La Teoria della Relatività generale si fonda essenzialmente su due principi. Il primo è un'affermazione che riguarda, una volta di più, il carattere delle leggi fisiche. Secondo la "Teoria della Relatività generale", le leggi devono essere formulate in modo da non dover dipendere dal luogo in cui vengono applicate e dal moto dell'osservatore. Ciò significa che i suoi requisiti sono più generali rispetto a quelli della Teoria ristretta, per la quale le leggi devono essere valide per osservatori che si spostano di moto rettilineo uniforme.
I corollari della Teoria speciale non valgono quando ci si avvicina a un forte campo gravitazionale, se si cambia la direzione del moto, oppure quando se ne modifica la velocità. In questi casi i risultati della Teoria speciale devono essere sostituiti da quelli della Teoria generale.
Il secondo principio fondamentale è chiamato principio di equivalenza: esso afferma che gravità e accelerazione hanno molti aspetti in comune e sono, da un certo punto di vista, equivalenti. Ognuno di noi può verificarlo empiricamente: quando un ascensore inizia a salire avvertiamo un leggero aumento del nostro peso e un senso di vuoto allo stomaco; quando l'ascensore si ferma, la sensazione è di leggerezza. Ciò significa che un'accelerazione verso l'alto è in grado di aumentare la forza di gravità esercitata sui nostri corpi, mentre un'accelerazione verso il basso ne provoca la diminuzione.
Sono forze di tipo gravitazionale anche quelle che avvertiamo a bordo di un'automobile in rapida accelerazione: in questo caso la forza risultante ci schiaccia contro il sedile. Ne sanno qualcosa gli astronauti quando i loro veicoli spaziali sono in fase di accelerazione, e per imparare a sopportare questo tipo di forze vengono sottoposti a periodi di preparazione all'interno di una centrifuga atta a simulare proprio gli effetti della gravità.
Questi due principi fondamentali portano a svariate conclusioni di notevole importanza, la prima delle quali riguarda il moto delle particelle. Secondo la prima legge di Newton, una particella permane nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non le venga applicata una forza tendente a modificare uno di questi due stati iniziali. Ciò significa che la quiete o il moto rettilineo uniforme sono le condizioni normali delle particelle e che, se si trovano nell'uno o nell'altro stato, su di esse non agisce alcuna forza. Per ognuno dei due possibili stati la linea d'universo di una particella nello spazio-tempo sarebbe una retta.
In matematica la linea retta viene definita come la distanza più breve tra due punti. Ciò è vero se uniamo due punti su una superficie piana o nel consueto spazio tridimensionale. ma non è più vero se siamo obbligati a spostarci su una superficie curva o all'interno di una regione limitata dello spazio che presenta una curvatura.
Le barche e le navi che attraversano la superficie marina, una superficie curva, devono tener conto di tale conformazione al momento di stabilire la rotta. Un velivolo è obbligato a spostarsi nell'atmosfera terrestre, il cui spessore è minimo rispetto al raggio della Terra, quindi anche in questo caso per i tragitti particolarmente lunghi bisogna tener conto della curvatura dell'atmosfera. I piloti e gli ufficiali di rotta lo sanno molto bene; i marinai, quando devono viaggiare da un porto a un altro che dista migliaia di miglia, sanno di doversi spostare lungo quelli che sono chiamati archi dei cerchi massimi (un cerchio massimo divide la superficie della Terra esattamente a metà). Questo cerchio costituisce un caso particolare di una classe di linee matematiche chiamate geodetiche, che rappresentano il «cammino più breve» che unisce fra loro due punti su una superficie curva o in uno spazio «curvo».
Questo concetto può essere utile per discutere una delle conseguenze della Teoria generale. La Teoria generale considera «normale» il moto in presenza di gravità, il che implica che non bisogna cercare altre forze a meno che un corpo si muova in modo diverso dal suo «moto normale». Però la sua linea d'universo attraverso lo spazio e il tempo sarà retta solo se si trova lontana da qualsiasi oggetto dotato di massa.
Secondo questa teoria la «forma» dello spazio-tempo vicino a oggetti dotati di massa non è piatta ma curva, e pertanto, nella situazione di uno spazio-tempo «curvo», le particelle seguono speciali geodetiche curvilinee. La «curvatura» dello spazio-tempo è determinata dalla presenza e dalla distribuzione della materia e, dato che esiste una massa anche nell'energia, dalla distribuzione di quest'ultima. Le regole che ci consentono di calcolare la curvatura dello spazio-tempo in base alla distribuzione di massa e di energia sono chiamate equazioni di campo.
Una volta calcolata la curvatura dello spazio-tempo, attraverso le equazioni di campo, possiamo calcolare le geodetiche di questo spazio-tempo, che a loro volta ci indicheranno il movimento delle particelle quando non sono soggette ad altre forze come, per esempio, l'elettricità e il magnetismo. Un raggio luminoso, lungo il quale l'informazione viaggia alla velocità della luce, sarà una geodetica speciale, denominata « geodetica di lunghezza nulla». Lontana da qualsiasi corpo provvisto di massa, questa geodetica di lunghezza nulla sarà una linea retta. Quindi, per le enormi distanze tra le stelle, possiamo trattare la luce come se si muovesse in linea retta, con un elevato grado di approssimazione. Ma questo non è più vero nelle vicinanze di corpi dotati di massa.
Accanto alla Terra, la cui massa è inferiore a quella del Sole, la curvatura di un raggio di luce è minima. E invece possibile rilevare questo effetto su un raggio di luce che sfiora la superficie del Sole, in determinate circostanze, come per esempio durante un'eclissi totale di Sole. Immaginiamo che in un determinato momento dell'anno una stella si trovi esattamente dietro il Sole, e che alcuni dei suoi raggi ne sfiorino la superficie per poi raggiungere la Terra. In questo caso saremmo in grado di vedere dietro al Sole. In una situazione normale la luminosità del Sole ci impedirebbe di osservare la stella ma, durante un'eclissi totale di Sole, la Luna si frappone tra noi e il Sole celandone i raggi e consentendoci di vedere la stella. La massa della Luna è notevolmente inferiore a quella del Sole, quindi il suo effetto è trascurabile. Questo esperimento è stato condotto per la prima volta nel 1919: le fotografie scattate durante l'eclissi fornirono una conferma convincente delle previsioni della Teoria della Relatività generale e, da un giorno all'altro, Albert Einstein divenne uno scienziato famoso in tutto il mondo.
Stefano Calamita
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