Il mese di settembre e le primissime giornate di ottobre, oltre a portarci i primi dati che confermano l'impatto degli uragani sull'economia USA, quantomeno, per ora, sulla fiducia dei consumatori, ci hanno anche manifestato una decisa prova di forza dei mercati azionari europei e soprattutto asiatici, impermeabili alle incertezze americane.
Negli USA si atttendono per questa settimana i dati sul mercato del lavoro che, secondo le stime, dovrebbe aver subito in settembre un duro colpo per colpa degli uragani e dovrebbe mostrare una decisa riduzione di posti di lavoro, per la prima volta dopo molti mesi di crescita.
La manifestazione di sfiducia rappresentata dagli indici la scorsa settimana sta inducendo a chiedersi se, almeno nei prossimi mesi, ci sarà la temuta frenata dei consumi, che sono l'unica variabile dell'economia USA che continua a crescere da anni senza interruzioni, nemmeno ai tempi delle torri gemelle e della crisi del 2002.
Queste incertezze bastano a fermare le velleità rialziste degli indici americani, che non riescono a riportarsi vicino ai massimi di quest'anno (quota 1245 per SP500 e per Nasdaq).
Non sono tuttavia ancora così importanti da indurre i mercati a retrocedere significativamente.
La partita della borsa americana sta quindi ora vivendo uno stallo, con conseguente riduzione della volatilità e appiattimento laterale della tendenza, in attesa di avere qualche elemento in più per decidere quale direzione intraprendere.
Non hanno invece dubbi le Borse europee ed asiatiche, che continuano a macinare nuovi massimi anche in assenza dell'illluminazione tradizionalmente fornita dal faro statunitense.
Si verifica così il paradosso che i mercati azionari più deboli sono quelli del paese che in questo momento, tra quelli principali, ha la maggior crescita economica, sebbene se ne preveda una contrazione per un paio di trimestri. Le borse più in salute sono invece quelle dei grandi malati degli ultimi anni: il Giappone, forse in uscita dalla lunga recessione, ma non ancora con ritmi di crescita solidi e soprattutti stabili, e l'Europa, che invece la crescita proprio non riesce a farla decollare e si accontenta di millimetrici progressi nelle variazioni del PIL.
Ironia della sorte, una delle borse migliori del vecchio continente è proprio la nostra, nonostante l'Italia sia il fanalino di coda nella crescita europea.
Ciò che stupisce ulteriormente è che le borse continuino a crescere benchè la situazione economica sia in peggioramento e la manovra sui tassi di interesse attuata da Greenspan stia proseguendo.
Sembra quindi che i mercati stiano ipotizzando un "atterraggio morbido" dell'economia americana, che si potrebbe realizzare con una graduale attenuazione della crescita ed un progressivo aumento dei tassi a lungo termine, accompagnati ad un assorbimento progressivo e non traumatico degli squilibri (prezzo del petrolio e degli immobili) e dei deficit gemelli.
Inutile ricordare che se si realizzasse un simile scenario i mercati azionari potrebbero continuare a crescere nonostante gli eccessi del prolungato ciclo rialzista tuttora in corso. Ci troveremmo perciò nel "migliore dei mondi possibili".
La situazione assomiglia molto a quella che si presentò alla fine dell'ultimo ciclo rialzista dei tassi d'interesse USA, nel 2000, quando tutti magnificavano le doti taumaturgiche di Greenspan e lo ritenevano capace di pilotare l'economia USA verso quel "soft landing" che avrebbe consentito di digerire gli eccessi senza traumi.
Come andò a finire lo sappiamo. Greenspan non ce la fece, l'economia entrò in mini-recessione e le borse crollarono.
Non è detto che debba per forza ripetersi la stessa storia. Però l'abbandono ormai imminente del timoniere della Fed, che va in pensione e lascia il posto ad un successore che ancora non è stato indicato, aggiunge un tocco d'incertezza in più.
FOCUS MACROECONOMICO
Dai dati macroeconomici dell'ultima settimana sono venute indicazioni abbastanza contrastanti.
Infatti se il dato sulla fiducia dei consumatori ha subito un notevole calo ed è sceso oltre le aspettative degli esperti, a causa dell'effetto dei numerosi uragani delle ultime settimane, gli ordini di beni durevoli di agosto (rilevati prima del passaggio degli uragani) ha invece superato le attese.
Resta quindi ancora del tutto irrisolto il dubbio che aleggia sui mercati sugli effetti degli uragani sulla crescits americana.
Sembra tuttavia che le attese degli operatori, avallate in qualche modo dsalle dichiarazioni di Greenspan, siano ora meno negative di quelle delle settimane precedenti. L'opinione prevalente è che gli effetti si smaltiranno in un paio di trimestri congiunturalmente deboli, ma successivamente il ciclo dovrebbe ripartire anche grazie alle iniezioni di domanda dovute alla ricostruzione delle aree più colpite.
Si spiega così la relativa tranquilità dei mercati azionari e la diminuzione delle pressioni speculative su quello del petrolio, che è ritornato ampiamente sotto il livello di 70 dollari nonostante la comunicazione ufficiale che la riduzione della produzione delle raffinerie americane è stata intaccata del 15% a causa degli uragani.
La prima settimana di ottobre porta alcuni dati piuttosto interessanti ed utili a misurare l'impatto della stagione degli uragani su alcune variabili chiave dell'economia sempre molto seguite.
Tra queste segnaliamo soprattutto i dati sul mercato del lavoro USA che, dopo una serie piuttosto lunga di incrementi occupazionali, viene questo mese previsto in consistente calo di 150.000 unità, prorprio in conseguenza degli uragani. Degni di rilievo anche i dati sull'indice ISM di martedì.
Riparte inoltre in settimana la giostra delle trimestrali, con la prima comunicazione relativa al terzo trimestre da parte di Alcoa, tradizionalmente la prima a fornire la trimestrale.
Pierluigi Gerbino
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