Gli ultimi giorni non hanno portato grosse novità sui mercati finanziari, sebbene dal fronte dei dati economici siano venuti segnali di forza da parte dell'economia americana. Alcuni indicatori macroeconomici hanno lanciato segnali che fanno presumere una buona tenuta del PIL americano anche nel secondo trimestre di quest'anno, proprio quando molti analisti stanno rivedendo al ribasso le prospettive di crescita americana.
I mercati azionari sembrano combattuti tra l'ottimismo, incentivato dalla forza dei consumi e del mercato del lavoro USA, e la cautela che incute il possibile aumento delle pressioni inflazionistiche. I mercati obbligazionari continuano invece a prezzare tassi di interesse compatibili più con lo scenario recessivo che espansivo.
Se dai mercati non vengono grosse novità, l'evento che ha dominato le pagine economiche del nostro paese riguarda il dato sul PIL italiano del primo trimestre 2005. Non posso esimermi dal commentare il fatto, anche se questo non ha pressochè alcuna influenza sui mercati e se potrò da qualcuno essere tacciato ancora una volta di far politica. D'altra parte successe già quando qualche mese fa criticai l'efficacia del taglio delle tasse ai fini di stimolare la ripresa economica.
Il dato sul PIL ci consegna una stima provvisoria che rivela un calo dello 0,5% nel primo trimestre 2005, che si aggiunge al -0,4% dell'ultimo trimestre 2004. La proiezione di questi dati sull'intero anno corrente rende probabile una crescita annua non superiore allo 0,3-0,4%, sempre che avvenga almeno un piccolo rimbalzo nei prossimi trimestri.
La drammaticità del dato sta via via emergendo nella consapevolezza di tutti, compreso il ministro Siniscalco, che ha giustamento corretto con un po' di tardivo realismo la fanfaronata del premier, che a caldo aveva dichiarato che il PIL era sceso per colpa degli italiani che invece di lavorare vogliono fare le vacanze di Pasqua. Probabilmente nel week-end Siniscalco, da ottimo docente di economia qual è, avrà spiegato a Berlusconi che cosa significa il termine "destagionalizzato", cioè che la variazione del PIL rispetto al primo trimestre dello scorso anno è calcolata a parità di giornate lavorative. Quindi le vacanze di Pasqua non incidono sul PIL.
Sinteticamente mi pare di poter trarre dai dati recentemente pubblicati alcune indicazioni:
Viene drasticamente corretta in peggio l'immagine che finora si tendeva ad utilizzare per descrivere la crescita italiana in ambito europeo: l'Italia non è più l'ultimo vagone del convoglio (l'Europa) più lento dell'economia mondiale, ma l'accelerazione del convoglio europeo (+0,5% il dato complessivo di eurolandia) ha sganciato il vagone italiano, che anziché avanzare, ora arretra.
La drammaticità della situazione italiana è ben raffigurata dalla figura riportata a fianco, tratta dal Sole 24ore, che raffigura la divaricazione del PIL reale italiano rispetto a quello europeo. Il gap tra Italia e resto d'Europa si sta allargando ed ha raggiunto i 3 punti percentali di crescita nell'arco degli ultimi 4 anni.
La recessione in cui il nostro paese è precipitato accerta l'inutilità del taglio delle tasse lungamente sbandierato come il toccasana della ripresa italiana.
Non aveva alcun senso prima ed ora non è più onestamente possibile attribuire la colpa delle difficoltà italiane al contesto europeo, alla forza dell'euro ed alla concorrenza cinese, come si è fatto negli ultimi tempi. Infatti tutti questi problemi sono comuni agli altri paesi dell'area euro. Però gli altri dimostrano capacità di crescita nonostante tutto mentre noi riusciamo soltanto a piangerci addosso lamentando congiure.
Il dato pubblicato porta con sé strascichi molto pesanti ai danni della nostra finanza pubblica, già duramente colpita dal succedersi di revisioni che la Commissione Europea sta attuando ai criteri di redazione del nostro bilancio pubblico. Se quando il Governo stimava una crescita del PIL del 1,2% per il 2005 il governo stesso ipotizzava un rapporto deficit/pil tra il 2,9% ed il 3,9%, ora bisognerà portare la stima ben al di sopra del 4%. Pertanto oltre al danno della mancata crescita vdremo anche la beffa di dover attuare una pesante manovra correttiva dei conti pubblici per evitare la dura punizione dei mercati finanziari.
Viene confermato il paradosso della Borsa italiana che sembra stare sulle nuvole. Infatti al dato economico pesantemente negativo continuano a contrapporsi per la maggior parte dei titoli semestrali che mostrano crescita dei ricavi e dei profitti. Infatti la nostra Borsa ospita in gran parte società di settori protetti dalla concorrenza (bancari, energetici ed utility) ma ha scarsità di aziende industriali che competono sui mercati mondiali. Non è un caso però che quasi tutte queste abbiano volato assai più basso quando hanno presentato i loro conti.
Pare che finalmente Siniscalco abbia preso coscienza della gravità della situazione e in un'intervista pubblicata ieri abbia dichiarato che è necessaria "un'operazione verità" (forse finora sono state fattte soltanto operazioni-bugia?)e che "questa volta non si scherza, l'Europa e soprattutto i mercati sono pronti a giudicare con molta severità i nostri prossimi passi". Peccato però che si sia scherzato per tanto tempo con provvedimenti inutili a rilanciare l'economia ma buoni solo a deteriorare i conti pubblici. Speriamo nella sua serietà e nella consapevolezza di essere ormai all'ultima spiaggia. Sempre che Tremonti non gliel'abbia già venduta.
FOCUS MACROECONOMICO
La seconda settimana di maggio ha consegnato ai mercati qualche sorpresa macroeconomica. In particolare due dati abbastanza attesi sono stati nettamente migliori delle aspettative degli analisti.
Il deficit commerciale USA, previsto oltre i 60 miliardi di dollari, è stato invece pari a 55. Viene così un po' ridimensionato uno dei due deficit gemelli che tanto preoccupano i mercati. L'altro, cioè il deficit federale, continua invece a preoccupare. Della situazione si è immediatamente avvantaggiato il dollaro, in buona ripresa sull'euro proprio dopo questo dato. Il secondo dato migliore delle stime è quello sulle vendite al dettaglio, in aumento molto al dilà delle previsioni, che conferma la solidità dei consumi americani e rinforza le aspettative di mantenimento di un buon tasso di crescita per il trimestre in corso. La crescita dei consumi contrasta con il protrarsi del calo nell'indice di fiducia dei consumatori, sceso anche a maggio. Il contrasto in realtà è apparente, poiché l'indice di fiducia, che i mercati spesso sopravvalutano nelle sue capacità predittive dell'andamento dei consumi futuri, è abbastanza spesso disallineato con i comportamenti reali di spesa. Da un lato infatti è un indice spesso troppo influenzato dall'andamento del mercato azionario. In secondo luogo è evidente che un conto è essere magari non ottimisti sul futuro dell'economia, un altro è ridimensionare i propri consumi, specialmente in un paese, come gli Stati Uniti, dove il consumismo è un'ideologia trasversale ad ogni orientamento politico.
La forza dell'economia americana non riesce però ancora a convincere i mercati obbligazionari a scendere. In particolare in Europa, a dispetto dei ritrovati segnali di ripresa economica provenienti a livello continentale, i titoli governativi continuano ad inanellare records.
Spicca in questo panorama abbastanza roseo dal punto di vista macroeconomico, la recessione certificata in Italia dalla discesa del PIL per due trimestri consecutivi, che fa del nostro paese una triste mosca bianca. C'è da chiedersi che mai succederà qui da noi quando nel resto del modo il ciclo economico frenerà.
I prossimi dati USA di rilievo sono previsti soprattutto martedì 17 (produzione industriale e prezzi alla produzione) e mercoledì 18 con la rilevazione dell'inflazione al consumo. Qualche importanza avrà anche il dato del Superindice, che uscirà giovedì 19.
Pierluigi Gerbino
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