Gli ultimi giorni sui mercati finanziari sono stati caratterizzati dalle conseguenze del voto francese ed olandese che ha affossato la Costituzione europea. Molti paesi che ancora dovevano ratificare il trattato hanno scelto una pausa di riflessione e la prossima settimana il Consiglio Europeo affronterà la questione cercando di ipotizzare qualche via d'uscita tecnica in grado di salvare capra e cavoli, anche se l'impresa appare disperata.
Si va infatti affermando la convinzione che il testo così com'è non potrà essere ripresentato tra qualche mese agli elettori francesi ed olandesi nel tentativo di ottenere un'approvazione in extremis.
Se qualche modifica andrà fatta la fase negoziale richiederà ben più che qualche mese. Nella migliore delle ipotesi il processo di funzionamento e di consolidamento dell'Europa a 25 sarà molto più lento e difficoltoso del previsto. L'allargamento ulteriore ai paesi in lista d'attesa subirà certamente una battuta d'arresto.
Negli scenari meno ottimistici, che i mercati cominciano a prendere in considerazione, si paventa addirittura uno stop alla convergenza delle economie dei paesi aderenti all'euro ed una tendenza al minor rigore nell'applicazione del Patto di Stabilità, che potrebbe minare la stessa solidità dell'euro. D'altra parte constatiamo che l'esito del referendum francese pare aver tolto ogni remora ai venditori di demagogia e proposte politiche una volta considerate tabù vengono ora spacciate come interpretazione della volontà popolare.
Si spiega così lo scivolone dell'euro nei confronti di tutte le principali valute, che si è visto nei giorni scorsi. La valuta europea ha già raggiunto nel cambio col dollaro quel livello di 1,22 ipotizzato la scorsa settimana come primo obiettivo.
Come avevo ipotizzato la scorsa settimana, si è ulteriormente allargato lo spread tra i rendimenti dei titoli obbligazionari decennali dei paesi più deboli (Italia, Grecia e Portogallo) nei confronti del Bund tedesco.
Lo spread del nostro BTP è salito fino ad una punta di 26 centesimi.
Nel commento della scorsa settimana un errore però l'ho fatto, quando ho affermato che per ora l'euro non è minimamente in discussione.
Venerdì scorso il ministro Maroni, subito seguito da Calderoli e dalla Lega tutta intera, si è incaricato di smentirmi, andando proprio a mettere in discussione l'adesione italiana all'euro e ipotizzando un referendum per chiedere ai cittadini italiani di tornare alla gloriosa lira.
La fine analisi degli economisti leghisti, che di goliardia monetaria se ne intendono, dato che qualche anno fa avevano addirittura coniato la moneta padana, diffusasi per qualche mese in qualche bar della Lombardia e poi gloriosamente ritirata nei raccoglitori dei collezionisti leghisti, nasce dalla pressante esigenza di scaricare su qualcosa di esterno le responsabilità del disastro finanziario in cui questo paese è stato cacciato dal loro Governo.
Per raggiungere il loro fine, oltre a dare prova di grande cultura giuridica, proponendo un referendum, che, come sanno gli studenti che affrontano tra qualche giorno l'esame di scuola superiore, non è consentito dalla nostra Costituzione, poiché i trattati internazionali non possono essere oggetto di referendum, non si sono minimamente preoccupati di trascinare nella polemica anche il capo dello Stato, accusato della nefandezza di essere il responsabile dell'introduzione dell'euro che è la causa dei nostri mali e meno che mai delle conseguenze sui mercati finanziari delle loro parole in libertà.
Eppure non sarebbe stato tanto difficile verificare che cosa sarebbe mai successo in questi ultimi 5 anni se anziché l'euro avessimo avuto la lira nelle mani bucate di questo governo.
Se vogliamo avere una misura delle colpe di Ciampi basta guardare a quanto ammontavano i tassi di interesse sui titoli decennali prima dell'adesione italiana all'Unione Monetaria e a che livello scesero subito dopo: chi non ha memoria corta ricorda che in 10 mesi, nel 1998, i tassi a lungo termine passarono dall'8% circa al 4,50%. 3 punti e mezzo di minori interessi è il valore dell'adesione all'euro per il nostro paese. Considerato che all'epoca il debito pubblico ammontava a 1,3 volte il PIL, ciò ha significato per i governi degli anni seguenti una riduzione delle necessità finanziarie pari ogni anno a circa due volte l'ammontare dell'intera manovra finanziaria del 2005.
Gli illustri economisti al governo avrebbero avuto la capacità di reperire in altro modo le risorse necessarie? Mi piacerebbe conoscere qualche dettaglio.
Il deficit del bilancio dello Stato, nel '95, al termine della gloriosa esperienza leghista nel primo governo Berlusconi, veleggiava su cifre assai vicine al 10% del PIL. Per colpa di Ciampi e dell'adesione all'euro tale saldo tre anni dopo era ricondotto al di sotto del 3% richiesto dal trattato di Maastricht.
L'inflazione italiana prima dell'adesione all'euro era circa il doppio di quella media europea. Per colpa di Ciampi scese a partire dal '97 al livello medio europeo.
Potrei continuare, ipotizzando che fine avrebbe fatto la credibilità dell'Italia in seguito ai crack Cirio e Parmalat, oppure che ne sarebbe stato della lira durante la bufera che ha colpito i mercati finanziari con lo scoppio della bolla speclativa.
Un tentativo di ipotizzare che cosa potrebbe succedere se uscissimo dall'euro lo si trova in un altro commento.
Qui mi limito a constatare, mestamente, che l'improvvida uscita dei leghisti, a cui fortunatamente i mercati stanno dando per ora non più del credito che merita, è risultata il tentativo, speriamo non riuscito, di ottenere il massimo degli effetti negativi sui mercati finanziari, senza raccattare nemmeno l'illusione di poter svalutare quella lira che, molto probabilmente (almeno spero) non tornerà più.
SETTORI FORTI
In questa sezione vengono indicati i settori Eurostoxx relativi al mercato europeo (così come classificati dall'agenzia Dow Jones, che ne pubblica quotidianamente il valore) che si trovano in un solido trend ascendente di breve periodo nella forza relativa rispetto all'indice Eurostoxx globale, che esprime l'andamento dell'intero mercato europeo. Forza relativa crescente significa che il settore sale più (o scende meno) dell'indice globale. Potrebbe aver senso posizionarsi sui settori più forti in un'ottica di allocazione ottimale del portafoglio. Il sito ufficiale dedicato agli indici eurostoxx, dove si trova ogni genere di informazione al riguardo è il seguente: www.stoxx.com
FOCUS MACROECONOMICO
Dagli Stati Uniti continuano a pervenire indicazioni macroeconomiche di rallentamento piuttosto diffuse. Praticamente tutti i principali dati pubblicati nella settimana scorsa sono stati in flessione rispetto al periodo precedente e, soprattutto, peggiori delle attese degli esperti. Gli indici ISM, sia quello manifatturiero che quello della componente servizi si stanno pericolosamente avvicinando al valore 50, che segna la separazione tra indicazioni di crescita (per valori superiori) e segnali di recessione (per valori inferiori). Il mercato del lavoro, dopo aver entusiasmato lo scorso mese con una esplosione di posti di lavoro, nel mese di maggio ha tirato i remi in barca limitandosi a creare solamente 78.000 posti, contro le attese che ne prevedevano più del doppio. Persino la produttività, che è caratterizzata solitamente da robustezza, nel primo trimestre è stata inferiore alle attese e fatica a contrastare le pressioni inflazionistiche provenienti da un certo surriscaldamento del costo del lavoro.
I segnali di rallentamento di stanno facendo così corali che negli ambienti della Federal Reserve si cominciano a lanciare messaggi che la politica di stretta creditizia potrebbe essere quasi giunta al termine, o perlomeno al momento in cui una pausa di riflessione appare consigliata.
I mercati azionari hanno abbastanza trascurato i dati economici per buona parte della settimana, proseguendo il movimento rialzista, per reagire con unpresa di beneficio finale sul dato di venerdì, relativo al mercato del lavoro. L'euro, schiacciato dai problemi politici sorti dopo le due bocciature della Costituzione da parte di Francia ed Olanda, non ha saputo approfittare dei segnali di debolezza provenienti dall'America ed ha concluso l'ottava sui minimi nei pressi di 1,22. Intanto il petrolio è tornato nuovamente oltre quota 55 dollari e si appresta a ritentare l'assalto di quota 58, già superata in aprile.
I prossimi giorni sono abbastanza avari di dati economici. Gli unici dati di un certo interesse dell'intera settimana si avranno venerdì 10 e sono quelli relativi ai deficit gemelli americani. Dapprima la bilancia commerciale, poi verso sera arriverà anche il Deficit federale.
DETTO TRA NOI
IL RITORNO TRIONFALE DELLA LIRA
In questi giorni in ogni bar che si rispetti si sta discutendo su come ciascuno voterà non al prossimo referendum sulla procreazione assistita, ma a quello che la Lega ha dichiarato di voler indire per chiedere agli italiani se vogliono ancora l'euro oppure se ne hanno abbastanza.
In attesa che, come hanno dichiarato ufficialmente i leghisti, domenica prossima a Pontida il loro esperto di politica monetaria, tal Pagliarini (qualcuno forse lo ricorda ancora come anonimo ministro del Bilancio all'epoca del primo governo Berlusconi), ci presenti la via d'uscita dalla trappola dell'Euro, voglio contribuire anch'io al dibattito, aperto dall'ex funzionario dell'ufficio personale dell'Avon ed ora ministro Maroni e rinfocolato dal dentista ed ora anch'esso ministro, non si capisce bene di cosa, Calderoli.
Partiamo dall'ipotesi, che al momento è di fantaeconomia (ma con questi ministri non si sa mai), che l'italia esca dall'Unione Monetaria Europea e abolisca l'Euro come moneta ufficiale. Non si sa ancora se verrebbe recuperata la vecchia lira oppure se si inventerebbe un nuovo conio. Dal punto di vista sostanziale non fa molta differenza.
Scartiamo l'ipotesi ventilata da Maroni di un periodo di "doppia circolazione monetaria", poiché le fasi di doppia circolazione sono funzionali a quel che succederà dopo: se l'obiettivo fosse quello del ripristino dell'euro come moneta unica, allora la doppia circolazione sarebbe del tutto superflua e portatrice soltanto di confusione. Se invece l'obiettivo fosse la sostituzione dell'euro, la doppia circolazione avrebbe unicamente il carattere della transitorietà per passare alla nuova moneta, per cui possiamo evitare di soffermarcisi.
Si dovrebbero subito ridefinire i poteri tipici dell'autorità monetaria, ora ceduti alla BCE e tutti gli strumenti finanziari ed il debito pubblico andrebbero riconvertiti nella nuova moneta. Allo stesso modo andrebbero riconvertiti valori e prezzi di tutti i beni e servizi prodotti.
Volete scommettere che in questa fase, così come è successo nel passaggio dalla Lira all'Euro, molti furbacchioni arrotonderanno, ovviamente a loro favore, i prezzi dei prodotti da loro venduti?
Pierluigi Gerbino
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