Il trading on line muove quasi 400 miliardi di dollari negli Stati Uniti, cifra che equivale a un terzo del trading effettuato dagli investitori privati e al 26% per quelli istituzionali, tanto che da qualcuno è visto come una possibile minaccia di cannibalizzazione per i canali tradizionali. Nel primo trimestre 1999 il fenomeno è cresciuto del 47% sul periodo precedente, che aveva fatto registrare un aumento del 34 %, tuttavia nel secondo trimestre, il volume degli scambi on line è aumentato solo dell'8-10%,mentre la crescita normale dovrebbe essere attorno al 15% [13]. Se il trading on line rallenta la sua corsa ci saranno impatti negativi sui titoli Internet, in quanto i due elementi sono strettamente collegati, perché gli investitori che operano con broker on line impegnano in media il 40% del loro portafoglio azionario su titoli Internet; e se il valore delle azioni legate alla rete diminuisce e gli investitori vendono, i trader virtuali ne risentono immediatamente. Sono gli acquisti che creano il volume, non tanto le vendite; anche perché non si vende tutto lo stock per intero, ma solo una parte. Per il trading , le proiezioni Credit Suisse First Boston [14] parlano di tremila miliardi di dollari di asset entro il 2003, obbiettivo raggiungibile ma con maggiori difficoltà del previsto, puntando sempre più su mercati esteri, come quello europeo, molto sfaccettato e complesso. Già nel primo trimestre 1998 Schwab, uno tra i maggiori broker statunitensi, ha fatto transitare sulla rete il 48% delle sue transazioni azionarie, con una crescita del 50% rispetto all'anno precedente. Il broker americano ha avuto una crescita del fatturato del 25% con l'ulteriore vantaggio di immagine, di crescere praticando commissioni estremamente basse via Internet. Probabilmente in America hanno capito che le microtransazioni sono la nuova leva su cui puntare e stanno applicando questo concetto anche al mondo finanziario. L'aspetto più evidente è quello delle tariffe. Secondo Weiss ratings [15] un investitore può risparmiare via Internet fino al 77% sulla commissione dovuta per una transazione media. Ovviamente, deve possedere un feeling con un canale che può risultare impersonale e sottoposto a problemi tecnici che a volte ritardano l'esecuzione degli ordini. I broker tradizionali, rimangono esclusi dal mondo dei wired investors , proponendosi ancora con commissioni esose, se paragonate a quelle dei nuovi broker digitali [16]. In ciò sta il successo, almeno in parte, di società come Schwab, Ameritrade, Datek, Dij, Suretrade, Accutrade [17], che riescono a trattare in rete perfino futures , pensioni private e fondi comuni nazionali ed esteri. In Francia, i brokers specializzati sono al momento solo una trentina (di cui la metà relativa a importanti istituzioni bancarie e di brokeraggio), mentre la clientela che era attorno a 20mila persone nel '98, potrebbe arrivare a 50-70mila per fine anno. Le transazioni tramite web sono, dunque, ancora agli albori. Il fenomeno sta comunque gradualmente prendendo piede, insieme al contemporaneo espandersi di Internet che non è ancora uno strumento a larga diffusione, tenuto conto probabilmente del fatto che il Paese è la patria del Minitel che può essere considerato come l'antesignano dell'attuale rete elettronica. Le potenzialità sono più che confortanti e le transazioni azionarie via web stanno facendo sempre più accoliti, grazie ai costi più contenuti, ma anche al fatto che via Internet il mercato si allarga automaticamente da quello domestico a quello mondiale. Secondo una recente proiezione [18], nel 2000 dovrebbero essere 300mila i risparmiatori francesi calamitati dalle transazioni via Internet, per arrivare a superare il tetto del milione nel 2002, e tutte le principali istituzioni francesi hanno varato strutture ad hoc per non essere esclusi da questo mercato, sulla scia dell'ingresso in Francia dei grandi operatori stranieri, di matrice statunitense. Istituzioni bancarie come Paribas (con Cortal), ma anche Société Generale (con Fimatex), le banche popolari (con Bourse Direct) e Crédit Agricole (con Cpr), sono tutte presenti in questo nuovo business con un numero di clienti che va da un minimo di qualche migliaio a un massimo di circa 10mila.
Anche in Asia il trading on line sta diventando una realtà veramente importante. Caso eclatante, quello della Corea: gli analisti prevedono che entro la fine dell'anno più del 30 % degli acquisti di azioni transiterà via Internet.
[13] www.ilsole24ore.it/_finanzaemercati/trading/usa.htm
[14] riportate in: Laura La Posta, Sorpresa il trading frena, Il Sole 24 ore, 5 agosto 99
[15] società che monitora 16mila operatori finanziari Usa.
[16] In media $ 240 per lo stesso numero di azioni trattate. Fonte: Dainesi e., Orso o Toro? Grazie, io sono uno squalo, Web Marketing Tools, www.wmtools.com/nb/approfondimenti/ 01_03.htm
[17]Schwab applica commissioni di $29.95, Ameritrade di $ 8, Datek di $ 9.99 Dij di $ 20, Suretrade di $ 7.95 , e Accutrade commissioni a partire da $ 29.95
[18]Michele Calcaterra A Parigi boom nel 2000, Il Sole 24 Ore,6 agosto 1999
Dott. Pietro Favè
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