Il benchmark è in primo luogo uno strumento di informazione sulla struttura del portafoglio detenuto in media dal fondo comune, ed offre l'opportunità di una comunicazione oggettiva e trasparente tra chi gestisce ed offre il fondo ed il risparmiatore, poiché individua il profilo di rischio e le opportunità del mercato in cui tipicamente il fondo investe, assumendo il ruolo di linea guida e riferimento rispetto a tutto il processo di investimento.
L'indicazione del benchmark rafforza il rapporto fiduciario che è alla base della gestione del risparmio e permette un dialogo efficace tra l'investitore ed il professionista che lo affianca, in quanto assicura che la composizione del portafoglio rispecchi determinati criteri. Tanto nelle gestioni individuali quanto in quelle collettive l'utilizzo di indicatori di rischio/performance consente, inoltre, di valutare l'operato del gestore. Il benchmark, come strumento di confronto tra il risultato della gestione ed un parametro di riferimento ad hoc, nasce in ambito statunitense , dove la trasparenza nell'informazione finanziaria è sempre stata considerata un elemento imprescindibile. In Italia, il Testo Unico ha prescritto l'utilizzo di questi indicatori sia per le gestioni patrimoniali individuali sia per i fondi comuni di investimento e le SICAV.
Proprio i Lavori preparatori al TUIF permettono di cogliere, in sintesi, gli obiettivi del legislatore mediante l'introduzione di tale strumento. Il benchmark:
1) identifica il prodotto: si sintetizza in modo rigoroso ciò che altrimenti è poco definito;
2) misura la bravura del gestore ("performance attribution") che non può più fare riferimento al parametro "più comodo" per il confronto;
3) evidenzia il contributo dell'asset allocation;
4) facilita i controlli dell'Autorità in materia di rispetto della parità di trattamento degli investitori: l'armonia (i rendimenti devono essere simili, a meno dell'effetto diversificazione) dei risultati sulle singole componenti di portafoglio è facilmente verificabile;
5) incentiva i gestori a cambiare lo "stile di gestione": più asset allocation e stock selection, meno market timing;
6) rende difficile l'uso di commissioni di performance "distorte", del tipo indice dei prezzi al consumo;
7) favorisce una maggiore concentrazione dell'industria: il gestore debole non ha coraggio di fare scelte forti contro il benchmark e tende ad "appiattirsi" su di esso;
8) offre un punto di riferimento ex-ante per l'indicazione degli obiettivi del cliente e dunque delle strategie relative; si tratta di una fase indispensabile per fornire al gestore le linee guida essenziali (in questo senso è anche il modo per seguire la regola fondamentale del "know your customer");
9) rappresenta uno strumento di marketing che consente al gestore di evidenziare di quanto "si allontani" dalla media di mercato e/o di prodotto.
Dott. Luigi Salvatore Picariello
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