Il calcolo del rendimento è solo una delle fasi della procedura di valutazione della performance degli investimenti. Nella prassi gestionale, il processo di valutazione è profondamente cambiato negli ultimi decenni; rifondato sulla moderna teoria del portafoglio, da semplice calcolo di rendimento è diventato una complessa "misurazione congiunta" di rischio e di rendimento .
Anche a livello normativo il rischio ha assunto un'importanza sempre maggiore quale elemento di trasparenza ed informativa sulle caratteristiche dei prodotti finanziari, nell'ambito di un corretto processo di comunicazione tra operatore e cliente. La delibera Consob n. 10943 del 30 settembre 1997 non si limita ad imporre l'obbligo, per l'intermediario, di chiedere all'investitore la sua propensione al rischio (art. 5, comma 1, lett. a), ma ribadisce che "gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento" (art.5, comma 2). Viene inoltre introdotto l'obbligo di consegnare agli investitori il "documento sui rischi generali degli investimenti" (art.5, comma 1, let.c). Relativamente ai fondi comuni, sia il Regolamento di gestione che il Prospetto informativo illustrano i principali fattori di rischio che l'investimento comporta.
La valutazione del rischio di un investimento finanziario non è così immediata come può sembrare ad una prima analisi. È intuitivo definire il rischio come la probabilità che il rendimento futuro di un investimento risulti, ex-post, minore di quello atteso, ma non è altrettanto semplice quantificare una misura adatta allo scopo. Il rischio di un fondo d'investimento (che si può percepire con immediatezza rilevando, quotidianamente, il valore delle quote) è concepibile come l'incertezza legata alla realizzazione di un dato rendimento e l'incertezza è generalmente collegata al concetto di variabilità o volatilità.
La standard deviation (o deviazione standard o scarto quadratico medio) misura tale variabilità o volatilità dei rendimenti conseguiti dal fondo durante il periodo di riferimento (evaluation period), fornendo un'indicazione sulla dispersione dei risultati prodotti intorno al rendimento medio aritmetico. E' indicata in genere con s e si calcola con la seguente espressione:
dove:
R è il rendimento medio del fondo durante l'evaluation period;
R i è il rendimento dei sottoperiodi i = 1, 2, ., n;
n indica il numero di sottoperiodi all'interno dell'evaluation period .
Il radicando dell'espressione sopra riportata viene denominato varianza, si indica in genere con o² , e spesso è utilizzato come misura di rischio in modo analogo alla deviazione standard .
Accanto alla tradizionale misura della volatilità dei rendimenti è possibile utilizzare misure che tengano conto della diversa percezione da parte dell'investitore delle variazioni negative rispetto a quelle positive. In questa ottica si colloca la downside deviation, la quale considera come rilevanti solo i rendimenti inferiori ad un determinato tasso obiettivo, che possiamo indicare con r*. Analiticamente si ha:
Una terza possibilità è costituita dal cosiddetto "indicatore di shortfall", vale a dire della frequenza con cui i rendimenti scendono al di sotto di una certa soglia. Tale definizione ignora l'ammontare della perdita per concentrarsi sulla probabilità di avere un rendimento inferiore ad un certo obiettivo.
La moderna teoria del portafoglio sostiene che il rischio maggiormente rilevante che deve essere considerato e per il quale l'investitore viene compensato non è quello complessivo, misurato tramite la standard deviation, ma quello sistematico o di mercato, rappresentato dal coefficiente denominato beta, che evidenzia la sensibilità del fondo rispetto ai movimenti di mercato.
Il rischio sistematico costituisce quella parte di rischio non diversificabile di un portafoglio e quindi rappresenta la componente di rischiosità che un potenziale sottoscrittore di un fondo comune dovrebbe maggiormente considerare, dato che uno dei fattori che rendono preferibile un fondo rispetto ad altre attività finanziarie è proprio la riduzione del rischio ottenibile attraverso la diversificazione. Il beta viene utilizzato per misurare la sensibilità dei rendimenti di un asset (titolo o fondo) in relazione al mercato (o ad un benchmark) e viene espresso dalla seguente formula:
nella quale:
s PK,M rappresenta la covarianza tra i rendimenti del fondo e i rendimenti del mercato;
s² M costituisce la varianza dei rendimenti del mercato.
Come si è detto può anche essere calcolato un beta nei confronti non del mercato ma di un appropriato benchmark. In tal caso si dovrà utilizzare una misura della covarianza tra i rendimenti del fondo e del benchmark e una della varianza del benchmark. Analogamente a quanto avviene con la deviazione standard, maggiore risulta il beta di un fondo maggiore è il rischio sopportato.
Dott. Luigi Salvatore Picariello
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