La teoria ha quindi definito (almeno a livello di base) un consenso sulle categorie di riferimento. Il rischio degli investimenti è distinto in rischio globale (total risk) e in rischio sistematico non diversificabile (nondiversifiable risk); il rischio globale viene misurato con la deviazione standard dei rendimenti, il rischio non diversificabile dal coefficiente "beta" della regressione dei rendimenti del portafoglio sui rendimenti di un benchmark o del mercato. La misura di performance è definita come rapporto tra una misura di rendimento e una misura di rischio.
È impossibile dal punto di vista logico scegliere una misura di performance come standard unico, poiché ciascuna misura è adeguata a uno scopo particolare e orientata da un particolare punto di vista; perciò sembra ragionevole utilizzare "indici" (le cosiddette "one-parameter performance measures") che l'uso e la diffusione, nella prassi operativa e sulla stampa specializzata, hanno consacrato come standard: l'indice di Sharpe, l'indice di Treynor, l'indice di Jensen .
Si tratta di una serie di indicatori denominati misure di risk-adjusted performance (RAP), i quali sintetizzano in un indice sia una misura di rendimento sia una di rischio.
La particolarità di queste misure è dunque quella di fornire una misura di rendimento rettificata per il livello di rischio che è stato assunto per ottenere tale risultato. Tale opera di rettifica avviene rapportando il rendimento del fondo alla sua rischiosità.
Attraverso l'utilizzo delle misure RAP il confronto tra i vari prodotti risulta semplificato, dato che tutta l'informazione necessaria a valutare in base al trade-off rendimento-rischio il fondo di investimento è racchiusa in un numero. Il fondo con la misura RAP più elevata risulta il migliore, dato che si è collocato sulla migliore posizione nell'ambito della relazione esistente tra rendimento e rischio.
Dott. Luigi Salvatore Picariello
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