Questa teoria sostiene quindi che i mercati sono efficienti, ossia che tutti gli investitori hanno le stesse informazioni. Eugene Fama definì un mercato finanziario efficiente quello in cui i prezzi dei titoli quotati rispecchiano sempre e pienamente le informazioni disponibili. Secondo tale ipotesi, quindi, un investitore qualsiasi non può pensare di battere regolarmente il mercato e le risorse che impiega per analizzare, scegliere e negoziare titoli sono sprecate. E' meglio invece operare con una strategia passiva, detenendo semplicemente il portafoglio di mercato.
L'ipotesi dell'efficienza dei mercati finanziari (Efficient Market Hypothesis, in sigla EMH), negli anni successivi alla sua scoperta, fu un successo sia teorico che empirico. Molte branche della finanza, come la security analysis, nacquero basandosi sull'EMH stessa. Tuttavia, negli ultimi vent'anni, si è cominciato a contestare sia le sue basi teoriche sia la sua evidenza empirica. Le forze su cui si dovrebbe basare l'efficienza dei mercati, come l'arbitraggio, sono probabilmente più deboli e limitate di quanto originariamente creduto. Basandosi sulla nuova teoria e sulla nuova evidenza empirica, la finanza comportamentale è nata come una visione alternativa dei mercati finanziari; una visione in cui è contemplata la possibilità per il mercato di allontanarsi in maniera significativa e durevole dall'efficienza.
Secondo una formalizzazione proposta da Eugene Fama in un noto lavoro del 1970 (“Efficient Capital Markets: A Review of Theory and Empirical Work") , esistono tre distinte ipotesi di efficienza dei mercati:
1. Efficienza in forma forte: qualora i prezzi di mercato riflettono l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi stessi, qualunque altra informazione pubblica, nonché qualunque informazione privata; questo accade quando alcuni operatori sono a conoscenza di informazioni private/privilegiate.
2. Efficienza in forma semi-forte: qualora i prezzi di mercato riflettono tutta l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi, più qualunque altra informazione pubblica; i mercati incorporano tutte le informazioni di pubblico dominio;
3. Efficienza in forma debole: qualora i prezzi osservati sul mercato riflettono tutta l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi stessi; in questo caso è possibile formulare una strategia di trading basandosi solo sull'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi, i corsi incorporano tutte le notizie che possono essere tratte dal mercato (prezzi e loro variazioni, quantità scambiate, ecc.): ciò è alla base della validità dell'analisi tecnica, ma contemporaneamente ne vanifica l'efficacia predittiva.
Quando si parla di forma forte, semi forte e debole si fa riferimento anche al periodo temporale, nel senso che il mercato sconta perfettamente le notizie in un arco di tempo più o meno lungo: per “Fama” l'andamento della borsa di domani è prevedibile solamente se hai la notizia prima del mercato (insider trading) e quindi non è possibile prevederlo per chi non ha la informazione, poi nel medio periodo gli investitori digeriscono l'informazione e quindi adeguano il prezzo alle loro aspettative razionali, e nel lungo periodo il mercato assorbe totalmente la notizia ed il prezzo la incorpora correttamente. Non prende in considerazione l'emotività degli investitori, ma li giudica pienamente capaci di interpretare la notizia nel lungo periodo in maniera del tutto razionale ed efficiente, così che i prezzi siano corretti. Come scrive in un suo articolo il dott. Stefano Calamita (esperto di psicologia finanziaria): "efficienza dei mercati" (detta anche "valutativa") ed "efficienza informativa" sono due concetti diversi (come chiunque segue operativamente i mercati può capire) ed è troppo semplicistico accomunarli come viene fatto dai teorici economisti. Come se ciò non bastasse alcuni economisti che sostengono tale teoria hanno fatto regredire l'importanza della psicologia economica arrivando a dichiararne più o meno espressamente la sua inutilità, in quanto "le componenti psicologiche sarebbero immunizzate dalle semplici e precise leggi economiche dei mercati finanziari ". Chi non condivide gli stili cognitivi e i comportamenti dominanti e ottimizzanti è destinato secondo la Efficient Market Hypothesis, a incorrere in gravissime perdite.
Le componenti psicologiche legate alla irrazionalità degli operatori/investitori, le componenti emotive, ecc. sono "rumori" di intensità irrilevante per l'economista. Tuttavia la Borsa è un "fenomeno" molto complesso ma prima di ogni aspetto è un fenomeno sociale, in quanto messo in atto da soggetti umani, e quindi và affrontato con metodologia psicosociale, per cercare di arrivarne a capo e trarre conclusioni che ci possano essere di aiuto ai fini operativi. Il mercato finanziario, a differenza della teoria, è caratterizzato da assenza di modelli dominanti. La pluralità delle opinioni genera comportamenti di massa e questi sono il risultato dei comportamenti di tanti individui: questi comportamenti che siano corretti o meno dipende non dal mercato ma da noi, con il nostro "vissuto". Nella realtà gli investitori sembrano compiere sistematici errori di valutazione ed effettuare scelte di investimento non massimizzanti. I mercati sembrano mostrare significative e ripetute allontanamenti dall'efficienza e non riflettere sempre il valore corretto delle attività finanziarie. A mio avviso il mercato efficiente non esiste, le informazioni fanno variare il mercato in una direzione piuttosto che in un'altra, e soprattutto tali informazioni (a volte) sono in possesso di pochi che “controllano” il mercato. Questo è vero specialmente in microeconomie come quella italiana, dove molte aziende sono in mano a lobby famigliari. Quindi, si potrebbe dire, che il mercato efficiente è più che altro un'utopia.
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