Ultimamente sui mercati finanziari si respira un certo nervosismo. La spavalderia che ha accompagnato i mercati negli ultimi due anni, con le correzioni che venivano interpretate come occasioni di acquisto e gli indici proiettati verso sempre nuovi traguardi, sembrano un ricordo.
A guastare ulteriormente il clima già deteriorato ha provveduto la Federal Reserve, che proprio ieri sera ha accompagnato il settimo rialzo consecutivo dei tassi di interesse di un quarto di punto con un comunicato piuttosto sibillino, che il mercato non ha interpretato bene. Greenspan e colleghi hanno affermato che intendono proseguire nella loro politica di aumento moderato e progressivo dei tassi, in grado di stabilizzare la crescita economica, sebbene nel breve periodo si intravvedano pressioni inflazionistiche superiori al passato.
Il concetto è bastato ad incutere il timore che se l'inflazione dovesse realmente rialzare la testa non sarebbe sufficiente la gradualità promessa da Greenspan.
I principali mercati azionari, dopo aver disegnato all'inizio del mese delle perfette "bull trap", cioè dei tipici falsi segnali rialzisti prodotti con il superamento non confermato dei massimi relativi precedenti, stanno ora testando quei livelli di supporto che io indicherei come "l'ultima spiaggia" del trend rialzista. Tali livelli sono rispettivamente 1163 per SP500, 1970 per Nasdaq, 4276 per il Dax e 23840 per il nostro Mibtel. I mercati americani sono giunti quasi a contatto nella giornata odierna, mentre quelli europei sono ancora un po' più distanti. Soprattutto sembra che al momento tali livelli stiano reggendo anche se piuttosto a fatica, soprattutto in America.
La partita però al momento è ancora assai aperta ed è molto importante verificare come andrà a finire, poiché uno sfondamento deciso, che difficilmente potrà però avvenire prima delle festività pasquali, data l'assenza di operatori sui mercati, causerebbe l'inversione ribassista del tend di breve-medio periodo. Detto in altre parole sancirebbe la fine della festa che dura da due anni ed aprirebbe le porte ad una correzione ulteriore di un ordine di grandezza compreso tra il 10% ed il 20% ulteriori e della durata di qualche mese. Quanto basta per provocare la probabile conclusione dell'annata 2005 in territorio negativo (magari anche a due cifre) e riportare un po' di cautela sulle sorti delle borse, dopo gli entusiasmi recenti che hanno creato una mini-bolla speculativa.
Una momentanea tenuta invece rinvierebbe ancora la resa dei conti e magari manterrebbe viva l'ipotesi di mantenere in vita il trend rialzista di medio periodo e di raggiungere i tanto sospirati obiettivi di area 1250-1280 (per SP500). E' ovvio che per la realizzazione di questa seconda prospettiva è necessario che il petrolio moderi i suoi prezzi dai livelli attuali, poiché questa appare la miccia in grado di rinfocolare le pressioni inflazionistiche.
Quale tra le due ipotesi troveremo nell'uovo di Pasqua?
Personalmente ritengo probabile una momentanea tenuta, per creare l'illusione del rimbalzo, che tuttavia non credo abbia la forza di riportarsi oltre i massimi di marzo. Il mese in corso si configurerebbe pertanto come mese di svolta ribassista confermata dalla successiva violazione dei supporti e dalla realizzazione di modelli di inversione (testa e spalle) che porterebbero agli obiettivi ribassisti indicati.
Se tale ipotesi fosse corretta dovremmo assistere nei prossimi giorni ad un rimbalzo da questi livelli, che verrebbe interpretato dal mercato in ottica distributiva, cioè come occasione di chiusura di posizioni rialziste di medio-lungo periodo.
Vedremo. D'altra parte la sfera di cristallo non ce l'ha nessuno.
FOCUS MACROECONOMICO
I giorni scorsi sono stati caratterizzati da dati congiunturali sostanzialmente brutti. Un po' tutti quelli usciti in America, dalla bilancia dei pagamenti al deficit federale, dalle vendite al dettaglio all'indice Fed Filadelfia, per finire con la fiducia dei consumatori ed i prezzi alla produzione, è stato un susseguirsi di dati inferiori alle attese.
L'indicazione che sembra provenire è quella di un marcato rallentamento del ritmo di crescita economica, che contrasta con la politica attuata dalla Fed di proseguire, sia pure lentamente, nella stretta monetaria con l'ennesimo rialzo dei tassi di un quarto di punto comunicato nella serata di martedì.
Anche in questo frangente il comportamento della Fed, come già avvenne più volte in passato, si caratterizza per il mancato tempismo. Quando era ora di alzare i tassi, all'inizio dello scorso anno, Greenspan temporeggiò per parecchi mesi nel timore di una deflazione che poi non si manifestò. Ora che la politica restrittiva è iniziata e deve ancora completarsi l'economia sta mostrando di aver già finito gran parte della benzina, per cui il proseguimento della stretta rischia di buttarla effettivamente in recessione.
A peggiorare le cose continua a contribuire il rialzo del petrolio, che non mostra di voler significativamente rallentare.
L'unica nota "positiva" è il forte afflusso di capitali stranieri in USA, che riesce a sostenere il dollaro. Ci si chiede però fino a quando questa "flebo" continuerà ad essere somministrata al malato americano.
La settimana corrente ci presenta ben pochi dati a causa delle festività pasquali. Interessante appare soltanto il dato sull'inflazione USA (mercoledì) e quello sugli Ordini di Beni Durevoli (giovedì).
Pierluigi Gerbino
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