei mercati riveste un ruolo importante nell'avvalorare la decisione di assumere un atteggiamento passivo o attivo nel modo di investire.
Coloro che privilegiano una scelta attiva argomentano che un mercato poco efficiente offre maggiori opportunità ai gestori capaci. Tuttavia si fa osservare come la maggiore presenza di soggetti che operano secondo logiche attive di gestione dei propri portafogli, nel lungo temine possono portare a risultati che non raggiungono i benchmark di quel specifico mercato indipendentemente dall’efficienza o meno dello stesso. Questo si spiegherebbe con il fatto che una gestione attiva è un tipo di gioco a "somma nulla" cioè il solo modo per un soggetto di ottenere dei profitti positivi è che ve ne sia un altro che riporta risultati negativi (Treynor J. 1981)
Mentre i proponenti dell'EMH non credono nella possibilità di battere il mercato, alcuni ritengono che le attività possono essere distinte in più categorie in funzione dei fattori di rischio che le caratterizzano cui corrisponderebbero maggiori o minori rendimenti. Per esempio titoli di piccole medie imprese sarebbero più rischiosi e quindi più redditizi. Similmente attività con un elevato tasso di book value [5] sarebbero più rischiose di quelle che presentano lo stesso indice più contenuto.
Messi a confronto con la conclusione, cui giungono gli efficientisti, che essi non possono aggiungere alcun valore, i sostenitori della gestione attiva dei portafogli ribattono che i mercati non sono efficienti altrimenti il loro lavoro sarebbe pura speculazione. Gli intermediari, sembra abbiano un atteggiamento ambivalente nei confronti dell'EMH poiché essi trarrebbero profitto proprio fornendo informazioni a quegli investitori che credono nel valore di tali notizie in particolare quando non si sono ancora sufficientemente diffuse tra il pubblico. Se le informazioni fossero rapidamente assorbite dai prezzi non ci sarebbe ragione per cercare (e comprare) notizie riguardanti titoli e mercati.
4 Si tratta di una semplice metodologia di investimento che si realizza mediante l’acquisto di azioni con il fine di rivenderle solamente dopo un intervallo di tempo molto lungo, evitando di venderle nei periodi in cui il prezzo è in ribasso.
5 In analisi finanziaria è il valore netto per titolo degli investimenti ottenuto sottraendo al totale delle attività le immobilizzazioni immateriali, le passività correnti e i titoli azionari privilegiati o a reddito fisso, e dividendo il valore ricavato per il numero di obbligazioni o di azioni, secondo lo scopo della valutazione.
Giancarlo Fabbro
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