I mercati azionari hanno cercato, negli ultimi giorni, di abbandonare i livelli minimi di aprile per tentare un recupero fuori stagione. Maggio non è infatti, per tradizione, un mese da dedicare agli acquisti, quanto piuttosto alle vendite. Dice infatti il famoso proverbio americano: "Sell in may and go away".
Sono stati rincuorati nel loro tentativo dal dato confortante della creazione di posti di lavoro negli USA. Tuttavia il cammino appare irto di ostacoli, come la strenua resistenza del petrolio oltre i 50 dollari, l'abbassamento del rating a Ford e GM, oltre al fatto che l'inflazione USA quatta quatta si è portata stabilmente oltre il 3% e sembra voler addirittura crescere, trainata anche dal costo del lavoro che comincia a salire un po'.
Non mi stupirei perciò di vedere un nuovo attacco ai minimi di aprile e magari il raggiungimento degli obiettivi ribassisti già indicati, anche perché tra i principali indici l'unico che sembra un po' più convinto a salire appare SP500. Il Nasdaq e quelli europei sono ancora impostati in senso ribassista e devono percorrere ancora un po' di strada prima di dare segnali concreti di inversione rialzista.
Dal fronte obbligazionario dapprima il fenomeno del "fly to quality", che si traduce "Vola verso la qualità del credito", ha ulteriormente schiacciato i tassi decennali su livelli che nonsi erano mai visti nella storia recente: meno del 3,50% per l'area euro e appena sopra il 4% per gli USA. Il dato sul mercato del lavoro ha leggermente fatto risalire i rendimenti, ma risulta evidente che il feeling dei mercati con Greenspan risulta assai compromesso. Questi infatti continua a fornire indicazioni per il rialzo di tutta la curva dei tassi, ma questa indicazione non si trasmette alle durate più lunghe, che permangono intrappolate da una ipotesi di scenario recessivo per i prossimi trimestri.
E' come se i mercati non credessero al miracolo americano di questi anni, con un'economia che secondo le statistiche ufficiali sembra tornata a galoppare. I mercati, memori del fatto che tale exploit è stato realizzato grazie alla più colossale manovra di espansiva mai vista (ricordate l'abbassamento dei tassi all'1% e i ripetuti tagli alle tasse di Bush, uniti all'aumento della spesa per fare la guerra all'Irak?), diffidano delle capacità di mantenimento di tale ritmo ora che i deficit gemelli (commerciale e federale) hanno raggiunto livelli tali da non permettere più simili manovre.
Saranno sicuramente i prossimi mesi a dirci se questa volta Greenspan ha sbagliato oppure se hanno sbagliato i mercati a non credergli nelle sue manifestazioni di ottimismo. Nel primo caso vedremo i mercati azionari scendere nuovamente verso i minimi del 2002. Se si verificherà la seconda ipotesi vedremo un crollo del mercato obbligazionario, perché gli attuali livelli dei tassi non si conciliano con un'economia sana.
Questo ragionamento tuttavia non spiega tutto.
Credo che ci sia anche dell'altro nella frenesia con la quale gli investitori su buttano sulle obbligazioni a lungo termine: i fondi pensione. Questi orgsnismi di gestione collettiva del risparmio previdenziale stanno diventando sempre più numerosi ed importanti nel panorama finanziario mondiale. La sempre più precaria garanzia fornita dai sistemi pensionistici pubblici spinge molto risparmiatori ad orientare capitali verso questa forma di previdenza integrativa, chiamata da molti stati, tra cui il nostro, a supplire alle carenze del loro sistema previdenziale. Questi organismi hanno un'ottica di investimento di lunghissimo periodo ed un'atteggiamento ispirato a maggiore prudenza di altri strumenti. Ciò si riflette da un lato nel privilegiare l'investimento obbligazionario rispetto a quello azionario, magfgiormente pericoloso, ma anche nel privilegiare scadenze lunghe o addirittura lunghissime e magari strumenti indicizzati all'inflazione.
Ciò spiega perché negli ultimi tempi abbiano così successo i bonds "inflation linked", le obbligazioni trentennali e addirittura siano andate a ruba le obbligazioni a 50 anni emesse dal governo francese, che sarà presto imitato anche da altri.
Questa componente aggiuntiva di domanda di obbligazioni a lungo termine non è affatto condizionata da considerazioni macroeconomiche ma ha a che fare con la struttura e l'evoluzione demografica della popolazione dei paesi ricchi. Con aree geografiche come l'Europa, il Giappone ed in misura minore anche gli Stati Uniti, in cui l'età media della popolazione sta progressivamente innalzandosi ed in cui la disponibilità finanziaria da accantonare in progetti pensionistici è elevata come la richiesta di sicurezza e stabilità del capitale a lungo termine, non c'è da stupirsi se andremo incontro ad un periodo di tassi a lungo termine cronicamente bassi, senza forse che ciò significhi necessariamente che la recessione è imminente.
FOCUS MACROECONOMICO
Nei giorni scorsi due fatti economici hanno pesantemente condizionato, in due opposte direzioni, i mercati finanziari mondiali. Dapprima giovedì scorso Standard&Poor's ha declassato a "spazzatura" il debito di due tra le principali case automobilistiche: GM e Ford. Il declassamento della prima era già quasi sconto, ma quello della seconda è giunto abbastanza inaspettato. Sui mercati obbligazionari si è assistitito al fenomeno detto "Fly to Quality", che si traduce "Vola verso la qualità del credito". Gli investitori, soprattutto i fondi specializzati in obbligazioni corporate di buona qualità, si sono precipitati a vendere i titoli dei due giganti dell'auto sostituendoli perlopiù con titoli governativi. Il risultato è stato perciò un ulteriore abbassamento dei tassi a lungo sulle obbligazioni di qualità ed un conseguente innalzamento degli spread sui titoli spazzatura o quasi.
Il giorno seguente è però arrivato l'inaspettato balzo nella creazione di posti di lavoro ad aprile, molto al di sopra delle stime, per instillare ai mercati nuova fiducia sulla capacità di tenuta della crescita americana e qualche perplessità sul livello ormai raggiunto dai tassi (meno del 3,50% i decennali!!) che sarebbe sostenibile soltanto con ipotesi fortemente recessive per i prossimi trimestri. Tanto è bastato a provocare un rimbalzo nei redimenti obbligazionari ed anche a dare un po' di ossigeno alle Borse azionarie, che consolidano il recupero al di sopra dei minimi di aprile.
Gli eventi dimostrano comunque una notevole dose di incertezza da parte dei mercati, che si traduce in un aumento della volatilità, con frequenti su e giù che lasciano perplessi.
I prossimi dati di rilievo sono previsti soprattutto mercoledì 11 con la rilevazione dei deficit gemelli (commerciale e federale). Di qualche interesse anche il dato sulle vendite al dettaglio di giovedì.
Pierluigi Gerbino
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