Gli ultimi giorni hanno visto i principali mercati europei ed il Giappone superare i precedenti massimi di quest'anno, mentre hanno per il momento fallito il recupero i mercati americani.
Può darsi che i mercati abbiaqno risentito del dibattito prepotentemente dominato dai temi politici.
Non mi riferisco ovviamente alla politica di casa nostra, dove i partiti si barcamenano nell'incapacità di cambiare il custode della Banca Centrale baloccandosi a colpi di sondaggi che danno vincenti ora il centro-sinistra, ora il centro-destra, a seconda di chi paga. C'è molto da riflettere sulla serietà dei nostri istituti di ricerca demoscopica.
Quel che si è imposto all'attenzione mondiale è il crollo, probabilmente definitivo, della credibilità politica e morale di Bush e contemporaneamente il trionfo di immagine e di consenso del leader giapponese Koizumi alle elezioni di domenica scorsa.
Quanto a Bush, si può affermare che l'uragano Katrina è riuscito dove la guerra in Iraq non ce l'aveva fatta. Cioè a far finalmente comprendere agli americani la vera indole di Bush, che non appare più a nessuno il condottiero che prende per mano l'America piegata dall'11 settembre e tra le lacrime la conduce al riscatto, ma più realisticamente come un balbetante e mediocre politicante, ostaggio della burocrazia e delle sue troppe vacanze, responsabile del devastante fallimento nella prevenzione e poi nel contenimento degli effetti dell'uragano in Louisiana.
L'impressione provocata in USA dalla devastazione dell'uragano è paragonabile a quella suscitata 4 anni fa dagli aerei penetrati nei grattacieli. Simile è stata la sorpresa che ancora una volta ha colto gli americani, nel rivivere quella sensazione di profonda insicurezza che il loro Presidente aveva promesso di cancellare per sempre.
Non stupisce perciò il crollo nei consensi che i sondaggi stanno mostrando, quasi come se finalmente ci si fosse accorti tutti insieme di essere stati presi in giro per anni.
Credo che questo secondo K.O. possa fare più danni alla fiducia dei consumatori ed all'economia americana di quanto si temeva potesse essere provocato dagli attentati alle torri gemelle.
Pare inoltre di notare che i tragici eventi hanno rimesso in discussione anche uno dei capisalbi ideologici della tradizione politica americana: il liberismo e lo stato leggero. Su questo tema si è espressa molto lucidamente Barbara Spinelli, nel suo articolo di fondo di domenica scorsa su "La Stampa", a cui rimando. Mi limito a sottolineare che il ripensare al dogma della libertà individuale e del libero mercato al di sopra della giustizia e della solidarietà sociale può portare ad esiti molto interessanti, facendo forse riscoprire agli americani quei valori che noi europei abbiamo finora mantenuto con grande fatica e sembriamo a volte propensi a scambiare con i maggiori profitti che si conseguono (per qualcuno..) con la massima privatizzazione possibile.
Ironia della sorte, mentre in USA Bush appassisce per colpa dei suoi eccessi di liberismo, in Giappone fiorisce il premier Koizumi, proprio grazie alla sua ardita sfida liberistica alla gerontocrazia clientelare giapponese.
Ha puntato tutto sulla privatizzazione delle poste, emblema della vecchia politica, e sulla sfida dei giovani e rampanti candidati, scelti tra i più affermati e dinamici trentenni della società civile contro i vecchi notabili di del suo stesso partito liberal-democratico. Quello che molti osservatori hanno a priori giudicato come un pericoloso azzardo, ha consentito a Koizumi un trionfo mai visto.
In un colpo solo il leader giapponese si è trovato la maggioranza assoluta in Parlamento, l'eliminazione dell'apparato di notabile e di vecchie correnti di partito che per 15 anni ha impedito quelle riforme in grado di condurre il Giappone fuori dalle secche della recessione, un'immagine di uomo nuovo nonostante i suoi 64 anni e la lunga carriera ai vertici della politica giapponese, l'ovazione dei mercati, con l'indice Nikkey cresciuto in due giorni di oltre il 3,5%.
Ci sono tutte le premesse per una stagione di rinnovamento in grado di riportare il Sol Levante nelle posizioni di testa delle potenze economiche mondiali, dopo anni di oblio. La Borsa nipponica prende atto.
FOCUS MACROECONOMICO
La scorsa settimana è stata caratterizzata da pochi dati macroeconomici, che hanno dato al mercato informazioni contrastanti.
Se il dato sull'ISM servizi è stato migliore delle attese, è risultata in peggioramento la misurazione della produttività trimestrale e del costo del lavoro americani.
La settimana è stata dedicata sostanzialmente alla stima degli effetti dell'uragano sull'economia americana e mondiale.
Gli esperti stanno convergendo nell'ipotizzare un effetto negativo sull'occupazione americana intorno ai 500.000 posti di lavoro perduti, mentre il PIL USA dovrebbe quest'anno subire una decurtazione compresa tra il mezzo punto ed il punto percentuale.
Si tratta comunque di stime, poiché i primi dati economici post-uragano arriveranno soltanto tra 3-4 settimane.
Intanto sui mercati sembra prevalere una certa sdrammatizzazione dei timori delle scorse settimane. Infatti i mercati azionari sono tornati ai massimi ed oltre, quelli obbligazionari stano ripiegando dai massimi raggiunti in pieno uragano, mentre anche il petrolio ha ripiegato. Il quadro sembra quindi meno fosco, anche se la vicenda ha mostrato la vulnerabilità dell'America di fronte alle catastrofi naturali.
Questa settimana i dati macroeconomici americani non mancano ed ogni giorno avrà la sua pena, a cominciare da martedì (Bilancia Commerciale e Prezzi alla produzione), per continuare mercoledì (dati su produzione e vendite), giovedì (inflazione e indici di attività industriale) e venerdì (flussi di capitali e fiducia dei consumatori).
Pierluigi Gerbino
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