Riepilogando, la visione di Margenau è nella tradizione dei fisici Schródinger e Bohm. Il conflitto fra la scienza e l'eterna ricerca spirituale dell'umanità risiede nel fatto che la scienza non è stata spinta abbastanza lontano. Se le nostre interpretazioni del mondo fisico sono di corto respiro, come nella visione classica del mondo, noi vediamo noi stessi in un quadro parcellizzato che va alla deriva, verso una fine nel tempo. Se invece seguiamo le implicazioni della visione moderna dell'universo, possiamo nonostante tutto affermare le perenni intuizioni dei nostri più grandi visionari: noi siamo eterni, infiniti e Uno.
Un "UNO" immortale che contiene il tutto!
E' questo concettualmente possibile?
Vediamo di scoprirlo.
La parte contiene il tutto: molti esempi di questa asserzione ci circondano!
Una quercia gigantesca che produce una ghianda in cui si trovano tutte le informazioni per replicarsi; la quercia successiva, che ripropone lo stesso modo di produrre le proprie ghiande per replicare se stessa e così via, all'infinito. Il modello di ciascun essere umano, prestabilito nei geni dello sperma e delle ovaie, informazioni miniaturizzate e contratte incapsulate nella parte, eppure sufficienti a ricostruire l'intero.
L'idea che la parte contenga l'insieme è antica, ma nell'epoca moderna ha ricevuto una legittimazione scientifica. Questa affermazione è così audace che verrebbe senz'altro liquidata come destituita di ogni fondamento se non fosse per la statura scientifica del suo principale assertore, David Bohm. Già collaboratore di Einstein, Bohm professore, di fisica teoretica al Birkbeck College dell'Università di Londra, rimane uno dei più eminenti fisici teoretici.
Bohm sostiene, che le informazioni dell'intero universo sono contenute in ciascuna delle sue parti. Egli afferma che esiste in fotografia uno stupefacente esempio di questo principio: l'ologramma (letteralmente «messaggio globale»). Si tratta di un'immagine costruita in modo particolare che, illuminata da un raggio laser, sembra fantasmagoricamente sospesa nello spazio tridimensionale. La caratteristica più incredibile di un ologramma è che ciascuna sua parte, se illuminata da una luce coerente, fornisce un'immagine dell'intero ologramma. Le informazioni circa l'intero sono contenute nella parte. Questo principio, afferma Bohm, si estende all'universo in generale.
Dato che Bohm ricorre di frequente all'analogia dell'ologramma, forniremo una breve descrizione del processo. La teoria matematica su cui si basa fu sviluppata inizialmente negli anni Quaranta da un premio Nobel, il fisico Dennis Gabor. Quando all'inizio Gabor propose la teoria, gli ologrammi non potevano essere costruiti, bisognò aspettare per questo l'invenzione del laser venti anni dopo.
Gli ologrammi sono creati mediante una sorta di fotografia senza lenti. E' necessaria una luce coerente con onde approssimativamente della stessa frequenza, viaggianti in fase e nella stessa direzione. Questa luce, prodotta da un raggio laser, viene fatta passare attraverso uno specchio per metà argentato che permette a una parte della luce di passare direttamente a una lastra fotografica. Questo è il raggio di riferimento. Lo specchio riflette la porzione rimanente della luce verso l'oggetto che dev'essere olografato. L'oggetto riflette la luce verso la lastra che registra, ma le sue irregolarità di superficie, forma e colore disturbano la coerenza della luce.
Così, quando il raggio oggetto raggiunge la lastra, il suo schema di vibrazione non collima più con il raggio di riferimento. Le onde frontali dei due raggi interagiscono o interferiscono fra loro, e lo schema composito d'interferenza è ciò che la lastra fotografica registra come ologramma.
Emerge ora la caratteristica veramente unica degli ologrammi.
Diversamente da un negativo fotografico o da una diapositiva, nessuna immagine è visibile sulla lastra sviluppata. Ma quando un raggio di luce coerente viene fatto passare attraverso la lastra, un osservatore sul lato opposto della stessa vede una sbalorditiva «immagine» tridimensionale dell'oggetto originario, sospesa nello spazio. E se ciascun pezzo dell'ologramma viene illuminato con luce coerente avviene lo stesso fenomeno. Più piccolo è il pezzo, più l'immagine diventa dettagliata; ma l'intera rappresentazione dell'oggetto originario è contenuta in ciascuna porzione dell'ologramma.
Bohm ipotizza che l'universo sia costruito sugli stessi principi dell'ologramma, e adduce a sostegno della sua teoria concetti tratti dalla fisica moderna. Nella moderna visione della fisica il mondo non è composto da frammenti individuali, ma è visto come un complesso indivisibile di modello, processo e interrelazione.
L'aspetto del mondo che comunemente percepiamo è formato tuttavia da parti isolate, che ci appaiono sconnesse e prive di relazione tra loro. Eppure per Bohm questo è un'illusione e una distorsione dell'unicità e dell'unità che stanno alla base di tutto e che sono una qualità intrinseca del mondo.
Questa unità, afferma Bohm, «abbraccia» l'universo. espressione di un ordine implicito: cioè, come dice Bohm, un ordine «implicito» di onde elettromagnetiche, onde sonore, raggi elettronici e numerose altre forme di movimento che Bohm definisce «olomovimento».
Gli scienziati, naturalmente, selezionano certe sfaccettature dell'olomovimento per studiarle: elettroni, protoni, suono, e così via,... ma, più generalmente, tutte le forme dell'olomovimento si fondono e sono inseparabili. Così, nella sua totalità, l'olomovimento non è assolutamente limitato in nessun modo specifico. Non è necessario che si conformi a nessuna particolare misura. Quindi, l'olomovimento è indefinibile e non misurabile.
Per illustrare come l'ordine possa risultare nascosto o ravvolto in sé, non percepibile dall'occhio, Bohm usa un semplice esempio. Immaginiamo due cilindri di vetro concentrici separati da uno spazio riempito di un liquido vischioso, per esempio della glicerina. Questo apparecchio può essere fatto ruotare meccanicamente con grande lentezza, in modo da evitare che la glicerina trabocchi.
Supponiamo di mettere nella glicerina una goccia di inchiostro nero non solubile e facciamo ruotare il tutto molto lentamente. Gradualmente la goccia nera si tenderà in un filo sempre più sottile, fino a diventare invisibile. Poi, se si comincia a far ruotare l'apparecchio nella direzione opposta, la goccia d'inchiostro nero si ricostruirà gradualmente, rendendosi di nuovo visibile. La goccia d'inchiostro prima era diventata ravvolta, invisibile a occhio nudo. Non faceva parte della realtà svolta che potevamo vedere. Eppure era sempre presente in senso implicito e, invertendo la direzione della rotazione del cilindro, si è resa la goccia di inchiostro esplicita, sensorialmente visibile.
Spingendosi più oltre, Bohm suggerisce che ologrammi possono essere onnipresenti in natura. Anche se sono costruiti artificialmente mediante l'interferenza di onde frontali di luce che vanno a colpire una lastra fotografica, è possibile che questo fenomeno generale possa essere registrato in altri modi. Dopo tutto, la luce è soltanto una delle espressioni dei fenomeni d'onda. Le onde sono comunissime in natura, e l'olomovimento di Bohm ne conosce molti tipi.
I raggi elettronici sono in grado di creare ologrammi, e lo stesso possono fare le onde sonore, o «qualsiasi forma di movimento», compresi «movimenti noti e ignoti». L'universo è permeato di forme d'onda e può darsi, suggerisce Bohm, che noi viviamo in un universo olografico: un olouniverso.
Il tratto essenziale dell'olouniverso di Bohm è un'unità che esiste oltre il mondo visibile nell'ordine implicito. E' un mondo che non possiamo mai realmente conoscere a fondo: noi possiamo apprenderlo, sostiene Bohm, ma non possiamo mai comprenderlo. L'ordine esplicito, il mondo visibile delle cose e degli eventi, è quello in cui noi siamo più coscienti ed è un mondo di manifestazioni. E nella natura delle nostre menti vedere questo mondo esterno come reale, e considerare come valida la separatezza che vi percepiamo.
Inclusa come parte di questa realtà c'è la separatezza nello spazio che avvertiamo fra noi stessi e gli altri, il che rafforza il nostro senso di essere menti separate in corpi isolati.
Il senso di separatezza è fortemente presente anche nel nostro modo di dividere il tempo in compartimenti, presente, passato, futuro, confinando il nostro sé individuale soltanto a uno di essi, il presente. Ma queste separazioni non sono fondamentali. Invece, il nostro mondo è «una struttura singola di connessioni invisibili» in cui tutte le parti, perfino le menti, sono unite.
Come Bohm fiduciosamente dichiara: Nel profondo la coscienza dell'umanità è una. Questo è virtualmente una certezza perché anche nel vuoto la materia è una; se non ce ne rendiamo conto è perché chiudiamo gli occhi di fronte a questa verità. Se non stabiliamo queste frontiere assolute fra le menti, allora... è concepibile che esse possano... unirsi a formare una sola mente.
Stefano Calamita
Successivo:La forma: da dove proviene?
Sommario: Indice