Le concezioni di Bohm si spingono oltre l'unificazione della coscienza; esse portano anche alla conclusione dell'immortalità della mente. La «dimora» della mente, come di tutte le cose, è l'ordine implicito. A questo livello, sede fondamentale dell'intero universo manifesto, non esiste un tempo lineare. Il regno implicito è atemporale; i movimenti non si susseguono l'uno dopo l'altro come grani di una collana. così Bohm conclude: "In ultima analisi tutti i momenti sono in realtà uno solo,... perciò ogni attimo è l'eternità... ogni cosa, me compreso, muore e rivive in ogni istante nell'eternità".
I punti di contatto fra le concezioni di Bohm e quelle di Schródinger sono impressionanti. Anche Schródinger affermò che la vita è uno svolgersi atemporale nel momento presente. In perfetto accordo con Bohm disse: «Ogni giorno essa (la Madre Terra) ti genera, non una sola volta ma migliaia e migliaia di volte, così come ogni giorno ti avviluppa. Poiché eternamente e sempre esiste soltanto l'adesso, l'unico e sempre uguale adesso; il presente è l'unica entità che non ha fine».
Le teorie di Bohm sull'unificazione delle coscienze fanno parte di una tradizione in seno alla fisica moderna che comprende, come abbiamo visto, alcuni dei più stimati scienziati della nostra epoca. Le loro tesi danno credito all'idea di una mente autenticamente non localizzata: una mente che non è limitata dallo spazio e dal tempo, una mente che non è confinata a cervelli o corpi, una mente che alla fine è Una anziché singola e individuale, e una mente immortale.
Ma torniamo ancora alla ghianda della quercia gigantesca: perché ha quella forma?
La forma: da dove proviene? Che cosa spiega la forma delle cose più in generale?
Anticamente questi interrogativi suscitavano un senso di timore reverenziale e meraviglia, ma negli ultimi tempi molto del mistero della forma è svanito. I biologi molecolari ci assicurano che le forme degli esseri viventi sono controllate dal DNA, le molecole direttrici che contengono le informazioni in base alle quali l'intero organismo può essere costruito. Da quando è stato scoperto, da James Watson e Francis Crick, il DNA è stato considerato come il programma completo di ogni organismo vivente.
Che cosa, allora, controlla le forme di oggetti non viventi come i cristalli, le rocce o l'argilla?
Queste materie non possiedono DNA, quindi devono intervenire altri fattori, come le forze atomiche interne alle molecole descrivibili dai fisici moderni. Nei cristalli di quarzo, forze subatomiche interne fanno sì che certi angoli di connessione si formino all'interno degli atomi e delle molecole costituenti e tra di esse. Queste forme contribuiscono non solo alla configurazione interna ma anche alla forma esterna del cristallo. Tutte le molecole, sia negli esseri viventi sia nelle cose inanimate, sono configurate da queste forze.
Le configurazioni interne, forse più di quelle esterne, spiegano il modo di «comportarsi» di queste sostanze nel mondo.
Per esempio, non basta che un amminoacido sia composto di un certo numero di atomi di azoto, idrogeno e ossigeno, è anche necessario che le molecole di amminoacido abbiano la giusta forma, altrimenti il corpo non può usarle. Anche le molecole dei farmaci devono avere la giusta conformazione, altrimenti possono risultare del tutto inefficaci. Il farmaco Ldopa, risolutivo per molti pazienti affetti da morbo di Parkinson, è una di queste molecole.
La molecola a forma di D ha una formula chimica identica a quella a forma di L, cioè risulta composta dagli stessi atomi, nelle stesse percentuali; tuttavia, è inefficace a causa della sua diversa forma e, a causa della sua conformazione, non può adattarsi ai siti ricettori del tessuto su cui è necessario che agisca. Come una chiave storta, la molecola a forma di D non può far girare la serratura per mettere in moto certi processi fisici.
La vita, in poche parole, non può essere compresa senza tenere conto della forma. Che cosa modella una foglia, l'intero albero su cui cresce, la forma del millepiedi che si ciba della foglia, gli uccelli che nidificano nel suo fogliame? Platone suggerì che esistano forme ideali, situate in un mondo di perfezione, da cui gli oggetti del mondo visibile traggono le loro forme. Questo mondo ideale è invisibile ma è onnipotente, modellando come uno scultore invisibile la finale comparsa di tutte le cose.
Gli scienziati che lavorano sul mondo microscopico (per esempio un biologo che dedica l'intera vita allo studio dei neurotrasmettitori chimici nel sistema nervoso di una particolare specie di lumaca) non si curano in genere della forma degli organismi su cui lavorano. Ciò che per loro è rilevante sono la chimica e la fisiologia dei loro soggetti di studio e tali dati possono essere compresi non concentrandosi sulle forme esterne ma scavando sempre più a fondo, con un indefesso e scrupoloso lavoro di analisi.
Invece gli scienziati che studiano organismi nel loro insieme non sono interessati all'analisi, alla dissezione e, a quanto pare, sono diventati più sensibili agli inquietanti interrogativi sulla forma: da dove proviene, e che cosa controlla?
Uno di questi scienziati fu Hans Driesch, un biologo tedesco che sul finire del diciannovesimo secolo apportò contributi fondamentali all'embriologia. Driesch concluse, in base ai suoi studi sui ricci di mare, che le forme degli organismi viventi, la loro rigenerazione e regolazione subiscono l'influenza di un fattore non fisico che chiamò entelechia. Driesch e la sua entelechia furono però snobbati, perché la scienza non vede di buon occhio entità non fisiche.
Secondo un dogma assoluto del pensiero occidentale, una causa deve assomigliare al suo effetto. Perciò non è assolutamente possibile che un'entelechia immateriale possa esercitare una qualche influenza su un oggetto fisico e determinarne la forma. L'idea delle entelechie, quindi, non ottenne mai il minimo credito nel mondo scientifico.
Tuttavia, malgrado l'antipatia di molti scienziati per entelechie, forze guida o forme ideali ed eterne, il problema della forma è rimasto un problema centrale in biologia. Nessuno sa perché, per esempio, una cellula maturi in una cellula di foglia e un'altra in una cellula di gambo, quando entrambe appartengono alla stessa pianta e hanno un DNA identico, o perché in un particolare essere umano una cellula diventi una cellula epiteliale e un'altra una cellula epatica quando il DNA di ciascuna è lo stesso. La spiegazione ortodossa è che il segreto dev'essere cercato nelle complesse interazioni fra le cellule, controllate e regolate da un codice DNA; un giorno questo segreto verrà svelato.
Stefano Calamita
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