Le commissioni possono essere classificate secondo le seguenti tipologie:
-- commissioni di sottoscrizione: rappresentano i costi di entrata nel fondo e sono normalmente commisurate all'ammontare lordo delle sottoscrizioni, con una percentuale fissa o, più spesso, decrescente all'aumentare della somma investita; l'ulteriore differenziazione per tipologia (commissione più bassa per i fondi di liquidità e via via crescente per obbligazionari, bilanciati ed azionari) trae origine dalla maggiore complessità nella gestione dei portafogli e dal maggior contenuto consulenziale di cui godrebbe l'aderente all'aumentare del livello di rischio del prodotto;
-- commissioni di switch (poco diffuse), pagate dal sottoscrittore che intenda traslare il patrimonio (o parte di esso) investito in un fondo ad un altro fondo, gestito della medesima società ;
-- commissioni di rimborso: vengono applicate solo nei primi anni, decrescendo nel tempo fino ad annullarsi, costituendo, così, uno strumento di fidelizzazione del sottoscrittore; sono tuttavia sempre di più le società che offrono prodotti "no load", cioè senza commissioni di entrata e di uscita, ad eccezione di un diritto fisso a titolo di rimborso spese (dell'ordine di 10 o 15 euro);
-- commissioni di gestione (o management fees): costituiscono la remunerazione del gestore, e vengono calcolate normalmente sulla base di una percentuale (annua) rapportata giornalmente al valore complessivo netto del fondo;
-- commissioni di incentivo : si tratta di una remunerazione aggiuntiva a favore della società di gestione, dovuta nel caso in cui il risultato periodico superi un parametro di riferimento.
Soffermandoci su quest'ultimo elemento, oggetto di accese discussioni, in linea teorica potrebbe trattarsi del più equo criterio di remunerazione, soprattutto per un gestore che si definisca attivo; senza contare che lo stimolo a "fare bene" che ne deriva si traduce in un vantaggio per i sottoscrittori .
Le modalità di applicazione, tuttavia, prestano il fianco a numerose critiche, di seguito sintetizzate. In primo luogo, quando applicata in aggiunta alla commissione di gestione, la commissione di performance finisce per esserne un duplicato, in quanto anche la prima aumenta nell'entità al crescere del rendimento del fondo: essa è, infatti, commisurata al patrimonio che, per effetto della performance, vede incrementarsi il proprio valore. Inoltre, applicare la commissione in presenza di overperformance senza prevederne il rimborso in caso contrario può far sì che sull'investitore gravino oneri maggiori rispetto a quelli sopportati da chi ha sottoscritto un prodotto con analogo rendimento di lungo periodo, ma diversamente distribuito nel tempo.
Ancora: il parametro, che non necessariamente coincide con il benchmark, è accusato di essere talvolta poco significativo in relazione alla tipologia di investimento o troppo facile da battere. Infine, le modalità di determinazione non uniformi e la scelta (affidata al gestore) del periodo di riferimento , finiscono per essere elementi di scarsa trasparenza, che vanno ad aggiungersi alla natura intrinsecamente imprevedibile di tale elemento di costo per l'investitore.
Dott. Luigi Salvatore Picariello
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