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Report finanziario "CLASSIC" 21 Giugno 2006

IL BRACCIO DI FERRO CONTINUA

Il tempo dell’incertezza sembra non finire mai, in questo inizio di estate sui mercati finanziari.
Dopo che si è capito che anche le banche centrali sono appese ai dati quotidiani per cercare di risolvere il dubbio sul futuro dell’economia mondiale, le borse obbligazionarie ed azionarie si sono fermate su livelli sensibilmente inferiori ai massimi dell’anno e riflettono se quella in atto deve essere una semplice correzione, salutare per intraprendere un nuovo volo verso i massimi assoluti, oppure sia necessario un lungo periodo di calo per completare un intero ciclo ribassista.

Che le idee siano molte e confuse lo testimonia il vasto campionario di previsioni che si può trovare in giro per la rete o sui settimanali specializzati.
Circa l’economia americana, che è il faro dell’economia mondiale, un primo gruppo di commentatori, che definirei ottimista, ipotizza una prosecuzone della crescita a ritmi sostenuti, mediante la stabilizzazione del tasso di crescita a livello di quello potenziale (circa 3% annuo di aumento del PIL) e  diminuzone imminente delle pressioni inflazionistiche, che consentiranno presto alla Fed di interrompere l’aumento dei tassi. Costoro confidano in un “soft landing”, cioè atterraggio morbido dagli eccessi espansivi del ciclo economico che eviti una recessione e pertanto consenta alle imprese di proseguire nell’aumento dei profitti a buon ritmo. Costoro ipotizzano che la correzione subita dai mercati azionari sia terminata o al più sia vicino alla fine ed abbia rappresentato una buona occasione di ulteriore ingresso a prezzi interessanti.

Il mercato obbligazionario per costoro dovrebbe essere anch’esso al termine del ciclo ribassista, e quando la Fed chiuderà la stagione dei rialzi potrà riprendersi, grazie al contesto di inflazione sotto controllo.
Dal lato opposto, quello dei “pessimisti”, vi è chi nota che forse la medicina dei tassi in crescita potrebbe aver ucciso il paziente e che i segnali di rallentamento economico sono il preludio alla caduta in recessione dell’economia americana sotto il peso dei tanti squilibri che in questi anni non sono stati affatto attutiti dalla politica del danaro facile seguita da Greenspan. Un vero e proprio “hard landing”, atterraggio d’emergenza senza carrello. Lo scoppio della bolla immobiliare unito alle pressioni inflazionistiche sui costi provocate dall’ulteriore aumento del prezzo del petrolio, potrebbero addirittura portare al fenomeno della “stagflazione” che è il male peggiore per i mercati finanziari, poiché è l’unica occasione in cui si perde dapperttutto: dovrebbero infatti scendere sia le azioni, per colpa della stagnazione della crescita economica, sia le obbligazioni, per colpa dell’aumento dell’inflazione.
In mezzo c’è il folto gruppo dei tutubanti, che si è accorto che qualcosa sta cambiando nel panorama economico, ma vede che le pressioni inflazionistiche e i segnali di rallentamento nell’economia non hanno ancora raggiunto il punto di non ritorno.

Gli utili aziendali per ora non sembrano soffrire molto delle mutate condizioni e sembra prematuro fasciarsi la testa, almeno fino a quando non verranno segnali più chiari. Costoro ritengono che sia giusto realizzare qualche profitto e ridurre un po’ l’esposizione sul mercato azionario, portando a casa gli utili dell salita dal 2003, mentre ancora ci sono, per spederne magari una parte in vacanza. Poi, dopo l’estate, si vedrà.

Al momento questi indecisi sembrano la maggioranza. Infatti i mercati si sono fermati ed oscillano, magari nervosamente, ma senza dare l’impressione di aver già intrapreso un ulteriore impulso, dopo il secco storno di maggio. Questa è certamente la posizione più prudente, che certamente avrà qualcosa da rimproverarsi quando nascerà il prossimo movimento sui mercati. Ma è anche quella che difficilmente verrà travolta, qualunque sia l’esito della partita.

 

ANALISI DEL FUTURE SPMIB
Se si vuole analizzare il mercato azionario italiano dal punto di vista grafico in questo periodo non ha molto senso prendere in esame un indice, poiché siamo nel periodo in cui lo stacco dei dividendi crea un effetto disturbo sui reali andamenti di mercato. E’ preferibile analizzare il Future SPMIB, poiché esso sconta in anticipo lo stacco dividendi ed è quindi depurato da questo “effetto ottico”.

Il nostro mercato, sulla scia delle indicazioni provenienti dagli Usa, che hanno condizionato tutti i mercati azionari nel mondo, ha concluso il 16 marzo a quota 38.625 l’importante movimento rialzista messo in atto dai minimi di fine ottobre ed è entrato in una fase sostanzialmente laterale che si è protratta per circa due mesi. Faccio notare, per inciso, che se noi analizzassimo l’indice SPMIB vedremmo il massimo dell’anno realizzato non il 16 marzo, ma il 10 maggio, proprio per colpa del meccanismo che porta il future a scontare in anticipo lo stacco dei dividendi.
La fase laterale da marzo a maggio è stata una fase di distribuzione.

Infatti dal giorno 11 maggio è iniziata una violenta correzione che ha spinto in pochi giorni il mercato ben al di sotto del supporto di 36.600 e che si è momentaneamente arrestata il 22 maggio a contatto con la media mobile di lungo periodo (200 giorni) in area 35.500. Il rimbalzo che ne è scaturito non è riuscito a superare, se non per poche ore, il livello di 36.600, che a quel punto era diventato resistenza. Ne è scaturito un nuovo impulso ribassista che ha violato sia la media mobile che i precedenti minimi, scivolando fino a 34.630.

Da quel livello, sfruttando il segnale di ripresa pervenuto dagli Usa, il nostro future sta tentandoiun nuovo rimbalzo, che sembra arrivato proprio ora ad un livello chiave.
Dal grafico si nota che l’area compresa tra 35.800 e 35.900 costituisce un livello di importanza assoluta per il futuro movimento del mercato. Infatti esso costituisce una buona resistenza statica, essendo stato toccato per 4 volte negli ultimi 10 giorni, senza mai riuscire ad oltrepassarlo. Inoltre in questi giorni transitano da lì anche la media mobile e la trend line che unisce i due massimi dell’impulso ribassista in corso.

E’ innegabile che la violazione confermata in chiusura di giornata di questo forte ostacolo costituirebbe un forte segnale di ripresa del mercato, con possibilità di tornare a testare ancora una volta il livello di 36.600.
L’impostazione del mercato, attualmente ancora ribassista, muterebbe drasticamente oltre 37.000 punti e tornerebbe a farsi molto probabile la prosecuzione del rialzo oltre i precedenti massimi annuali.
Se, viceversa il mercato mostrasse l’intenzione di tornare indietro, andrebbe vista molto negativamente la discesa sotto 35.200, poiché confermerebbe il completamento di una figura ribassista (testa e spalle) con obiettivo il ritorno ai minimi dell’ottobre scorso.

FOCUS MACROECONOMICO

Inflazione in aumento negli USA, come previsto da molti. Tuttavia il dato di mercoledì scorso ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai mercati, che evidentemente temevano ben di peggio.
L’inflazione americana di maggio, misurata dall’indice dei prezzi al consumo, è stata infatti inferiore alle attesesull’indice globale, ma leggermente superiore nelle componenti “core”. In sé il dato non è positivo, poiché evidenzia che il temuto “effetto di allargamento” degli impulsi inflazionistici dalle materie prime agli altri prodotti si sta effettivamente realizzando.

Ci ha pensato Bernanke a rassicurare i mercati, proseguendo nella sua ondivaga alternanza di bastone e carota. Nel Beige Book la Fed ha osservato che le attese di una recrudescenza dell’inflazione sembrano minori del temuto.
Tanto è bastato a riportare un po’ di sereno sui mercati azionari, che hanno potuto rimbalzare con forza sul finire della settimana, anche grazie alla moderazione dei prezzi del petrolio, che non riescono a risalire oltre i 70 dollari.

Si coglie l’impressione che la Fed, non riuscendo a capire bene quali indicazioni vengano dall’economia reale, cerchi di trarsi d’impaccio inviando segnali contradditori ai mercati, sperando così di prendere tempo in attesa che la nebbia previsionale si diradi. Però un tale atteggiamento richia di compromettere la credibilità dell’istituzione e la fiducia che in essa i mercati hanno sempre nutrito all’epoca del rimpianto Greenspan.
La settimana in corso è piuttosto scarna di dati macro, almeno nella prima parte.
Da segnalare soltanto il superindice americano previsto per giovedì e, sempre dagli USA, gli ordini di beni durevoli il giorno seguente.

Pierluigi Gerbino

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