Abbiamo vissuto una settimana senza senza novità sostanziali.
Non che i mercati siano rimasti tutti fermi. Però hanno sostanzialmente proseguito nella stessa direzione che 7 giorni fa era già ben delineata.
L'euro sta proseguendo nel suo penoso indebolimento verso un po' tutte le valute e soprattutto nei cofronti del dollaro. Dopo aver violato il primo supporto importante a quota 1,22, che ha resistito per sei giorni all'attacco, ha subito praticamente raggiunto con una forte scivolata il secondo livello di sostegno a 1,20. Quest'area, che la scorsa estate aveva costituito un baluardo inespugnabile, potrebbe ora resistere e causare un momentaneo rimbalzo tecnico a vantaggio della moneta europea.
La momentanea rivalutazione del dollaro ha causato una sostanziale battuta d'arresto alla salita dei mercati azionari americani, che si trovano ancora a combattere con gli importanti livelli psicologici di 1200 (per SP500) e 2100 (per il Nasdaq), senza essere riusciti a superarli in modo sostanziale nonostante una settimana di tentativi. L'ossigeno competitivo provocato dalla debolezza della moneta europea è invece riuscito a galvanizzare nuovamente le borse europee, che vivono di nuovo un periodo di forza relativa crescente rispetto ai cugini americani.
I principali mercati azionari del vecchio continente (Germania e Francia) sono infatti saliti a realizzare nuovi massimi annuali, mostrando uno smalto sorprendente, se paragonato ai dati economici che continuano ad essere pubblicati, i quali confermano ulteriori rallentamenti in vista nella già bassa crescita dell'economia europea.
Questo strabismo che si riscontra sui mercati rende la situazione abbastanza poco giustificabile con i fondamentali. Non è la prima volta che i mercati sembrano del tutto scollati dall'andamento dell'economia reale. La cosa può sorprendere soltanto chi ignora la componente emotiva della massa degli operatori e crede che sui mercati si realizzino soltanto aspettative razionali.
Tuttavia quando si vedono divergenze così evidenti tra economia reale e quotazioni non c'è dubbio che un certo disorientamento sia giustificato.
D'altra parte quella descritta non è l'unica manifestazione di strabismo che i mercati ci consegnano.
Forse ancora più rilevante è quella che riguarda l'andamento apparentemente contradditorio tra mercati obbligazionari e mercati azionari.
Nei giorni scorsi è infatti proseguita la corsa dei mercati obbligazionari, sia in America che in Europa.
Da noi sono stati ancora una volta ritoccati i massimi assoluti sul Bund, portando il tasso di interesse sul decennale tedesco al livello irrisorio di circa il 3,20%. L'andamento dell'obbligazionario europeo è abbastanza compatibile con l'evidenza macroeconomica, poiché se è vero che il tasso di crescita del 2005 per l'area euro sarà probabilmente da rivedere al ribasso rispetto a quanto si pensava soltanto un paio di mesi fa, appare piuttosto remota l'ipotesi di un aumento dei tassi da parte della BCE, manovra che i mercati obbligazionari avevano cominciato a scontare qualche mese fa e che ora appare irrealistica almeno per l'anno in corso.
Ciò che invece sorprende decisamente è che anche in USA il mercato obbligazionario continui a crescere e che pochi giorni fa siano stati raggiunti sul Tbond dei livelli che non si vedevano dall'estate del 2003, quando i tassi a breve erano all'1%, contro il 3% attuale. La salita si è momentaneamente arrestata soltanto grazie all'ennesimo discorso di Greenspan, che qualche giorno fa ha nuovamente riaffermato la sua incapacità a comprendere con la ragione un andamento così piatto della curva dei tassi. Quelli a breve, da lui stesso condizionati, crescono infatti ormai da un anno, mentre quelli a lungo termine, sanciti dal mercato, da un anno continuano a scendere. Secondo Greenspan la differenza di poco più di un punto percentuale tra i tassi per prestiti trimestrali e quelli per prestiti decennali non ha alcuna motivazione razionale.
L'impressione evidente, già manifestata in passato su queste pagine, è che i mercati scontino ipotesi recessive sull'economia USA nei prossimi trimestri. Tale scenario, anche se il ritmo di crescita americano non appare più in grado di registrare tassi del 4% come nei trimestri passati, è oggettivamente decisamente pessimistico e nulla lascia al momento ipotizzare che ciò accadrà. Anche perché se così fosse sarebbero del tutto irrealistiche le quotazoni azionarie che stazionano abbastanza vicine ai massimi dell'anno e non scontano affatto ipotesi recessive.
Mi sembra pertanto di poter affermare che siamo di fronte ad una piccola bolla speculativa. Non sono in grado di dire se questa è presente sull'azionario oppure sul mercato obbligazionario. Però è ipotizzabile che i prossimi mesi dovranno dirimere la controversia e correggere lo strabismo dei mercati. Facendo piangere qualcuno, come succede sempre quando scoppiano le bolle.
SETTORI FORTI
In questa sezione vengono indicati i settori Eurostoxx relativi al mercato europeo (così come classificati dall'agenzia Dow Jones, che ne pubblica quotidianamente il valore) che si trovano in un solido trend ascendente di breve periodo nella forza relativa rispetto all'indice Eurostoxx globale, che esprime l'andamento dell'intero mercato europeo. Forza relativa crescente significa che il settore sale più (o scende meno) dell'indice globale. Potrebbe aver senso posizionarsi sui settori più forti in un'ottica di allocazione ottimale del portafoglio. Il sito ufficiale dedicato agli indici eurostoxx, dove si trova ogni genere di informazione al riguardo è il seguente: www.stoxx.com
FOCUS MACROECONOMICO
Ben pochi dati macroeconomici hanno accompagnato nei giorni scorsi l'andamento dei listini mondiali.
Hanno pesato assai di più le parole di Greespan pronunciate giovedì scorso. Il governatore della Fed ha confermato la forza dell'economia americana, come affermato precedentemente ed a più riprese, sostenenedo la necessità di proseguire nella politica di graduale innalzamento dei tassi. La cosa non è piaciuta molto ai mercati, che si attendevano qualche segnale di imminente pausa di riflessione nella stretta monetaria. Greenspan è tornato a segnalare l'apparente stranezza del livello così basso assunto dai tassi a lungo termine nonostante l'innalzamento progressivo dei tassi a breve.
Dalla bilacia commerciale USA sono venute nuove indicazioni di deficit piuttosto pesante. Non siamo ai records oltre 60 miliardi di dollari, ma l'aumento rispetto al dato inaspettatamente basso dello scorso mese è rilevante, sebbene atteso dagli esperti.
Dal fronte societario è venuto il segnale di ottimismo dai vertici di Intel che rivedono al rialzo le previsioni di vendita di chip per il 2005. La notizia è però stata accolta con prese di beneficio sui titoli dei semiconduttori, dopo i rialzi delle settimane scorse.
I prossimi giorni sono ricchi di dati macro provenienti dagli USA. A partire da martedì con le vendite al dettaglio. La giornata campale sarà comunque mercoledì, con Prezzi al Consumo, Afflussi di capitali, Produzione Industriale ed in serata, per concludere, il Beige Book. Giovedì abbiamo l'indice Fed Filadelfia e la riunione del consiglio d'Europa per sbrigare la matassa creatasi dopo la bocciatura della Costituzione da parte di Francia ed Olanda.
Pierluigi Gerbino
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