Prosegue senza scosse l'andamento moderatamente rialzista dei mercati azionari. Le ultime settimane, dopo la realizzazione di nuovi massimi annuali da parte di tutte le principali borse (ma non la nostra), hanno visto un tranquillo consolidamento dei valori al di sopra delle aree di resistenza infrante.
Possiamo quindi affermare che gli obiettivi rialzisti del movimento iniziato nel marzo 2003 sono stati raggiunti, almeno per quanto riguarda il principale indice americano SP500.
Avevamo indicato, fin dal 16 novembre 2004, oltre un anno fa, l'obiettivo del mercato compreso tra 1220 e 1280 e possiamo dire che ormai ci siamo.
In termini di ritracciamenti il mercato americano ha corretto circa il 62% del movimento ribassista del triennio 2000-2002.
Il fatto che trovi seri ostacoli a salire ancora è dovuto all'importanza dell'area che in questo momento è interessata.
Una ulteriore significativa estensione del rialzo manderebbe definitivamente in soffitta ogni rimasuglio di mercato orso, poiché sarebbe ipotizzabile un ritorno almeno ai massimi assoluti del 2000 in tempi non biblici.
Si può ritenere anche che oltre certi livelli, identificabili con i massimi del 2001 a 1315, rientrerebbero sul mercato molti dei risparmiatori scottati dal mercato orso. Quelli che hanno subito perdite significative negli anni passati ed hanno liquidato l'investimento potrebbero dimenticare la brutta esperienza e riprovarci. Coloro che invece hanno resistito al calo senza vendere ed hanno attraversato il deserto dell'orso mantenendo con caparbietà le posizioni vedrebbero la luce in fondo al tunnel e sarebbero invogliati a diminuire il prezzo di carico dei propri investimenti mediando gli sciagurati acquisti della bolla con nuove compere.
A costoro potrebbero poi aggiungersi frotte di profughi dai bond, che nei prossimi mesi non dovrebbero trovare molto incentivo nel ribasso delle quotazioni provocato dalle politiche restrittive delle banche centrali e potrebbero dirottare parte delle risorse sul mercato azionario.
Se dovesse verificarsi questo scenario è ipotizzabile il raggiungimento di quell'obiettivo di lungo periodo, che nel 2004 avevamo definito genericamente "ambizioso" e che ora possiamo precisare meglio.
Si tratta della proiezione del grande testa e spalle di inversione rialzista completato proprio a novembre del 2004, che presenta un obiettivo di prezzo a quota 1550, che, guarda caso, coincide proprio con il massimo assoluto realizzato dall'indice a marzo del 2000, prima dello scoppio della bolla speculativa.
E' ovvio che per realizzare questo modello occorrerà che il prezzo del petrolio e gli indici dei prezzi facciano la loro parte, rallentando il ritmo della corsa che hanno tenuto negli ultimi mesi e favorendo così la fine della politica monetaria restrittiva da parte della Fed.
Se invece l'inflazione mostrerà di voler rialzare la testa in modo persistente sarà molto difficile per i mercati proseguire al rialzo anche nel 2006 ed il rally di fine anno non sarà in grado di conseguire il superamento della resistenza di 1315.
La continuazione della stretta creditizia per contrastare "il mostro" inflattivo accelererebbe la fine della fase espansiva del ciclo economico, e l'odore di recessione porterebbe conseguenze negative anche sul mercato azionario. Avremmo così una fase correttiva prolungata che riporterebbe l'indice almeno nei pressi di quota mille, in attesa che passi 'a nuttata.
La situazione in Europa è leggermente diversa da quella rappresentata in USA. Infatti, se guardiamo l'indice Eurostoxx50, che rappresenta sinteticamente i mercati europei, il rimbalzo attuato in questi anni dai minimi post-bolla è stato certamente meno convinto. Il movimento rialzista in atto non è ancora riuscito a correggere nemmeno il 50% del calo di inizio secolo e deve fare ancora parecchia strada prima di poter vendere la pelle dell'orso. Ovviamente se verranno indicazioni rialziste da Wall Street credo che anche i mercati europei si adegueranno. Ma se dall'America dovesse venire incertezza emergerebbe probabilmente la maggior debolezza dell'Europa.
FOCUS MACROECONOMICO
Una tranquilla settimana, sia per l'assenza di dati significativi che per le festività ricorrenti in alcuni paesi, non ha portato novità agli scenari che caratterizzano i vari mercati.
Quel poco che è uscito ha avuto connotazioni miste, con l'indice ISM leggermente peggiore delle attese compensato però dalla fiducia dei consumatori superiore all'aspettativa.
I mercati hanno pertanto consolidato le posizioni permanendo all'incirca sui livelli della settimana precedente, ad eccezione del petrolio, riportatosi al di sopra dei 60 dollari, e dell'oro, che ha proseguito nel suo frenetico rialzo. Il comportamento del metallo giallo, tradizionale bene rifugio in funzione antinflazionistica, sembra anticipare brutte sorprese per i prossimi mesi da parte degli indici dei prezzi, che invece non preoccupano gli analisti.
Vedremo a partire da giovedì prossimo se avranno ragione gli investitori sull'oro oppure gli esperti, che vedono addirittura gli indici dei prezzi in calo.
La settimana presenta anche altri appuntamenti con indicatori di una certa importanza: la Bilancia Commerciale USA (mercoledì), gli indicatori sulla produzione industriale e l'indice FEd Philadelphia (giovedì) ed i prezzi al consumo nell'area Euro (venerdì). Martedì è poi atteso anche l'ennesimo ritocco all'insù di un quarto di punto dei tassi americani, il penultimo dell'era Greenspan (almeno, così ritengono gli esperti).
Pierluigi Gerbino
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