Negli esseri viventi, tutti i processi di sviluppo partono da sistemi che hanno già i loro caratteristici modelli di organizzazione. L'embrione che si sviluppa all'interno di un uovo fecondato, per esempio, contiene acidi nucleici e proteine organizzati in modo specifico. Non solo queste sostanze implicano un determinato chimismo (certe formule che descrivono il contenuto molecolare di azoto, carbonio, idrogeno, ossigeno e altri elementi) ma inoltre esistono forme specifiche che hanno già cominciato a prendere forma all'interno delle stesse molecole.
La forma, quindi, inizia ai primi stadi negli organismi viventi a partire dai più interni recessi molecolari. Sheldrake sostiene inoltre che le forme contenute nelle molecole sono plasmate da campi morfogeni che sono già stati sistemati da molecole analoghe di passati sistemi.
Molti visualizzano un campo morfogeno come uno scultore invisibile che lavora dall'esterno dei sistemi, scolpendoli o modellandoli in determinate forme, plasmando qua un braccio e là una penna, facendo un elefante che è un elefante, un salmone che è un salmone, con un suo sistema abile e benefico. Anche se quest'immagine può dare solo una vaga idea della visione di Sheldrake, è possibile concepire il lavoro come compiuto dall'interno anziché dall'esterno, perché i campi morfogeni funzionano come restrizioni schematizzate sulla moltitudine di eventi probabili e indeterminati che avvengono ai livelli più profondi dei sistemi fisici. E' qui, nelle conformazioni più interne assunte dagli atomi e dalle molecole, che i campi morfogeni possono essere innanzi tutto avvertiti.
Questo processo può poi dispiegarsi all'esterno, manifestandosi alla fine nelle forme visibili, esterne, delle cose. Così il processo di causazione formativa può essere considerato come un «lavoro dall'interno», non dall'esterno. Anche le emozioni e i pensieri possono essere influenzati da questi campi, così come il nostro chimismo interno può influire sui nostri sentimenti.
Questo è il motivo per cui i campi sono potenzialmente così pervasivi e per cui possiamo saltare dagli atomi ai pensieri nel discutere delle loro attività. In effetti, non si ha assolutamente nessun «salto», una volta che comprendiamo l'effettivo funzionamento dei campi: dove i loro effetti iniziano e dove finiscono. Non c'è però realmente una «fine» all'espressione dei campi; infatti, una volta che una qualsiasi persona o un qualsiasi altro essere vivente subisce la loro influenza, la persona o l'essere influiscono a loro volta sui campi stessi, aggiungendovisi con effetto cumulativo.
Tutte le cose, pensieri e comportamenti sono quindi risospinti nel grande processo di avanzamento dei campi morfogeni. Ciò è in netto contrasto con l'idea dominante della scienza moderna, secondo cui l'influenza dell'organismo nel mondo termina quando esso muore. Secondo l'ipotesi della causalità formativa, si ha un incessante assorbimento nel Grande Serbatoio dell'Essere, da cui un individuo viene eternamente portato in esistenza e che si manifesta come influenze sui modelli interiori ed esteriori di esseri appena nati.
Il modo più semplice per comprendere la risonanza morfica è attraverso un'analogia a cui Sheldrake ricorre sempre, quella di un apparecchio televisivo o radiofonico. Nella TV fili, transistor e altre componenti agiscono insieme come apparecchio ricevente che capta segnali emessi dalla stazione televisiva. L'immagine finale che compare dipende dagli elementi interni dell'apparecchio, che deve essere sintonizzato correttamente sulla trasmissione.
Se si cambiano le componenti, si può cambiare la sintonizzazione e interferire con l'immagine. Questo può causare distorsioni dell'immagine, ma anche la sua perdita completa.
Analogamente, in un uovo che si sviluppa, il DNA e le altre sostanze chimiche da esso contenute danno origine alle «caratteristiche di sintonizzazione» di quella particolare specie, esattamente come un apparecchio TV può captare una certa banda di segnali e non altri. L'uovo nel suo processo di sviluppo può «sintonizzarsi» con certi campi morfogeni che sono stati creati da uova sviluppatesi in modo analogo in passato. Ciò fa si che quell'uovo particolare diventi un uovo di gallina, per esempio, e non un uovo di pernice o d'aquila.
Similmente, il cervello ha le sue parti componenti: i suoi neuroni, vasi sanguigni, strutture di sostegno e così via. Esso produce immagini mentali, pensieri, emozioni, e determina molti eventi motori. Ma non crea questi eventi più di quanto l'apparecchio TV produca la propria immagine.
Quando si affronta il discorso della relazione tra la mente e il cervello, i materialisti convenzionali negano che queste analogie contengano una qualsiasi verità. Si sostiene che il cervello sia l'origine della coscienza. Non esiste nessuna fonte eterna da cui abbia origine il «segnale». Per dimostrarlo, da lungo tempo i fisiologi hanno addotto il fatto che un danno al cervello provoca la cessazione di certe funzioni: la favella, l'udito e funzioni vitali come il battito cardiaco o la respirazione.
In chirurgia è anche possibile stimolare certe parti del cervello e produrre veri e propri pensieri, azioni compulsive, immagini, parole articolate o movimenti di una determinata parte del corpo: ecco altre prove, si afferma, del fatto che la nostra vita mentale e motoria risiede nel cervello; inoltre, l'eliminazione completa della funzione cerebrale cancella del tutto la mente, come avviene dopo una prolungata anossia o un grave trauma.
Ma torniamo all'analogia della TV e spingiamola oltre: immaginiamo un sempliciotto che non abbia mai visto un apparecchio televisivo. Guardando l'immagine, si chiede da dove provenga. Può pensare che abbia origine all'interno dell'apparecchio stesso: non è irragionevole supporlo. Allora guarda dentro l'apparecchio, tirando un filo qua, cambiando un collegamento là. A ogni modifica, l'immagine cambia: prima si fa confusa, poi scompare del tutto quando egli danneggia una componente fondamentale; poiché ha perso l'immagine dopo aver danneggiato l'interno dell'apparecchio, egli conclude allora che l'origine dell'immagine dev'essere per forza là dentro.
La sua «prova» è analoga alla logica dei meccanicisti del cervello, fermamente convinti che il danno cerebrale dimostri come il cervello sia l'origine della mente. In entrambi i casi, tutto è nella macchina. In entrambi i casi il ragionamento trascura il fatto che possono essere in azione forze esterne: il segnale TV e, per quanto riguarda il cervello e sistemi in sviluppo come gli embrioni, sottolinea Sheldrake, coscienza e campi morfogeni.
Non tutto quanto è presente nel cervello né nel DNA. Fino a un certo punto il fisiologo del cervello ha ragione: è possibile confondere il risultato interferendo con fili, transistor, DNA, proteine, sangue, ossigeno e altre componenti, ma ciò non spiega completamente né l'apparecchio TV, né il cervello, né l'embrione in sviluppo.
«Ma allora i meccanicisti diranno», argomenta Sheldrake. «"Ammettiamo pure che oggi non possiamo spiegarlo: un giorno però potremo farlo". In questo modo emettono una cambiale non datata. E' essenzialmente un atto di fede nel metodo meccanicistico, non realmente un'ipotesi rigorosamente scientifica».
Tema ricorrente in questa cambiale è il ruolo del DNA; esso contiene il codice genetico che, in qualche modo, si suppone avere il compito di governare tutto quello che avviene in esseri viventi in via di sviluppo. Cellule d'osso, orecchio e fegato contengono il medesimo DNA e, quindi, dev'esserci qualcosa oltre e al di sopra di esso che spieghi il loro esito diverso.
Si sostiene che il codice genetico sia il fattore nascosto. Ma Sheldrake crede che, nell'ipotizzare il codice genetico come una sorta di poderoso dispositivo, atto a diramare ordini e spingere in qualche modo le cellule verso un obiettivo (per esempio quello di diventare un leucocita anziché una cellula epatica), i meccanicisti facciano intervenire qualcosa di stranamente simile proprio ai campi morfogeni, anch'essi dotati di uno scopo.
Questo concetto di programma genetico è, dopo tutto, teleologico , spinge verso un obiettivo specifico esattamente come fanno i proposti campi morfogeni. Ciò va molto oltre l'approccio meccanicistico, che dichiaratamente nega qualsiasi scopo od obiettivo in natura. Fin qua c'è un'inaspettata analogia fra l'ipotesi di Sheldrake e le idee sull'azione dei geni.
Ma l'analogia non si spinge molto a fondo. Sheldrake così compendia i problemi suscitati dalle attuali concezioni biologiche dominate dal DNA.
Il DNA, fornendo il codice per la sequenza degli amminoacidi, permette alla cellula di produrre determinate proteine. Questo è tutto quello che esso può fare... Il problema posto dalla morfogenesi non si ferma però alla questione di fornire le proteine giuste alle cellule giuste al momento giusto. Il problema è capire come, date queste proteine, le cellule si organizzino in forme particolari, e come si sviluppino in organismi di particolari forme. Il DNA ci aiuta a capire come otteniamo le proteine che forniscono, per così dire, i mattoni e il cemento con cui l'organismo viene costruito, ma non spiega in che modo questi elementi vengano a comporsi in particolari modelli e forme.
L'idea del DNA e dà forma agli organismi e programma il loro comportamento è un'estrapolazione del tutto illegittima dall'insieme dei dati noti sull'azione del DNA...
Nel quadro del modello meccanicistico, tutto quello che ha a che fare con l'ereditarietà e le proprietà di organismi viventi viene proiettato sul DNA: tutti i problemi insoluti in biologia vengono attribuiti... al DNA... Perciò, la costruzione scientifica che inizia come una rigorosa e ben definita teoria sul modo in cui il DNA codifica il RNA e quest'ultimo codifica le proteine, ben presto diventa una sorta di teoria mistica in cui il DNA ha inspiegati poteri e proprietà che non possono assolutamente essere specificati in esatti termini molecolari... Questi presunti maggiori poteri e proprietà sono, a mio modo di vedere, il risultato dell'azione dei campi morfogeni.
Attualmente si nutre la grande speranza di poter comprendere le forme in sviluppo di embrioni in base all'azione dei cosiddetti morfogeni, sostanze chimiche che, presumibilmente sotto la direzione del DNA, controllano la forma che viene assunta dagli embrioni. Il lavoro fin qua svolto sembra promettente, e si già visto che un particolare elemento chimico, l'acido retinoico, ha un certo effetto sotto questo punto di vista.
Non è però chiaro se l'identificazione di questi composti risolverà il problema della forma, perché i meccanicisti quasi certamente continueranno a metterli sotto il controllo del DNA, ritenendo eretico permettere che qualcosa sfugga all'egemonia del codice genetico. L'identificazione dei morfogeni parrebbe, quindi, limitarsi a inserire un altro anello nella catena dei meccanicisti senza risolvere i problemi indicati da Sheldrake. In ogni caso, Sheldrake si preoccupa non solo delle forme assunte da esseri viventi come gli embrioni ma anche di quelle di oggetti inanimati come i cristalli e nessun morfogeno è stato ipotizzato per poter spiegare la comparsa della forma in tale genere di oggetti.
Secondo la dottrina del materialismo estremo o radicale, la coscienza dev'essere scartata fuorché come funzione dei processi fisici che avvengono nel cervello; non si è però costretti ad assumere questa rigidissima posizione se si accetta l'ipotesi della causazione normativa. In essa è possibile seguire una concezione dettata dal senso comune, come spiega Sheldrake, che è quella di riconoscere la realtà della propria coscienza. Indubbiamente questo atteggiamento non è troppo impegnativo. Dopo tutto, è quello che ogni essere umano, perfino i materialisti più convinti, assume comunque.
Stefano Calamita
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