Le ultime giornate sui mercati finanziari sono state condizionate più dalla meteorologia che da ogni considerazione economica.
Per giorni le fosche previsioni circa il passaggio dell'uragano Rita hanno inchiodato i mercati al di sotto dei massimi di periodo, in attesa di contare i nuovi danni che avrebbe provocato alla già devastata area costiera del Golfo del Messico. Il prezzo del petrolio ha risentito in modo clamoroso dell'avvicendarsi delle previsioni meteo, risalendo fin quasi a 70 dollari e ripiegando poi nuovamente verso 60 appena lo scampato pericolo ha tranquillizzato i mercati.
Colgo comunque un certo nervosismo del mercato, dovuto alla constatazione che buona parte della produzione petrolifera americana, che viene dalle piattaforme del Golfo del Messico, è pesantemente condizionata in questo periodo dall'avvicendarsi di uragani di dimensione e forza notevole. Se fino a qualche tempo fa eventi di questa gravità capitavano a distanza di anni, le mutazioni climatiche sembrano aver fortemente accelerato ed aggravato la formazione delle tempeste tropicali e certamente la cosa non è di quelle che possano mettere a tacere la speculazione o garantire facilità di approvvigionamenti ad una domanda petrolifera che cresce sempre più per merito sia del boom economico dei nuovi giganti asiatici (Cina ed India) che della crescita americana, ancora piuttosto sostenuta. Sembra perciò difficile ipotizzare per il medio termine flessioni nel prezzo del petrolio che vadano oltre le semplici correzioni momentanee di un trend destinato a mantenersi al di sopra di quota 60 dollari. Con tutte le conseguenze che tale situazione potrà portare dal lato delle pressioni inflazionistiche, che qua e là cominciano a manifestarsi dopo due anni di ininterrotta ascesa del costo del barile, che in tale periodo è quasi triplicato.
Per chi si interessa dei fatti di casa nostra le ultime convulse giornate ci hanno regalato l'uragano Anthony, con la clamorosa telenovela "Anche i Fazio piangono" che ha visto il ritorno sulla scena da protagonista di Giulio Tremonti, un attore dalle grandi doti spettacolari che già avevamo apprezzato in passato.
La puntata girata al G7 ed all'assemblea del fondo Monetario è stata memorabile ed ha attirato l'attenzione divertita dei leaders economici di tutto il mondo, ormai abituati, come hanno dichiarato alcuni, ad attendersi dall'Italia simili bizzarri spettacoli.
Al di là della facile ironia, dobbiamo prendere atto che la grave caduta di stile istituzionale si inserisce all'interno di crescenti difficoltà ad imbastire una legge finanziaria credibile, a 3 giorni ormai dalla scadenza ultima.
Il susseguirsi di cifre sempre crescenti intorno all'entità della manovra (si dice ormai che sarà di 25 miliardi di euro), ma soprattutto il quasi assoluto silenzio sul come si reperiranno queste risorse lascia pensare che ancora una volta il destino del nostro paese sarà nelle mani della "finanza creativa" di Mago Tremont, che dovrà tirare fuori dal cappello qualche altro coniglio in grado di acquietare la commissione UE, che comincia a mostrare qualche segno di nervosismo nei nostri confronti, spaventata dal fatto che in assenza di provvedimenti il rapporto deficit-pil sembra destinato a superare addirittura quota 5,5% nel 2006.
A preoccupare gli osservatori stranieri ed i mercati, oltre alle dimissioni di Siniscalco, che si era personalmente impegnato a ricondurre il deficit-pil al 3,8%, è la delicata situazione preelettorale, che non spinge certo a prendere provvedimenti strutturali. La nomina di Tremonti lascia supporre piuttosto che anche in questo frangente si attingerà alla fantasia del ministro per cercare provvedimenti una-tantum (si riparla di condono) e cartolarizzazioni varie, in modo da far emergere risparmi di bilancio che non costino voti.
Va detto che lo spread BTP-Bund, che è il termometro del rischio-Italia, per ora non si è ancora schiodato da valori intorno ai 20 basis points. E' il più alto livello tra i paesi dell'euro ed è il doppio di quel che avevamo sei mesi fa, ma durante tutto il reality show offerto da Fazio non è peggiorato. Segno che i mercati stanno attendendo per valutare i provvedimenti concreti e qualche chance al governo Berlusconi la stanno ancora dando.
Probabilmente a salvarci è il fatto che al centro della scena nell'area euro è lo stallo politico che sta vivendo la Germania, con crescenti difficoltà a formare una coalizione stabile di governo. La debolezza dell'euro di questi giorni sembra perciò più colpa della politica tedesca che dei pasticci italiani.
Tuttavia non è detto che le prossime settimane, quando si squarcerà il velo della manovra nostrana, i mercati non attuino quel che per ora hanno rinviato, cioè un aumento della percezione del rischio-Italia, con conseguenze devastanti sugli interessi dei nostri titoli di stato e la formazione di un circolo vizioso interessi-spesa-deficit che causerebbe, questo sì, una tempesta tropicale sul bilancio dello stato.
FOCUS MACROECONOMICO
Le ultime giornate sui mercati finanziari non sono state caratterizzate da dati macroeconomici importanti.
L'attenzione degli operatori è stata più rivolta ai dati meteo, a causa del timore per l'uragano Rita, che si è poi rivelato in parte infondato poiché il suo passaggio ha provocato soltanto danni marginali invece dei disastri temuti.
Il superindice, l'unico dato di rilievo della settimana passata, è risultato leggermente meno negativo del previsto e ciò ha contribuito a far chiudere la settimana un po' meglio di come era iniziata. I mercati europei hanno snobbato il brutto dato proveniente dall'indice ZEW tedesco, che smorza con un calo inaspettato le speranze di ripresa economica.
Il prezzo del petrolio ha vissuto forti pressioni speculative, che si sono riflesse in un forte aumento quando i timori per Rita erano ai massimi, per poi sgonfiarsi e tornare a livelli più vicini ai 60 che ai 70 dollari.
Questa settimana abbiamo parecchi dati macro significativi.
Probabilmente quello che sarà vissuto in modo più drammatico è il doppio appuntamento con gli indici di fiducia dei consumatori, quello del Conference Board di martedì e quello dell'Università del Michigan venerdì.
L'unica rilevazione sulla fiducia finora uscita dopo l'uragano è stata sorprendentemente bassa. Si tratta di verificare se il trend del pessimismo dei consumatori prosegue oppure se bene o male lo shock di Katrina è in via di superamento. Prolungate letture in ribasso degli indicatori di fiducia potrebbero indurre ad ipotizzare significative flessioni nelle decisioni di consumo degli americani per i prossimi mesi, assestando un duro colpo al tasso di crescita che per ora appare ancora piuttosto sostenuto.
C'è da ritenere che i mercati attenderanno questi dati con nervosismo e che ad essi reagiscano in modo significativo.
Degno di rilievo è anche la definitiva stima del PIL USA del 2° trimestre, anche se ormai il dato è privo di suspance, essendo giunto alla terza stima e riferendosi ad un periodo ormai piuttosto lontano.
Pierluigi Gerbino
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