Negli ultimi giorni i mercati azionari hanno proseguito il loro movimento rialzista, lento e senza scosse, verso i valori chiave indicati la scorsa settimana come strategici. SP500, che considero tra gli indici americani di gran lunga il più significativo ha ulteriormente avvicinato l'importantissima resistenza di 1315, realizzando per ben tre volte 1310. A quel livello però sono partite bordate di vendite che lo hanno ricacciato sotto 1300, a testimonianza dell'importanza che il mercato assegna a quest'area.
Permane quindi l'incertezza ed in attesa che il mercato decida se spingersi oltre o correggere significativamente, proviamo a motivare il perché la scorsa settimana ho affermato che ci sono buone ragioni per ritenere possible il volo dei mercati verso i massimi del 2000.
Al livello in cui siamo la realizzazione di un impulso che permetta una crescita dei mercati azionari così significativa richiede una buona dose di euforia. Non dimentichiamo che il rialzo dura ormai da tre anni e mezzo e che l'indice americano è già risalito dai minimi di ottobre 2002 del 70%, mentre l'indice europeo Eurostoxx50 ha già recuperato dal suo minimo (che è stato nel marzo 2003) addirittura il 108%. Tutto ciò senza significative correzioni. Il balzo che questi due indici devono ancora fare per tornare ai massimi assoluti è rispettivamente del 18,5% e del 43%.
Inoltre i mercati stanno vivendo, e nei prezzi hanno già scontato, uno stato di grazia dell'economia mondiale che nel 2005 ha portato al record assoluto di crescita economica, quasi il 5%, grazie al forte contributo degli USA, sorprendentemente tonici, e dei progressi eccezionali compiuti dai principali paesi emergenti, con in testa i cosiddetti BRIC, cioè Brasile, Russia, India e Cina. Questo risultato è stato ottenuto con un tasso di inflazione sostanzialmente contenuto nonostante le pressioni dal lato dei costi per colpa del prezzo del petrolio raddoppiato in due anni.
E' evidente perciò che la possibilità di ulteriore spinta rialzista ai mercati è subordinata alla prosecuzione dello stato di grazia odierno.
Quanto ciò sia possibile è stato oggetto di previsioni da parte dei più importanti centri di ricerca e delle Banche Centrali. Bernanke soltanto ieri ha confermato che ritiene il proseguimento della crescita senza inflazione per i prossimi due anni non solo possibile ma anche probabile.
Si è inoltre fatto notare da più parti che a far da locomitva dello sviluppo mondiale potrebbero affiancarsi agli Usa anche l'Europa ed il Giappone, i grandi malati degli ultimi anni, che stanno uscendo da un periodo abbastanza prolungato di stagnazione.
La globalizzazione dell'economia, accanto ai problemi di competitività per le imprese occidentali, potrebbe poi portare un notevole contributo al contenimento dell'inflazione, in grado di compensare anche in futuro, come ha fatto finora, le spinte dovute all'aumento del prezzo del greggio. Infatti le folle di lavoratori disponibili a lavorare a prezzi di sussistenza o poco più nei paesi in via di sviluppo, sono un fenomeno calmieratore dei prezzi molto potente che, attraverso la delocalizzazione, permette alle imprese multinazionali (che sono la spina dorsale delle principali borse) di mantenere buoni margini di profitto anche in presenza di costi dell'energia crescenti.
Non dimentichiamo poi che il progressivo miglioramento del benessere all'interno di questi paesi un tempo esclusi dallo sviluppo potrebbe fornire un notevole impulso alla domanda mondiale in grado di far da volano alla crescita economica.
L'euforia rialzista, per innescarsi, avrebbe anche necessità di qualche altro catalizzatore, in grado di fornire quell'entusiasmo che abbiamo visto negli anni '98-2000, quando si riteneva che internet e la new economy avrebbero comportato la crescita ininterrotta dei mercati.
Credo che gli ultimi mesi ci abbiano fornito qualche indicazione in merito. A mio parere tale catalizzatore potrebbe essere al febbre da M&A che sta attanagliando interi settori e tutte le più grandi imprese. La sfida competitiva sta spingendo tutti a cercare la soluzione nell'aumento delle dimensioni aziendali, da attuare con fusioni, acquisizioni o scalte ostili. La parola d'ordine è diventata "crescere a tutti i costi", per conquistare nuovo spazio o anche soltanto per difendersi da eventuali attacchi ostili. Quali effetti possa avere sulle borse la filosofia del "mors tua vita mea" ci è stato ben mostrato dagli eventi di casa nostra che hanno recentemente interessato il settore bancario. Dopo la cacciata di Fazio, ritenuto l'ultimo ostacolo al "risiko", si è scatenata una febbre speculativa che ha interessato quasi tutte le banche italiane, comprate a piene mani nell'ipotesi che la girandola di acquisizioni e fusioni che dovrebbe partire avrebbe beneficiato tutti, prede e cacciatori.
Se eventi simili si svilupperanno anche in qualche altro settore la "creazione di valore" potrà continuare e stimolare l'ingresso di sempre nuovi risparmiatori, attratti dai facili guadagni. Potremo allora rivivere quei momenti di isteria speculativa che si vide nella fase finale degli anni '90 per i titoli internet e del settore delle telecomunicazioni. Naturalmente la possibilità che al termine della corsa si ripeta la caduta fragorosa, che abbiamo visto nel 2001 per quei settori, è ben presente, ma potrebbe non essere percepita a dovere dagli speculatori nuovi o vecchi (ma di memoria corta).
Se questo avverrà ci sono buone possibilità che si gonfi una nuova bolla, che, come le precedenti, porterà illusioni ed esagerazioni che molti pagheranno, insieme ad ottime occasioni di arricchimento per chi saprà cavalcarla fino in fondo e scendere al momento opportuno.
Non resta che chiedersi se esiste uno scenario opposto da prendere in considerazione.
La risposta è affermativa, ma verrà sviluppata la prossima settimana.
FOCUS MACROECONOMICO
La settimana dell'inflazione è passata senza danni. Infatti sia l'inflazione americana al consumo, sia quella europea hanno mostrato una crescita più contenuta che in passato e sostanzialmente in linea con le attese di moderazione degli esperti. L'evento ha riportato molti operatori a discutere su che cosa farà la Federal Reserve nei prossimi mesi, dal momento che un rialzo del tasso ufficiale al 4,75% nella prossima riunione del 28 marzo (la prima dell'era Bernanke) è dato per certo. Fino a qualche giorno fa veniva considerato certo anche un aumento al 5% entro giugno e qualcuno si azzardava ad ipotizzare approdi a livelli superiori. Ora il mercato sembra meno convinto di tale scenario, dando addirittura qualche probabilità ad un arresto della manovra al 4,75%.
In Europa la sensazione dei mercati e degli esperti è invece maggiormente orientata ad un proseguimento più marcato della tendenza al rialzo dei tassi da parte della BCE, anche perché l'obiettivo di inflazione al 2% è superato da qualche mese e non ci sono attese di un rientro al di sotto di tale livello nei prossimi mesi.
La conseguenza di tali previsioni sono state ovviamente favorevoli per i mercati azionari, che hanno proseguito nel loro euforico rialzo beandosi della bassa inflazione. I mercati obbligazionari invece, pur rimanendo impostati al ribasso, sono leggermente rimbalzati a causa dell'affievolimento del pessimismo sui tassi. A dire il vero si sono comportati meglio i Bonds americani che quelli europei, anche perché in Europa le attese sui tassi permangono abbastanza fosche. Il fatto che i mercati scontino una riduzione progressiva dello spread tra i tassi americani ed europei ha ovviamente penalizzato il dollaro, che negli ultimi mesi si è rafforzato molto sull'euro a causa proprio dell'allargamento di questo spread, che ora sembra voler invertire la direzione. L'euro si è perciò riportato assai vicino ai massimi di quest'anno in area 1,23.
La settimana corrente è abbastanza tranquilla e senza grossi dati. Di qualche rilievo soltanto i prezzi alla produzione USA, attesi martedì, e gli ordini di beni durevoli, che arriveranno venerdì.
Sarà forse di maggior interesse l'intervento di Bernanke.
Pierluigi Gerbino
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