Home > Doc > La realta' inventata... > Creatività del processo evolutivo

La realtà inventata...non dalla psicologia ma dalla. fisica!

Creatività del processo evolutivo

Ma che dire di forme completamente nuove? Esse non possiedono alcuna forma preesistente. Sheldrake lascia aperto questo problema perché lo vede situato oltre il campo d'indagine della scienza naturale, nel regno della metafisica. Riflette però sulla facoltà del nuovo e dell'originale di manifestarsi in natura, e riconosce l'influenza sul suo pensiero del filosofo francese Henri Bergson, famoso per la sua fede nell'élan vital, una forza vitale originaria che guidava gli esseri viventi nel loro sviluppo storico.

Come osserva Sheldrake: Bergson... fu molto acuto nel sostenere la genuina creatività del processo evolutivo. Egli ribadì continuamente che le nostre menti hanno la tendenza a negare la creatività, perché non possiamo spiegarla. Essa implica il completamento nuovo, l'originale. Perciò preferiamo dire che la creatività non è creatività affatto ma semplicemente l'espressione di qualcosa di «archetipico», già esistente in forma latente. Questo nega la vera creatività. E' come dire che ogni cosa viene originata in anticipo e che l'evoluzione è come lo srotolamento di un lungo tappeto: esso semplicemente viene svolto nel tempo.

E che cosa dire delle origini prime, l'origine dell'universo?
Da dove proviene?

Sheldrake risponde: L'universo in sé [ha] un'origine e sia la creatività all'interno dell'universo sia l'universo stesso richiedono una spiegazione. Essi possono solo essere motivati in termini di qualcosa che è al di sopra e al di là dell'universo, in tal senso trascendente. Ciò corrisponderebbe alle tradizionali concezioni teistiche della creazione, che presupporrebbero un Dio che è al di là, al di sopra e nella natura... Questa è la mia stessa concezione.

Uno dei più grandi punti di corrispondenza fra l'ipotesi della causazione normativa e la mente non localizzata è il processo in due sensi che collega fra loro passato e presente. Il passato in un certo senso è il presente, perché il presente dà forma al passato alimentandosene in modo retroattivo modificando i campi morfogeni preesistenti. Ogni evento aggiunge l'effetto della propria venuta in essere al campo morfogeno con cui risuona, oppure dà inizio a un nuovo campo, in ciascun caso persistendo nel futuro.

Ora, quando cominciamo ad applicare il linguaggio psicologico e parliamo di pensieri, anziché di eventi materiali come lo sviluppo degli embrioni, è possibile immaginare lo stesso processo. C'è un processo in due sensi che collega fra loro presente e passato: pensieri passati influiscono su pensieri presenti mediante i campi morfogeni, e pensieri presenti si aggiungono ai campi o li modificano. Il presente non viene in essere soltanto per morire; viene preservato in un'invisibile registrazione morfogena che in seguito apporta un contributo a eventi futuri.

In questo modo i pensieri vengono nuovamente immessi nell'universo, in una sorta di banca cosmica della memoria, secondo l'espressione di Sheldrake. E' possibile pensare a una sorta di Mente Universale che prende forma.

Ciò richiama alla mente queste parole dell'astronomo-fisico inglese Sir James Jeans: "I concetti che oggi si dimostrano fondamentali per la nostra comprensione della natura... appaiono alla mia mente come strutture di puro pensiero... l'universo comincia ad apparire più come un grande pensiero che come una grande macchina".

Questa visione dell'universo suggerisce che esso trabocchi di pensiero, sia vivo di mente e coscienza. Questa concezione prepara la scena per la mente non localizzata: una mente non limitata dallo spazio e dal tempo, non confinata ai cervelli e ai corpi di singole persone.

Sheldrake si è affrettato a ricordare che molte tradizioni hanno contemplato la nozione di una mente cosmica, e tra queste il buddismo Mahayana con la sua idea di ala ' yavijnana, o magazzino della coscienza. Secondo i teosofi esiste un processo analogo: il registro akashico; in base a questa concezione, tutto ciò che accade, fisico o mentale, è codificato in dimensioni di spazio e tempo, dove funziona come una banca dati per il karma, un'idea presente anche nel buddismo tibetano.

L'ipotesi della causazione normativa si basa su qualcosa di più di semplici congetture? La teoria della morfogenesi ha dietro di sé una lunga storia nelle scienze biologiche. Le lunghe storie non hanno valore di prova, ma se non altro dimostrano che l'idea non è stata creata ieri e quindi può meritare uno sguardo più attento. Il fatto è che Alexander Gurwitsch e Paul Weiss svilupparono il concetto fondamentale dei campi morfogenetici negli anni Venti. Anche il famoso biologo C.H. Waddington riprese il tema, ma giudicò i campi morfogeni una semplice «comodità descrittiva», qualcosa in grado di dare un'idea approssimativa delle interazioni chimiche che avvengono negli esseri viventi.

Gran parte delle obiezioni rivolte alle ipotesi di Sheldrake si appuntano sulla loro implicazione che caratteristiche acquisite possano essere ereditate, un'idea in genere attribuita al naturalista dell'inizio del diciannovesimo secolo Jean Baptiste Lamarck.

Il lamarckismo è dogmaticamente negato dalla biologia moderna. Una pianta, per esempio, che cresce rattrappita in un ambiente sfavorevole non produrrà piante similmente rattrappite; se uno scimpanzé impara una certa capacità questa non può essere trasmessa alle generazioni successive. Il codice genetico non può essere cambiato da simili circostanze esterne, indipendentemente dal fatto che invece si modifichino caratteristiche esterne dell'organismo come forma, aspetto, facoltà o conoscenza: così dice la biologia moderna.

Stefano Calamita

Successivo:Gli esperimenti di William Mc Dougall

Sommario: Indice