Nel presente lavoro si è analizzata la teoria frattale proposta dal matematico francese Mandelbrot negli anni Sessanta con delle applicazioni multiple ai mercati finanziari, in particolar modo al mercato azionario italiano, con la selezione di quattro azioni del paniere FTSE-MIB scelte come campioni. Il lavoro prevalentemente si è soffermato non solamente sul tema teorico, sui concetti basilari dai quali partire per condurre un'analisi granulare del tema, ma si è occupato anche di delineare il quadro applicativo della matematica frattale grazie alle simulazioni condotte per le azioni delle quattro società selezionate, con la possibilità di sviluppare strategie d'investimento, cogliendo punti di forze del modello ed evidenziando i propri limiti d'applicazione.
Da quanto emerso dal lavoro condotto in merito all'efficienza del mercato finanziario italiano, partendo dalla presentazione del modello di Eugene Fama in merito in primis alla definizione che è stata pronunciata e secondariamente alla tripartizione in tre pilastri, in efficienza debole, semiforte e forte, il ricercatore americano ha migliorato l'aulico lavoro presentato nei primi anni del Novecento da Bachelier, ottenendo da molti sostegno e stima per la duttilità e profondità con la quale la si è potuta applicare nel contesto finanziario, diventando ormai un postulato per chiunque intendesse avvicinarsi, anche con ottiche di investimento variabili, al mercato dei titoli societari.
In realtà, nel corso del precedente secolo, sono stati molti i contributi offerti dalla ricerca scientifica nel dimostrare che le regole di base dei modelli dell'economia finanziaria classica, dal modello di Bachelier, a Fama ed in conclusione alla Modern Portfolio Theory di Markowitz, è stata denigrata dai risultati empirici conseguiti proprio dalle indagini tecniche condotte su tali argomenti, criticando ad esempio le funzioni di distribuzione cumulate delle probabilità dei rendimenti dei titoli, secondo i quali sono distribuite identicamente ed indipendentemente rispetto ai dati precedenti contenuti nelle serie storiche sulle quali le analisi vengono intraprese, evidenziando da tale punto di vista, un'assenza nelle correlazioni tra le vicende trascorse rispetto all'attualità di un titolo, quasi a considerare una sorta di struttura genetica variabile nelle quotazioni dei titoli che aleggiano nel mercato spinte solo da news di natura societaria o del contesto economico al quale appartengono.
Con queste tecniche di analisi, la maggior parte degli operatori di borsa italiana hanno potuto ridurre, a partire dai primi anni 90, le asimmetrie informative ed allocative della borsa nostrana, facendo avvicinare nuovi operatori al mercato, nuove categorie di intermediari, si pensi ai fondi istituzionali, nonché accresciuto la schiera delle società quotate le quali hanno potuto diversificare la loro funzione di raccolta del capitale dal canale bancario all'equity, fino ad occupare quote di mercato nel comparto obbligazionario mondiale, rendendo il mercato più avvicinabile da diversi investitori con caratteristiche tecniche e professionalità divergenti.
Il problema effettivamente rinvenibile nella teoria dei mercati efficienti risulta molto facile da criticare, poiché essendo pur vero che la EMH negli ultimi trent'anni sia stata divulgata con un'importante successo, è anche vero che con la globalizzazione dei mercati, ed in particolare l'apertura dei mercati dei capitali, le Borse Valori hanno introdotto cambiamenti che non passano inosservati agli operatori e studiosi. Sono infatti molte le case d'affari che affiancano al servizio offerto per il trading, piattaforme informative dove è possibile essere informati in tempo reale in qualsiasi istante, ma questo determina comunque la presenza di una deviazione informativa tra chi questi dati li fornisce e chi, di converso, li acquista a caro prezzo per perseguire le sue strategie d'investimento. Essendoci in queste due fasi, quelle della diffusione e quella della comprensione, un delay o gap si può subito affermare che i grandi investitori muniti di cospicue risorse, allocheranno in maniera celere i propri fondi anticipando la massa di investitori creando, come conseguenza, uno scalino nel mercato.
La presenza di mani forti nel mercato dei capitali, ha ridotto alcuni costi di intermediazione e migliorato l'attività finanziaria, ma ha anche influenzato la stessa attività di pricing dei titoli, poiché molte banche che forniscono le proprie piattaforme di trading, risultano anche Market Maker/Price Maker, di conseguenza non è possibile affermare che il mercato sia efficiente, bensì condizionato da determinati eventi societari, pensiamo alla pubblicazione di report societari diffusi al mercato come un Profit Warning o come un lancio di OPA ostile nei riguardi di una società che di certo condizioneranno i prezzi.
I mercati dal canto loro sono luoghi adibiti a persone fisiche e giuridiche con vincoli di bilancio divergenti, con i quali possono investire non solo in mercati diversi, pensiamo al mercato delle PMI che garantiscono rendimenti maggiori, ma anche a prezzi ad esempio più contenuti rispetto a quelli osservati dalla maggior parte degli investitori, ad esempio ad un Fondo di Private Equity che acquista una partecipazione di minoranza con l'intento di rimanere nel capitale della società a lungo per creare valore, oppure una operazione di Venture Capital realizzatasi in un particolare settore dell'economia dove sono presenti barriere all'entrata che allontano i piccoli investitori, anche queste situazioni sembrano essere foriere di inefficienza informativa ed allocativa.
Un'altra variabile contraria alla teoria dei mercati efficienti arriva dal presupposto che i mercati azionari seguano un calendario di eventi, i quali sistematicamente causano effetti distorsivi nei prezzi di borsa. L'evento da citare è conosciuto come il fenomeno del week-end nel quale l'investitore frequentemente acquista degli strumenti finanziari nelle ultime sedute della settimana, per rivenderle all'inizio della settimana successiva, solitamente il lunedì realizzando una strategia speculativa.
Non sembra che sia possibile, a tutt'oggi trattare ancora il tema sia della frontiera efficiente presentata dalla Modern Portfolio Theory di Markowitz in cui il rischio di un portafoglio è rappresentato dalla varianza della variabile casuale che ne esprime il futuro rendimento. Tale approccio è noto come modello media-varianza poiché ad ogni portafoglio rischioso vengono associati due parametri rappresentati rispettivamente dal rendimento atteso assunto quale parametro vantaggioso e dalla varianza del rendimento che viene assunta quale parametro svantaggioso. Markowitz ha rivolto la sua attenzione alla comune pratica della diversificazione di portafoglio e ha mostrato esattamente come un investitore possa ridurre lo scarto quadratico medio dei rendimenti del portafoglio scegliendo azioni che sono tra loro non correlate. Ma Markowitz nel suo studio è andato avanti elaborando i principi base della costruzione di un portafoglio. Questi principi stanno alla base della relazione tra rischio e rendimento.La principale innovazione introdotta da Markowitz nella misurazione del rischio di un portafoglio consiste nella considerazione della distribuzione congiunta dei rendimenti di tutti i titoli in esso presenti. Il modello media varianza, sebbene sia tuttora largamente impiegato nella pratica, presenta limiti intrinseci dovuti alla considerazione esclusiva dei primi due momenti della distribuzione dei rendimenti.
Le critiche al modello nascono sia dal riconoscimento che la varianza può essere considerata quale ragionevole misura di rischio solo per variabili casuali la cui distribuzione di probabilità viene definita distribuzione normale, sia dalla constatazione che esistono strumenti finanziari, come le opzioni, per i quali una maggiore volatilità si associa a maggiori rendimenti. Le critiche al modello di Markowitz hanno aperto la strada allo studio di nuove concezioni di rischio che solo recentemente hanno trovato una valida collocazione entro un quadro concettuale non più basato esclusivamente su un’analisi probabilistica, ma fondato su principi economici diversi Un altro importante modello di analisi attraverso misure di rischio e rendimento è il Capital Asset Pricing Model (CAPM), il quale afferma che qualsiasi investimento si voglia implementare, andrebbe valutato solo in termini di rendimento atteso e varianza, accantonando di conseguenza l’esistenza di asimmetria e curtosi.
D’altro lato va però detto che l’effettiva importanza di questi due fattori nella determinazione del rendimento atteso non è ancora chiara. Infine, va notato che nelle applicazioni la varianza (come pure gli altri parametri della distribuzione) viene quasi sempre stimata utilizzando la distribuzione dei rendimenti storici piuttosto che quella dei rendimenti futuri attesi, nel presupposto che la prima rappresenti un buon indicatore della seconda. Nel momento in cui questo presupposto viene meno, come nel caso in cui le caratteristiche dell’investimento siano cambiate sostanzialmente nel corso del tempo, una stima storica della varianza non rappresenta più una buona misura della rischiosità di un investimento. In conclusione i modelli come il CAPM di Miller e Sharpe e della teoria di Markowitz che si avvalgono della teoria dei mercati efficienti non sono più definibili come canovaccio al quale reggersi in un luogo tanto movimentato e rischioso come i mercati finanziari integrati del nuovo millennio visto che le molte indagini econometriche condotte da alcuni studiosi, hanno rivelato che il mercato dei capitali denuncia imprecisioni molto ampie, dove persiste una matrice di ciclicità economico-finanziaria che influenza le quotazioni dei titoli, nonché la presenza di una correlazione più o meno ampia tra i dati presenti nelle serie storiche dei prezzi, che evidenziano la presenza di una frattalità dei mercati finanziari.
Se la teoria classica ha sempre sostenuto la strategia passiva buy-hold prossima alla replica del benchamrk e ha denigrato le teorie dell'analisi finanziaria grafica meglio conosciuta come l'analisi tecnica, alternativamente al manifesto dell'economia classica presentata dalla scuola americana, un nuovo modello di analisi, attribuibile alla scuola Mandelbrot-Peters, ha tentato letteralmente di eclissare la Efficient Market Hypothesis di Fama & Co, facendo un largo impiego della matematica frattale antagonista, nel suo campo, alla matematica Euclidea. Il promotore della matematica frattale, il polacco Mandelbrot servendosi di algoritmi e personal computer, è stato in grado di individuare delle conformazione in natura non omogenee e definite irregolari o frattali appunto nelle loro misure, con peculiarità di auto-similarità ed auto-affiinità durevoli anche al mutare della scala temporale in base alla quale è stata condotta l'analisi. L'applicazione al contesto naturale, si è riflessa nei primi anni Settanta sulle quotazioni dei titoli di borsa, dove gli stessi requisiti di irregolarità ed auto-affinità sono state enfatizzate dai modelli statistici del matematico “ribelle” dai quali ha potuto rilevare che le serie storiche dei prezzi di borsa non si muovono percorrendo un cammino casuale come descritto dai pionieri dell'economia finanziaria tradizionale, bensì è stata rilevata una dipendenza di lungo termine nelle serie finanziarie con cui è possibile affermare che i titoli di borsa subiscono un'influenza positiva dal passato, con correlazioni positive, che si riflette nelle quotazioni future dei prezzi, in maniera tale da smontare la teoria di Bachelier della distribuzione dei rendimenti in maniera indipendente ed identica ed affermare che le serie storiche dei prezzi, graficamente tracciano un percorso definito da eventi precisi, non casuali ed autoreferenziali.
La teoria di Mandelbrot, incentrata sulla teoria del caos e del disordine pronunciato dei mercati dei valori mobiliari sviluppata da altri studiosi nel contesto finanziario, è stata poi adottata anche per la individuazione della ciclicità dei prezzi, grazie alla caratteristica di long - dependence e self - similarity tipiche delle time series finanziarie. Applicando l'analisi frattale al mercato azionario italiano, si è pensato in questo lavoro di tesi, di analizzare il percorso che i 4 titoli presi come campioni percorressero lungo un periodo di tempo di dieci anni, con time series di cinque anni in maniera tale da poter filtrare potenziali fenomeni distorsivi nella ricerca. Fatto ciò le azioni del paniere FTSE ITALIA, rispettivamente Eni, Fiat STMicroelectronics e Unicredit Bank hanno evidenziato la presenza di una non casualità nelle serie storiche, nonché la presenza di una correlazione di lungo periodo che si presentava nelle ultime rilevazioni, di tipo decrescente, ma comunque presente in misura tale da affermare la presenza di una condizionalità del passato verso le quotazioni future. Per le quattro azioni, il valore assunto dal coefficiente che descrive la dipendenza nella serie storica, il coefficiente di Hurst, è risultato sempre maggiore al valore centrale di H = 0,5 caso che descrive il moto Browniano o casuale delle particelle. Questo esito è stato conseguito con l impiego di software differenti, che hanno evidenziato un valore di H tale per cui le azioni scelte sono risultate persistenti, con una rischiosità che la si può definire meno ampia rispetto al benchmark e soprattutto molto più prevedibili nel movimento di prezzi rispetto ad altre azioni.
Considerando i valori emergenti dalla ricerca, è sembrato corretto anche discutere di alcune vicende che nella teoria dei mercati efficienti non vengono prese in considerazione. Ad esempio dall'analisi condotta sul titolo Eni, è emerso un risultato del Hurst ratio compreso tra [0.54-0.6] mettendo in chiara luce la presenza di una serie storica con una caratteristica tendenza verso la persistenza delle influenze passate, sull'eventuale proseguo del trend del titolo in futuro. Nella determinazione del valore H, ho dovuto utilizzare, anche per rendere più precisi i risultati, tre software differenti per studiare le serie storiche, oltre alla conversione dei dati da valori assoluti, ovvero i prezzi formato daily, in valori relativi, determinando i logaritmi dei rendimenti della serie storica Eni lungo un'orizzonte temporale di 10 anni. Visto che l'azione ENI ha un valore di H > 0,5 specificando che l'asset Eni viene influenzato da fattori storici seppur lievi, e che accantonano le caratteristiche di distribuzione i.i.d; secondariamente, se si considerasse il valore C della correlazione di lungo periodo di Mandelbrot pari a 0,11 di segno positivo, si otterrebbero dati che confermerebbero la persistenza e la dipendenza di lungo periodo e acclarerebbero la non indipendenza delle variabili nonché il segno discorde tra gli incrementi
nel lungo periodo. Si presume a questo punto che l'evoluzione dei valori di borsa del titolo della società petrolifera, abbia percorso un andamento ciclico se non molto forte, tale da sottolineare le caratteristiche di stocasticità ed irregolarità presenti nella propria serie storica.
Quanto detto nei confronti dell'azienda del cane a sei zampe, sembra essere pienamente confermato dalla maggior parte degli operatori di borsa i quali classificano il titolo Eni, un defensive stock poiché rientra nella categoria delle Utility di Piazza Affari, un titolo ottimo per difendersi da periodi di volatilità o di ribasso. In aggiunta le quotazioni di Eni dipendono fortemente dal prezzo del petrolio e dalla domanda di beni petroliferi da parte dei principali paesi mondiali, in particolare dagli emerging markets in continua crescita economica, dove l'impiego di petrolio sta diventando sempre più ampio.
In merito all'analisi condotta sull'azione della casa automobilistica torinese, è stato possibile dedurre nei tre casi differenti un valore di Hurst > 0,5 del caso del Moto Browniano puro, visto che l'intervallo dei dati di H è compreso tra [0.571,0.62] leggermente maggiori in confronto al caso Eni, ma comunque necessarie per affermare anche in questo esempio un fenomeno di self affinity e long dependence rispetto al caso classico. Il caso Fiat, più marcato rispetto al caso precedente, è influenzato non solo da variabili econometriche, ma anche da fattori aziendali e di bilancio che hanno reso il titolo molto più rischioso rispetto ad Eni, per questo dimostrando di avere una pendenza della curva più ampia e un valore di correlazione di lungo periodo C, pari a 0,17 positivo che lo rendono tra i titoli con una elevata dipendenza da fenomeni storici, incidenti sul futuro trend e sulla ciclicità del titolo.
Il titolo facente parte del settore High-tech, in funzione dell'analisi di correlazione tra le vicende trascorse e l'attualità rilevate nella serie storica, ha evidenziato un valore leggermente più basso di H rispetto ai due casi visti in precedenza, tant'è che il valore di H si aggira nel range [0,55 , 0.6] facendo tendere il titolo verso una categoria di azioni che non subiscono influenze sulla dinamica dei prezzi da fenomeni precedentemente verificatisi. Anche il valore della deviazione standard e del coefficiente di correlazione di Mandelbrot C, pari a 0,11 sembra delineare una incertezza nella correlazione dei dati presenti e passati, forse a causa della ampia dipendenza dal dollaro che il titolo Stm ha da sempre proposto. Da un punto di vista cronologico, a mio avviso il dato conseguito non pare molto trasparente, visto che vicende che hanno colpito il settore High-Tech e della information technology, lo scoppio della Dotcom Bubble, avrebbero dovuto influire maggiormente sulle quotazioni del titolo medesimo, offrendo un valore di H e del rapporto R/S molto più alto, perché più alta è stata la dinamica del titolo nel corso degl'ultimi lustri e molto visibile avrebbe dovuto essere l'effetto Giuseppe. Nonostante i valori sia comunque di un Hurst ratio compreso tra 0.5 e 1, il fenomeno della persistenza e della dipendenza di lungo periodo risulta per tutti e tre i casi studiati con i tre software differenti dall'inizio della conduzione dell'analisi, presente sul titolo.
A conclusione dell'analisi quantitativa condotta sul titolo del primo gruppo bancario italiano, anche per questa serie storica, sono affiorate situazioni di persistenza di lungo periodo, di condizioni di elevata aleatorietà e movimenti caotici dipendenti da vicende passate. Il titolo Unicredit, a fronte dell'importante scivolone subito durante la Crisi Subprime del 2008, a seguito dello scandalo Lehman, ha più che dimezzato la sua capitalizzazione in borsa nel corso di soli due anni. Partendo da queste variabili sia di natura reale e patrimoniale, sia di problemi di corporate governance, i valori della serie storica della banca milanese hanno messo in evidenza risultati notevolmente diversi rispetto ai tre casi studiati in precedenza.Si parta dal valore di H che è in media pari allo 0.68 mentre il valore di C risulta pari a 0,23 credo molto più ampi rispetto ai titoli Eni ed Stm. In compenso per valori tanto elevati, la deviazione standard e l'errore standard sono risultati vicini ai valori degli altri assets.
A fronte di questa breve disamina del caso Unicredit si può sostenere la tesi secondo cui, l'azione ha nel corso dei dieci anni, coincidente con la lunghezza della serie storica sulla quale si è lavorato, subito dei cambiamenti improvvisi nelle quotazioni, potremmo dire con effetti Noè e Giuseppe di elevata intensità e di conseguenza di elevata volatilità sul mercato. In realtà, dal punto di visto econometrico, il che delinea la rischiosità del titolo Unicredit, è sempre stato superiore all'unità ottenendo l'appellativo di aggressive stock. In conclusione, l'analisi condotta sulle quattro azioni quotate sul mercato azionario italiano, hanno tutte evidenziato, il fenomeno di persistenza e dipendenza di lungo periodo, dove i fenomeni del passato giocheranno ed influenzeranno in maniera non effimera l'evoluzione delle quotazioni delle azioni monitorate, nonché hanno messo in chiara luce una totale dipendenza delle distribuzioni di probabilità e degli incrementi
rispetto al caso Browniano per H = 0,5 dove si sostiene l'ipotesi che le serie storiche dei prezzi sono indipendentemente e identicamente distribuite, con una configurazione a campana. (caso Bachelier).
Ampliando il tema frattalità – ciclicità al mercato finanziario, Elliott si dedicò allo sviluppo dell'analisi ciclica o analisi con gli oscillatori, applicandola ai valori mobiliari delle principali attività finanziarie con l'ausilio dei numeri dalla serie aritmetica di Fibonacci, riuscì a costruire importanti trading system con i quali coseguì ampi profitti.
Questi risultati conseguiti nei primi anni 30 sembrano pienamente confermare quanto detto dagli studi condotti da Mandelbrot e Peters sulla non linearità delle serie storiche finanziarie e sulla presenza di influenza storica. In realtà nel seguente lavoro è stata applicata la teoria frattale ciclica con l'analisi tecnica ad un caso particolare del mercato azionario nostrano, Unicredit, dal quale è emerso un esito davvero molto coinvolgente. Lungo un orizzonte temporale di 18 mesi, è stato possibile rilevare la presenza di ciclicità soprattutto in due occasioni, nel periodo Marzo 2009 Luglio 2009 nel periodo del rilancio del mercato azionario italiano, sia nel periodo Giugno – Settembre 2010 dove sarebbe stato possibile da parte di un investitore allocare risparmi per conseguire ampi profitti, se si fosse attenuto alla teoria delle onde di Elliott.
Grazie a quest'ultima materia, trattata nella parte conclusiva del seguente dossier, è stato possibile dimostrare l'efficacia del modello frattale, anche se, a prescindere dai risultati conseguiti, non devono essere considerati come valori da prendere in assoluto per organizzare un portafoglio investimenti basato sull'analisi tecnica, ma ponderare i risultati ottenuti dal modello di Elliott correggendo il fattore soggettività presente nel momento in cui si strutturano le analisi, visto che, l'emotività, la soggettività e l'interpretazione dei grafici, distorce il risultato finale conseguibile con tali strumenti. Dal punto di vista delle critiche da elevare, non sembrerebbe del tutto scontato che la teoria dei mercati efficienti possa essere del tutto accantonata, visto che nella maggior parte dei casi considerati, sia gli investitori istituzionali, sia i gestori di portafoglio, nonché i docenti di economia finanziaria, si avvalgano della Efficient Market Hypothesis per i loro investimenti e per le loro lezioni di economia finanziaria. Seppur la EMH condanni e dia poco credito all'analisi tecnica vista come una branca dell'analisi finanziaria molto demagogica, così come attacca l'analisi fondamentale o di bilancio, i sostenitori della corrente Classica nella maggior parte dei casi si avvalgono di queste materie per condurre i loro investimenti o consigliano i rispettivi clienti per la selezioni delle migliori opportunità d'investimento del momento.
L'implementazione di una strategia di investimento, partendo dalla EMH risulterebbe molto più semplice perché è maggiormente utilizzata dagli operatori, ma a mio modo sembra scorretto che la comunità finanziaria possa avvalersi di due o poche misure per poter organizzare un portafoglio investimenti che annulli il rischio con la mera diversificazione dei titoli, visto che negli ultimi tempi, la differenza negli stili di gestione di capitali, l'utilizzo delle strategie di arbitraggio o di hedging hanno condotto gli speculatori a servirsi di stop loss e take profit per ridurre il loro rischio, classificabili queste come tecniche non convenzionali rispetto a quanto dettato dalla teoria dell'efficienza.
Rispetto a quanto detto nei confronti della teoria frattale, molto è stato fatto negli ultimi quarant'anni da studiosi come Peters ed il compianto Mandelbrot, ma molto deve essere ancora individuato per far si che, gli operatori finanziari che si avvicinano al mercato dei capitali possano gestire i loro risparmi ed i loro investimenti in maniera molto più oculata e corretta, servendosi di software per l'analisi strategica del rischio, strategie di risk management e di money management ancora più evolute rispetto a quanto fatto oggi. I lavori di Mandelbrot e Peters hanno si evidenziato la presenza di serie storiche con caratteristiche di auto-similarità e affinità, ma è anche vero che le misure rintracciate non sempre risultano facilmente interpretabili se non per una persona molto preparata nel campo d'indagine matematico-finanziario. Ecco perché si dovrebbero proporre piani migliori di analisi dei mercati, magari più precisi senza dubbio, ma anche facilmente recepibili ad una massa di investitori accorti.
Un'esempio potrebbe essere l'analisi ciclica condotta tramite indicatori di analisi tecnica come il Moving Average Diverge Convergence o il Relative Strenght Index che presentano caratteristiche di ciclicità nelle serie dei prezzi e facilmente individuano segnali di entrata / uscita dal mercato finanziario.
Un'estensione della teoria frattale come accennato sopra è quella di Elliott. Anche per tale pensiero sono state elevati pregi per la possibilità di utilizzo che se ne può fare, che sembra essere di grande diffusione nelle grandi trading room e per gli scalper, ma anche per Elliott e la teoria delle onde nonché per l'analisi dei ritracciamenti di Fibonacci bisognerebbe prenderle in considerazione con raziocinio e con ponderatezza.
La teoria di Elliott non possiede assolutamente il requisito di completezza tipico delle leggi di necessità. Un suo valido uso, oltre a quello operativo, è stabilire aree di inversione e quindi aiutare l'analista ad avere un quadro di riferimento, sia di breve che di lungo,sempre aggiornato, nell'ambito del quale prendere le proprie decisioni.In particolare rispetto agli altri strumenti la teoria di Elliott consente di anticipare il trend ed operare ai massimi e ai minimi presunti e non quando il trend è già in atto. Probabilmente il vero problema di questa teoria è l'interpretazione la quale senza dubbio consisterebbe nello stabilire quando un'onda finisca e un'altra abbia inizio. L'intero concetto della teoria di Elliott si basa sul contare le onde ma risulta alquanto impossibile sostenere cos'è un'onda. Credo che in questo contesto l'analista dovrebbe essere limitato nell'avvalersi di principi molto personali per identificare un'onda e identificare la scala temporale a cui le onde si adattano.
La teoria è così flessibile che dagli stessi dati di prezzo è possibile raggiungere diversi differenti conti, che portano gli analisti che la seguono ad essere in continuo conflitto. Inoltre, più si va indietro nel tempo, maggiore è il numero di conti possibili. In molti ambienti più informazioni rendono più chiare le cose, nella teoria di Elliott le complicano. Un aspetto flessibile della teoria è il concetto di estensione. Esso e altre caratteristiche rendono difficile giungere a decidere e facile vedere il conto corretto dopo i fatti. La teoria di Elliott è quindi uno strumento molto soggettivo, che può essere molto pericoloso.
Ovvero questa teoria va vista come risposta parziale al puzzle delle previsioni. Quando esistono modelli chiari, vanno usati, altrimenti è meglio cercare altrove indicazioni non forzare interpretazioni ignorando gli altri strumenti di analisi tecnica. Le domande alle quali si cerca di dare una risposta sembrano essere diverse: Per un operatore del mercato azionario ad esempio con ottiche d'investimento di medio periodo sembrerebbe più giusto trattare la procedura di analisi dei titoli servendosi di un'analisi frattale o tecnica delle attività di suo interesse, oppure scegliere questi assets seguendo i dettati della teoria dei mercati efficienti?
Secondo quali schemi, il modello frattale e delle onde di Elliott offre maggiore efficienza rispetto a quanto fatto da altre metodologie d'uso nei mercati finanziari in tema di asset allocation?
Ancora, data la complessità del metodo frattale, nonché la capacità di interpretazione dei risultati che emergono se si conducesse uno studio frattale su una serie storica di dati finanziari, con quale livello di bontà devono essere presi i risultati emergenti dalla stessa? Le risposte da pronunciare alle domande precedentemente poste sembrano in parte soggettive ma non univoche dato che, è possibile fare alcune considerazioni di carattere generale:
1. l'analisi tecnica condotta con l'impiego del metodo frattale di Elliott da più parti viene impiegata grazie all'ausilio fornito da potenti software in grado di individuare la ciclicità nei prezzi, rappresentate ad esempio dalle onde di impulso e quelle correttive, come si è potuto dedurre nel corpo del testo, ma le individuazioni dei cicli di borsa non sempre rispettano i canoni dettati dallo studioso, poiché le comprensioni di questi modelli risultano apertamente soggettive, tali da creare incomprensioni tra più giudicatori e di conseguenza cambiare la psicologia dell'investimento.
2. Se invece si scegliesse un approccio molto diverso, non basato sull'analisi grafica, ma su analisi di tipo informativo, allora ad esempio la teoria dei mercati efficienti potrebbe essere d'aiuto all'agente, il quale ad esempio potrebbe servirsi del modello di replica di un benchmark con una gestione passiva ed accontentarsi di conseguire risultati omologhi a quelli del paniere principale. Ma anche in questa circostanza, le aspettative dell'investitore potrebbero deviare l'esito dell'investimento. 3. Spesso si tende ad allocare i risparmi nei mercati, seguendo i consensi degli analisti finanziari, i quali disponendo di dati ed informazioni, meglio interpretano l'evoluzione dei corsi azionari. La teoria dell'efficienza dei mercati prende molto in considerazioni questi elementi, ma lo fa in condizione di mercati stabili, dove è possibile ex-ante realizzare proiezioni, organizzare portafoglio con possibilità di arbitraggio e realizzare profitti molto contenuto che battono di pochi punti percentuali l'inflazione. In una fase di mercato come quella immaginata, cioè di normalità e bassa volatilità, i rendimenti dei titoli saranno molto vicini al loro fair value,con un rendimento free-risk ottenuto sui titoli di Stato più un premio al rischio pagato dall'emittente, facilmente prevedibili dal mercato. Il vero problema però è che i mercati non sempre risultano essere stabili, come la teoria frattale insegna, tanto che da questo punto di vista sembrerebbe non certo affidarsi alle conclusioni della teoria di Fama e French, quanto invece accettare di servirsi di grafici e strumenti come gli indicatori di momentum, quali ROC, Momentum, o RSI, grazie ai quali poter individuare, seppur per brevissimi periodi temporali, segnali di ingresso o uscita dal mercato.
4. Nel caso di mercati finanziari turbolenti, come quelli che stiamo vivendo nel momento coincidente alla stesura di questo paper, la teoria frattale e di conseguenza l'analisi tecnica risultano molto più affini alle condizioni di mercato che non per il caso della EMH. Se si analizzassero i portafogli realizzati con il modello media-varianza di Markowitz nelle fasi di mercato turbolente, rispetto a strategie perseguite con l'analisi tecnica, si potrebbe notare che il primo modello sarebbe stato altamente in perdita rispetto a quanto fatto dall'analisi tecnica, visto che con la seconda strategia, risulterebbe più semplice far ruotare e liquidare le posizioni aperte in quel periodo, rispetto invece alla complessità rintracciabile nel portafoglio costruito sul primo modello di Markowitz. In un periodo di crisi finanziaria come quella iniziata nell'Ottobre del 2008 dopo il crollo Lehman, ltutte le aggiori Blue Chip del FTSE Mib hanno subito ampie perdite nel corso di un'anno, cosa pur prevedibile, ma non correggibile con i metodi vicini alla EMH. La maggior parte dei portafogli diversificati, nel periodo preso come campione, si sarà deprezzata nella medesima percentuale dell'indice FTSE Mib, eccetto qualche correzione meno ampia di alcuni titoli difensivi e di alcuni comparti del mercato, che hanno dimostrato una elasticità diversa. Non di certo le strategie seguite con l'analisi tecnica hanno sortito i medesimi risultati raggiunti dalla EMH, concludendo che il lavoro condotto dalla scuola Classica, seppur molto utilizzato dagli agenti economici, seppur molto facile da utilizzare ed accessibile a molti anche in ambito di comprensione dei risultati, non sembra possa essere un metodo utile per ogni condizione di mercato dei capitali.
Per concludere il giudizio riportato da chi scrive sul modello multifrattale di Mandelbrot, alternativo alla scuola Classica, è assolutamente positivo anche se alcuni punti risultano ancora da sviluppare. Esso si propone come uno strumento di analisi qualificato e preciso, fruibile da un pubblico preparato e con ottime capacità di sintesi e interpretative molto sofisticate, tipico di agenti finanziari molto informati e capaci di cogliere opportunità di profitto anche in fasi di mercato turbolente come quelle che si stanno vivendo attualmente.
Anche se l'evoluzione frattale ha occupato un posto importante come quello del campo della ingegnerizzazione finanziaria nonché delle reti neurali e dell'analisi tecnica, sono molti gli scettici che criticano l'approccio frattale, come una materia per maghi della Finanza, poco attenti ai fondamentali e molto esposti alla psicologia del trading e del sentiment che vige sui mercati.
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