Mentre dall'economia vengono segnali di incertezza, e dalle banche centrali timori di inflazione assai più che di recessione, i mercati azionari europei sono tornati a ritoccare i massimi di quest'anno e quelli americani si sono nuovamente riportati ai valori di fine febbraio, assai vicini a quota 1300 (per l'indice SP500, il più significativo).
Siamo pertanto assai vicini al punto indicato da lungo tempo come il momento della verità per il lungo movimento rialzista di questi ultimi tre anni.
Come ho affermato più volte, oltre quota 1315 a mio parere avremmo indicazioni grafiche abbastanza affidabili di proseguimento del movimento rialzista con possibilità di una ulteriore accelerazione fino all'ambiziosissimo obiettivo del ritorno ai massimi del 2000, che per l'indice SP500 sono posizionati a quota 1530. Ricordo per inciso che sul nostro indice Mibtel, che ora è a 29.470, tale livello massimo assoluto attende a quota 35.001.
L'incapacità di superare lo spartiacque di 1315 manterrebbe in vigore l'ipotesi che il mercato orso debba ancora battere l'ultimo colpo e potrebbe trascinare nuovamente piuttosto in basso i mercati azionari.
Come si può apprezzare, si va dal massimo dell'ottimismo al pessimismo più cupo. Sembra quasi di assistere alla descrizione della situazione economica italiana descritta da Berlusconi e da Prodi.
Però questa appare la situazione grafica. Dopo la grossa esplosione di volatilità del biennio 2001-2002 ed il successivo recupero piuttosto lineare accompagnato da una decisa contrazione di volatilità, sembra estremamente probabile un ritorno di volatilità nel prossimo futuro, che dovrebbe provocare un movimento piuttosto ampio ed abbastanza rapido. I mercati azionari appaiono veramente nel momento topico delle scelte di lungo periodo. Purtroppo non sappiamo da che parte si sfogherà questo impulso. Possiamo fare delle ipotesi, e sinceramente ci sono valide motivazioni a sostegno di entrambi gli scenari pur così contrastanti.
Nelle prossime due settimane dedicheremo lo spazio del commento a delineare queste due possibili alternative portando le ragioni a favore dell'ipotesi rialzista e di quella ribassista.
Quando ci si trova alla resa dei conti può essere importante fare il punto della situazione e rappresentare a se stessi il più chiaramente possibile le possibili ipotesi, nella consapevolezza che, per tanto che si faccia, sicuramente qualcosa sfuggirà e sarà probabilmente ciò che farà pendere la bilancia da una parte o dall'altra.
Chi segue l'analisi tecnica sa, comunque, che la migliore soluzione operativa sarà quella di non farsi condizionare troppo dalla riflessione economica ma piuttosto di seguire il trend che si svilupperà.
Qualunque esso sia, senza pregiudizi.
FOCUS MACROECONOMICO
La settimana passata soltanto due dati macroeconomici erano degni di attenzione. Uno, la Bilancia commerciale USA, ha fatto segnare un nuovo record negativo mensile, per la prima volta al di sopra dei 68 miliardi di dollari.
Il secondo dato, relativo al mercato del lavoro ed alla creazione di occupazione, ha riportato il sereno sulle borse americane rilevando un notevole ritmo di creazione di posti di lavoro: 243.000 nuovi occupati, ben al di sopra delle previsioni che si fermavano a 210.000.
Si conferma pertanto la buona salute dell'economia a stelle e striscie ed aumentano le probabilità che la Fed proceda ad ulteriori rialzi nel costo del denaro.
Il rialzo di marzo a quota 4,75% è dato per certo, ma cominciano a circolare previsioni, che trovano credito nell'evoluzione dei contratti a termine sui tassi con scadenza giugno e settembre, di un ulteriore ritocco anche in maggio, per giungere così a quota 5% prima dell'estate. Poi si vedrà.
La convinzione delle autorità monetarie americane è che persistano rischi di pressioni inflazionistiche e che in questo periodo sia meglio abbondare che scarseggiare nel drenaggio di liquidità, dal momento che la solidità dei fondamentali economici viene data per acquisita.
Anche in Europa prende quota l'ipotesi che la BCE possa calcare la mano più di quanto si stimasse. Man mano che i sintomi di crescita si rinforzano, soprattutto in Germania, la BCE si fa sempre più aggressiva, con possibilità di inasprimenti del tasso ufficiale oltre il 3% previsto dagli economisti.
Tutto dipenderà dalle spinte inflazionistiche e quindi dal prezzo del petrolio. Il greggio sta nuovamente ripiegando verso i 60 dollari al barile. Il mercato sta per ora ignorando la tensione esistente tra Iran ed Occidente sullo sviluppo dell'industria nucleare. Tuttavia un inasprimento del confronto porterebbe nuova preoccupazione e tensioni sui prezzi del greggio.
La variabile tassi sta dimostrando di essere il principale driver del movimento anche sui mercati valutari. Il dollaro sta infatti traendo forza dalle attese di ulteriori aumenti nei tassi ufficiali di interesse USA, che riescono addirittura a neutralizzare la brutta notizia del deficit record nella bilancia commerciale. Segno che gli afflussi di capitali attirati dagli alti tassi (rispetto al resto del mondo) riescono a compensare i pagamenti di merci e servizi importati in eccesso.
I prossimi giorni saranno caratterizzati da parecchi dati macro americani. Segnalo per importanza soprattutto i prezzi al consumo giovedì ed i dati sulla produzione industriale di venerdì.
Pierluigi Gerbino
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