La settimana che ha preceduto l’importante appuntamento elettorale di oggi negli USA, ci ha portato due eventi su cui imperniare la nostra riflessione. Il primo, di tipo economico, è la ulteriore conferma del rallentamento del ritmo di crescita dell’ecnomia americana, testimoniato dalla prima stima sul PIL del 3° trimestre, abbondantemente sotto il tasso di crescita del 4% ed inferiore alle previsioni sia degli esperti che di Greenspan.
Il dato non è stato politicamente favorevole a Bush perché, piuttosto che fugare, conferma le perplessità sulla sostenibilità futura della crescita economica americana. Non è certamente d’aiuto nel breve termine l’inizio della manovra restrittiva intrapreso dalle autorità cinesi, che hanno alzato il tasso sui prestiti in valuta locale per la prima volta da 10 anni. Tale aumento, che non resterà isolato, vuole frenare il ritmo di crescita cinese, minacciato nella sua sostenibilità di lungo periodo dagli eccessi di questi anni, che hanno prodotto considerevoli squilibri. La decisione dovrebbe avere denefici effetti a lungo termine, ma nell’immediato causerà una contrazione della crescita cinese e contribuirà al rallentamento dell’economia mondiale, anche se avrà effetti benefici sui prezzi delle materie prime.
Il secondo evento, da me evocato sull’ultimo commento settimanale, è stata l’apparizione di Bin Laden sulla scena della campagna elettorale americana. Il famoso terrorista ha scelto di intervenire non con una bomba ma con un’apparizione in video, dopo 13 mesi dalla precedente, e la sua manifestazione ha preso la scena dei mass media.
Il video di Bin Laden è stato ampiamente sviscerato di giornali e televisioni, per cui ne risparmio la descrizione. Qualche conclusione va comunque tratta. Innanzitutto mette fine alle illazioni che Bush avrebbe catturato il terrorista e l’avrebbe comunicato in campagna elettorale. Inoltre credo che sia riuscito nel paradosso di confermare pienamente le ragioni di Kerry favorendo nel contempo la vittoria di Bush.
Il fatto che Bin Laden sia apparso in buone condizioni, col piglio del politico consumato che si appella direttamente al popolo americano, oltre a mettere a segno un ottimo colpo d’immagine sulle popolazioni arabe e tirare su il morale delle sue truppe di terroristi sparsi per il mondo, ha dimostrato quanto siano fondate le accuse di Kerry alla conduzione della guerra al terrorismo. Dopo tre anni di guerre, costate morti, soldi e divisioni con gli alleati, il nemico resta saldamente in sella e si permette anche il lusso di fare un comizio (che tuttavia è sempre meglio di un attentato, almeno per il risparmio di vite umane). L’immagine rilassata e minacciosa dello sceicco è parsa ben diversa da quella di un uomo braccato ed in procinto di essere catturato, confermando così il fallimento degli sforzi di Bush.
Ma proprio l’arroganza del terrorista è diventata una carta vincente per Bush e la sua campagna elettorale fondata sulla paura del terrorismo e la necessità di “concludere il lavoro” intrapreso dai soldati americani.
L’aver usato nel suo “messaggio” alcuni argomenti della campagna elettorale di Kerry ha immediatamente depotenziato e reso inutilizzabili tali argomentazioni politiche. Ne è prova lo sbandamento (ulteriore!) che ha subito il timido Kerry nei giorni seguenti il video.
Alla titubanza dello sfidante ha fatto da contraltare una rinnovata baldanza di Bush, che ha potuto assorbire le notizie economiche grazie all’aiuto di Bin Laden, che ha riportato il fantasma dell’11 settembre nelle case degli americani, stimolandoli a stringersi ancora attorno al loro Presidente.
Quello americano è un popolo molto patriota ed assai orgoglioso. L’orgoglio americano è quel sentimento che riesce a far compiere a questo popolo le imprese più disperate e le reazioni più eroiche, ma è anche a volte un velo che annebia la capacità di ragionare. Il riflesso condizionato di molti americani indecisi, nel vedere Bin Laden sarà stato quello di confermare l’attuale Presidente, per non gettare la spugna e permettergli di portare a termine la sua guerra contro Bin Laden.
Scrivo quando gli americani stanno per recarsi a votare. Come sempre questo appuntamento elettorale per le sorti del mondo è assai più importante di ogni altro. I sondaggi dicono che c’è molta incertezza.
Io penso che vincerà Bush, che ancora una volta ha avuto in Bin Laden un alleato per il suo successo personale. Mi chiedo se il terrorista sia cosciente di questo fatto. Pare inverosimile che una mente colta ed informata come quella dello sceicco integralista non si renda conto che la sua uscita ha favorito il suo acerrimo nemico. O forse è proprio quel che desidera. Chi non sa fare altro che combattere ha bisogno di un nemico per sopravvivere. E Bush è un ottimo nemico. Vuole anch’egli combattere, ma non è capace.
FOCUS MACROECONOMICO
La settimana scorsa ha confermato il rallentamento della crescita americana con un dato sul PIL americano inferiore alle attese. Il 3° trimestre, nella prima stima ufficiale, ha registrato un aumento del PIL del 3,7%, contro le previsioni degli esperti che si aspettavano almeno un 4%. E’ vero che, come tutte le stime preliminari, il dato potrebbe essere soggetto a revisione, però ci tocca prendere atto, al momento, che la crescita americana sembra rallentare, come ci avevano anticipati gli indicatori macro dei mesi estivi. Riguardo a dati più freschi, quelli usciti in settimana sono stati tutti abbastanza negativi, con il terzo calo consecutivo dell’indice di Fiducia dei consumatori, che si posiziona così ai minimi da diversi mesi, ed il rimbalzo degli ordini di beni durevoli inferiore al previsto. Migliori delle attese sono risultati soltanto il PMI di Chicago ed il mercato immobiliare, che continua a beneficiare (fino a quando?) dei bassi tassi di interesse.
Dalla Cina è pervenuta la notizia del primo rialzo dei tassi sui prestiti locali (il loro tasso ufficiale), che rivela sicuramente l’intenzione di intraprendere un sentiero di crescita più contenuto. La notizia non è da sottovalutare, specie se la frenata proseguirà nei prossimi mesi, dati i riflessi che potrebbe avere sulle economie dell’area e sull’intera economia mondiale, e sui prezzi delle materie prime, che in questi mesi sono aumentati sembra proprio a causa dell’eccessiva crescita cinese.
Questa settimana sarà dominata dal voto americano, che condizionerà i mercati assai più dei dati economici.
Tuttavia il dato di venerdì sul mercato del lavoro si impone per importanza e provocherà certamente una reazione dei mercati.
Pierluigi Gerbino
Next: 08 Novembre 2004
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